di Renato Cirelli
1. L’affermazione della Casa d’Este
Lo Stato Estense si forma nella seconda metà del secolo XIII con l’affermazione della famiglia d’Este sul territorio di Ferrara, città di origine tardo-romana, emersa dall’anonimato al tramonto della potenza bizantina in Italia e nel declino dell’economia ravennate. Ferrara sviluppa le sue istituzioni municipali nei secoli XI e XII, durante la lotta per le Investiture fra Impero e Papato, dopo aver subìto la dominazione longobarda ed essere stata governata come feudo pontificio dai marchesi di Canossa fra il 985 e il 1052. Lo sviluppo dell’autonomia politica e territoriale di Ferrara avviene sullo sfondo delle lotte cittadine fra le famiglie più potenti e proprio l’antagonismo con la famiglia ghibellina dei Salinguerra-Torelli spinge la parte guelfa a coinvolgere, con l’assenso del Papato, signore legittimo di Ferrara, i marchesi d’Este, famiglia appartenente al più alto livello della gerarchia feudale, discendente dall’antica stirpe degli Obertenghi, divisa in un ramo tedesco, che darà vita al casato di Brunswick, e in un ramo italiano, signore di vasti possedimenti nel Veneto, in Toscana e nello stesso Ferrarese. La lotta per la supremazia dura oltre mezzo secolo finché nel 1240, anche con l’aiuto interessato della Repubblica di Venezia, Azzo VII d’Este (1204 ca.-1264) prevale e, alla sua morte, Obizzo II (1247-1293) viene proclamato Signore perpetuo di Ferrara. Sull’esempio dell’esperienza ferrarese Obizzo II viene eletto signore a Modena nel 1289 e a Reggio Emilia nel 1290. Anche in queste città giocano a favore degli Este le discordie interne, che rendono necessario un intervento risolutore dall’esterno e la ricerca di alleati da parte delle nobiltà modenese e reggiana contro la preminenza mercantile nel governo del Comune. Fra difficoltà e resistenze interne, problemi dinastici e contrasti con gli Stati vicini, gli Estensi confermano la loro Signoria, che progressivamente si estende fra i secoli XIV e XV al Frignano, alla Romagna ferrarese, al Polesine e alla Garfagnana.
2. Un tessuto di relazioni
Lo Stato Estense prende lentamente corpo, riflettendo al suo interno la molteplicità dei modi di acquisto praticati via via dai Signori di Ferrara come vicari papali o con l’appoggio imperiale oppure attraverso alleanze con altri Signori, in una compagine che presenta domini diretti, mediati, feudi e realtà locali di ogni tipo. Il Ducato — frutto di un’aggregazione spesso volontaria, quasi sempre pacifica, dei forti nuclei signorili presenti nell’area padana, che riconoscono la superiorità degli Este conservando però ampi privilegi — si caratterizza infatti come un vero e proprio tessuto di relazioni, restando per secoli un’eco sufficientemente fedele della monarchia tradizionale e popolare medioevale. Ancora alla fine del secolo XVIII ben centoundici dei centotrentasette distretti in cui era diviso il territorio erano dominio mediato, cioè erano soggetti a giurisdizioni signorili con estese attribuzioni di giustizia e di polizia, nonché diritti di prelievo di varia natura. Su questa varietà complessa, che conserva le diversità del tessuto politico e sociale medioevale, gli Estensi da una parte consolidano lo Stato secondo i princìpi accentratori della Signoria rinascimentale e dall’altra perfezionano un forte insieme di rapporti con la nobiltà, con le arti, con il clero e con le realtà locali sulla base degli Statuti ferraresi, continuamente adattati e rielaborati. Tutto ciò getta le basi dell’affermazione e del prestigio della Casa d’Este come provano, fra l’altro, la concessione da parte di Papa Bonifacio IX (1389-1404) ad Alberto d’Este (1347-1393), in pellegrinaggio a Roma con abiti penitenziali, della bolla del 1391 che istituisce l’università di Ferrara con gli stessi privilegi di quelle di Bologna e di Parigi, e la scelta di Ferrara come sede delle prime sessioni del Concilio di Firenze (1438-1445), dal 1438 al 1439, convocato da Papa Eugenio IV (1431-1447). La consacrazione dell’importanza politica dello Stato Estense avviene nel 1452 quando l’imperatore Federico III d’Asburgo (1415-1493) concede a Borso (1413-1471) il titolo di duca di Modena e di Reggio, feudi imperiali. Con atto veramente singolare a questa investitura, rinnovata da ogni imperatore sino alla fine del secolo XVIII, segue quella pontificia, nel 1471, da parte di Papa Paolo II (1464-1471), che nomina gli Este duchi di Ferrara. I secoli XV e XVI vedono lo Stato Estense fra i protagonisti della politica italiana ed europea e come uno dei maggiori centri della cultura rinascimentale, dal momento che annovera fra i frequentatori della corte di Ferrara letterati quali Matteo Maria Boiardo (1441-1494), Ludovico Ariosto (1474-1533) e Torquato Tasso (1544-1595), pittori quali Cosmè Tura (1430-1495), Ercole de’ Roberti (1450-1496) e Francesco del Cossa (1436-1478), e il grande architetto Biagio Rossetti (1447-1516). Nello stesso tempo il Ducato è coinvolto in una serie di guerre con la Repubblica di Venezia, con la monarchia di Spagna e con lo stesso Papato, da cui esce molto provato economicamente, anche se integro nei suoi confini. Il duca Ercole II (1508-1559) deve affrontare anche il problema religioso, perché la moglie Renata di Francia (1510-1575) dà un aperto sostegno alla Riforma protestante aprendo la Corte a ugonotti e ad altri riformatori. L’intervento fermo del duca preserva il Ducato dal pericolo calvinista e contribuisce a salvare l’Italia dal flagello delle guerre di religione, che sconvolgono gran parte dell’Europa.
Nei confronti della comunità israelitica, invece, gli Estensi attuano una politica di protezione, rispettando i privilegi acquisiti e accogliendo centinaia di famiglie profughe dalla penisola iberica. Grazie a quest’atmosfera favorevole nasce e fiorisce a Ferrara una rigogliosa cultura ebraica.
3. La devoluzione di Ferrara e il Ducato di Modena e Reggio
Con la morte di Alfonso II (1533-1597) si estingue il ramo principale degli Estensi e Cesare d’Este (1562-1628) — nipote di un figlio illegittimo di Alfonso I (1486-1534) — deve abbandonare Ferrara per trasferirsi a Modena, che diventa così la nuova capitale del Ducato il quale, nonostante la grave menomazione, resta fra i più significativi Stati italiani. La devoluzione del Ducato di Ferrara al Papato non è solo provocata dalla mancanza di discendenza diretta maschile, ma vi cospira di fatto tutta una serie di fattori negativi per gli Estensi, frutto di una straordinaria congiuntura europea e di una somma di condizioni antiche e recenti. Si tratta, in definitiva, di uno degli ultimi colpi di coda della vecchissima partita giocata in Italia fra Impero e Papato, conclusa a favore di quest’ultimo.
Il secolo XVII vede gli Este, come gli altri principi italiani, impegnati sul fronte militare, diplomatico e matrimoniale a salvare il Ducato dalle conseguenze rovinose delle guerre fra il Regno di Francia e la Corona di Spagna, situazione aggravata da uno stato di recessione economica che è una caratteristica del secolo. In questo contesto gli Estensi riorganizzano lo Stato, dividendo il Ducato in governatorati nell’intento di controllare l’irrequietezza e l’indipendenza della nobiltà feudale con un sistema più accentratore, ma certamente più temperato rispetto alle concezioni assolutistiche imperanti nell’Europa del tempo. Le guerre di Successione spagnola (1700-1715), polacca (1733-1738) e austriaca (1740-1748), che interessano l’Italia fino alla metà del Settecento, lasciano pesanti strascichi nel Ducato più volte invaso da alleati e da nemici. Tuttavia gli Este ne escono accresciuti territorialmente acquistando Mirandola, nel Modenese, Novellara, nel Reggiano, e il ducato di Massa, ottenuto grazie al matrimonio dell’ultima erede dei Cybo-Malaspina con Ercole III d’Este (1727-1803).
Francesco III (1698-1780) opera una politica di riorganizzazione del Ducato sconvolto dalle lunghe guerre; e torna a schierarsi a fianco degli Asburgo, in questo modo spezzando i consolidati legami fra Stato e Chiesa con una politica anti-curialistica e giurisdizionalistica che non assume, però, le forme di persecuzione proprie degli Stati vicini. Infatti il duca non si fa coinvolgere nella guerra contro i gesuiti e, anzi, Modena diventa un punto di rifugio e di difesa della Compagnia di Gesù. La riforma di Francesco III, mentre è tesa ad aumentare il potere ducale, continua comunque a preservare un’amministrazione fortemente decentrata e rispettosa delle diverse realtà geografiche. Il Codice delle Leggi e Costituzioni, promulgato nel 1771, è da considerarsi una legge di riorganizzazione e di rafforzamento istituzionale piuttosto che una novità rivoluzionaria influenzata dagli ideali illuministici. Su Ercole III, buon duca ma improvvido principe «illuminato», si abbatte la tragedia dell’invasione napoleonica del 1796, che lo costringe all’esilio, dove muore. E durante la dominazione napoleonica la Casa d’Este, divenuta d’Austria-Este perché Ercole III aveva lasciato solo una figlia, si trova legittimata anche dalla rivolta contro-rivoluzionaria delle popolazioni del Modenese e del Reggiano, che prendono ripetutamente le armi, innalzando le insegne ducali insieme a quelle della religione cattolica e invocando il ritorno del sovrano, e che così fanno del territorio del Ducato uno dei centri dell’Insorgenza italiana anti-giacobina.
4. Gli Austria-Este e la fine del Ducato
Con la Restaurazione, nel 1815, il Ducato di Modena e Reggio, che comprende anche la Garfagnana, la Lunigiana e il Frignano, e dopo il 1829 Massa e Carrara, viene restituito ai sovrani legittimi. L’occupazione napoleonica e la dura repressione anti-popolare lasciano una triste eredità di odi e di rancori, di miseria e di carestie. Sul corpo sociale ferito e prostrato gli Este s’impegnano in un’opera di restaurazione morale e civile che affrontano con coerenza, con grande senso di responsabilità e con spirito religioso. Il Ducato diventa in breve un punto di riferimento sicuro in Italia non solo della politica conservatrice e della più colta polemica antiliberale, ma anche dell’esperimento di governo che sarà identificato con il nome di «Stato perfetto».
Con Francesco IV (1779-1846) e poi con Francesco V (1819-1875) viene avviata una coerente politica economica volta a soddisfare le esigenze delle classi popolari contro il ceto borghese rivoluzionario e all’interno di un’organizzazione statale equilibrata, che vede al vertice il governo accentrato ma sensibile e paternalistico del duca. Questa politica dà buoni risultati sia economici che sociali, nonostante le interruzioni e le traversie provocate dai moti carbonari del 1831 e soprattutto dalle esplosioni rivoluzionarie del 1848. A Modena vengono fondate nel 1822 la rivista Memorie di Religione, di Morale e di Letteratura, da parte di monsignor Giuseppe Baraldi (1778-1832), e nel 1831 La Voce della Verità, diretta dallo storiografo Cesare Carlo Galvani (1801-1863). A Modena troverà ospitalità Antonio Capece Minutolo, principe di Canosa (1768-1838), che — nel 1822 — scriverà del Ducato di Francesco IV: «È forse l’unico Stato d’Italia in cui il buon partito della monarchia ha qualche energia, ed ove si parla e si scrive in favore della buona causa. Questo fenomeno assai singolare dipende dalla fermezza e decisione di cui si vede rivestito il cuore del sovrano, il quale non transige coi rivoluzionari, ma mostra intrepido loro il petto e il volto, perseguitando i nemici della religione e della monarchia».
In seguito ai drammatici sconvolgimenti del 1848, Francesco V appoggia un progetto di confederazione di tutti gli Stati italiani, all’interno della quale fosse possibile incanalare le giuste istanze del patriottismo italiano liberandole dal perverso connubio con il liberalismo. Diversi ostacoli, ma soprattutto la totale opposizione dell’Impero asburgico, faranno abortire il progetto e nel 1859 la guerra fra l’Austria stessa e i franco-piemontesi spazza via tutte le possibili soluzioni alternative alla rivoluzione liberale.
L’11 giugno 1859, pagando la fedeltà all’alleanza con l’Impero asburgico, benché neutrale nella guerra in corso, Francesco V è costretto ad abbandonare Modena e lo Stato Estense conclude per sempre la sua vita secolare. Nella sua partenza il duca è seguito spontaneamente dal suo esercito di circa quattromila uomini, la cosiddetta Brigata Estense, che per anni condivide con lui, senza paga, le umiliazioni e i disagi dell’esilio.
Renato Cirelli
Per approfondire: vedi una storia completa del casato d’Este in Luciano Chiappini, Gli Estensi, Dall’Oglio, Varese 1967; una storia dello Stato Estense, anche economica e sociale, in Lino Marini, Lo Stato Estense, UTET Libreria, Torino 1987; sugli Austria-Este dalla Restaurazione all’Unità d’Italia, vedi Antonio Archi, Gli ultimi Asburgo e gli ultimi Borbone in Italia (1814-1861), Cappelli, Bologna 1965.