Fortissimi sospetti di brogli elettorali in Venezuela e rivolte per le strade salutano l’inizio del terzo mandato per Nicolas Maduro, il “delfino” di Hugo Chavez
di Stefano Nitoglia
Le elezioni presidenziali svoltesi in Venezuela il 28 luglio hanno visto la “vittoria” del candidato “chavista” Nicolas Maduro con il 51,2% delle preferenze contro il 44,2% del candidato dell’opposizione, Edmundo Gonzalez Urrutia, ma l’opposizione denuncia irregolarità e afferma di avere vinto con il 70% dei voti.
Sono 26 anni che nel Venezuela vige una dittatura populista-socialcomunista, da quando, cioè, nel 1998 divenne presidente Hugo Chávez Frías (1954-2013), fondatore del Movimiento V República (MVR). Chavez, con un referendum “guidato”, nel 1999 fece approvare una nuova Costituzione che proclamò la “Repubblica Bolivariana” del Venezuela. Subito dopo venne soppresso il Senato e si incrementò il controllo da parte dello Stato delle risorse petrolifere e di gran parte dell’economia del Paese, che una volta veniva definito l’Eldorado del Sud America.
Poco dopo la sua morte, avvenuta il 5 marzo 2013, Chavez venne sostituito dal suo “delfino”, l’ex conducente di autobus e sindacalista Nicolas Maduro, che venne eletto presidente del Venezuela il 19 aprile 2013, dopo aver ricoperto il medesimo incarico dal 5 marzo 2013 al 19 aprile 2013 ad interim. Da allora Maduro ha proseguito l’opera di Chavez, guidando il Venezuela con pugno di ferro e l’aiuto dei militari, reprimendo e continuando a reprimere ogni opposizione.
Dopo la proclamazione dei risultati elettorali, l’opposizione è scesa in piazza e sono scoppiati disordini in tutto il Paese, duramente repressi da esercito e polizia. La leader dell’opposizione, Maria Corina Machado, ha affermato che «il nuovo presidente eletto» del Venezuela è Edmundo Gonzalez Urrutia, con il 70% dei voti. «Lotterò» per «imporre la verità», deve «prevalere la verità e la sovranità popolare», ha detto Machado, affermando di essere in possesso di dati «indipendenti» sugli exit-poll, così come di altri studi che danno un vantaggio schiacciante all’opposizione. Questo le è costato un’inchiesta giudiziaria per un presunto tentativo di attacco informatico al sistema elettorale, ordito, secondo gli inquirenti legati a Maduro, per manipolare i risultati delle elezioni nel Paese.
Il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, ha espresso dubbi sull’andamento della consultazione elettorale. Ed anche il ministro degli Esteri italiano Tajani ha detto di avere «molte perplessità sul regolare svolgimento delle elezioni in Venezuela», chiedendo «risultati verificabili e accesso agli atti».
Il “chavismo”, però, non accetta critiche, reprime con la forza le manifestazioni di protesta dell’opposizione e agisce contro gli esponenti più rappresentativi con le intimidazioni. Di queste è stato vittima l’arcivescovo della diocesi di Coro, mons. Victor Hugo Besabe, che è stato denunciato per incitazione all’odio, violenza e ribellione dal deputato dell’Assemblea Nazionale Doily Hernandez per gli articoli pubblicati dal prelato sulla situazione venezuelana. Commentando, il giorno successivo allo spoglio elettorale, il risultato delle presidenziali, mons. Besabe aveva infatti scritto sulla sua pagina social (@VctorHu822041913): «Ieri il popolo venezuelano ha gridato allegramente: “muoia l’oppressione”, però, fraudolentemente, si è imposto il vile egoismo, che ha trionfato un’altra volta».
Venerdì, 2 agosto 2024