Sì all’Europa, No a “questa” Unione Europea
Il 26 maggio si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Di fronte alla prospettiva promossa dalla grande maggioranza dei media, secondo i quali la partita elettorale si giocherà fra chi vuole l’Europa e chi invece la vuole affossare in nome del nazionalismo, ci permettiamo di ricordare alcuni punti essenziali.
Che cosa significa Europa?
Europa non è un’idea astratta e confusa, ma una realtà che ha preso corpo nella storia, suscitata dal pensiero dei grandi filosofi greci e dalla centralità della persona insegnata da Cristo e diffusa nel continente europeo dai grandi missionari che l’hanno costruito, come san Colombano, san Benedetto, Severino Boezio e Cassiodoro, così come dalle innumerevoli famiglie che hanno trasmesso la fede e costruito una civiltà. In questo contesto sono nate le scoperte scientifiche e tecniche che hanno permesso il grande progresso materiale dell’Europa, esportato in tutto il mondo.
Questa idea di Europa è stata aggredita nel Settecento dalle ideologie, dopo che le guerre di religione nel secolo precedente la avevano ferita e profondamente indebolita. Il secolarismo e il nazionalismo dell’Ottocento l’hanno poi portata nella tragedia della “guerra civile europea”, dalla Grande Guerra al Secondo conflitto mondiale (1914-1945).
Dopo la sconfitta del nazionalsocialismo, l’Europa ha conosciuto un timido tentativo di rinascita grazie a tre statisti cattolici, Konrad Adenauer (1876-1967), Alcide De Gasperi (1881-1954) e Robert Schuman (1886-1963), che hanno cercato di scongiurare nuove guerre cercando un accordo fra le nazioni europee che iniziasse “dal basso”, a partire dalla costruzione della CECA, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (1951). Nel frattempo l’Europa pativa la divisione della Cortina di ferro (1946) e del Muro di Berlino (1961), provocati dall’ideologia socialcomunista che aveva conquistato il potere in molti Paesi dell’Europa orientale, dopo la Rivoluzione russa del 1917.
Con la caduta del Muro di Berlino (1989) e venuto meno il pericolo sovietico (1991), l’Europa avrebbe potuto riprendere a respirare con i due polmoni, occidentale e orientale, seguendo il grande Magistero europeistico di san Giovanni Paolo II (1978-2005), ma così non è stato.
Il processo di unificazione europea ha preso una strada diversa e ha continuato nell’opera di occultamento delle sue radici: lo spirito tecnocratico — figlio anch’esso delle grandi ideologie che hanno rovinato l’unità europea — è salito sul trono sotto forma di una fredda e anonima burocrazia onnipervasiva.
Con i Trattati di Maastricht (1992), Amsterdam (1997), Nizza (2001) e infine Lisbona (2007), il processo di unificazione europea ha quindi confermato una strada diversa e contraria alle sue radici. Come ha detto Papa Francesco, «Un’Unione Europea che, nell’affrontare le sue crisi, non riscoprisse il senso di essere un’unica comunità che si sostiene e si aiuta – e non un insieme di piccoli gruppi d’interesse – perderebbe non solo una delle sfide più importanti della sua storia, ma anche una delle più grandi opportunità per il suo avvenire».
Il 26 maggio sarà importante andare a votare, preferendo quelle forze politiche che si assumano l’impegno di riconoscere le radici dell’Europa, e perché si costruisca una Unione su basi rispettose delle identità dei popoli che la compongono. Il voto andrà così indirizzato a coloro per i quali è essenziale tutelare la vita e porre la famiglia al cuore del sistema sociale, aiutare i poveri, e fra questi i più indifesi e deboli, e rifiutare la “colonizzazione ideologica” che nega il valore e la bellezza della differenza sessuale.
Votare è importante ma non basta. Per tanti anni abbiamo assistito in occasione di ogni turno elettorale a promesse e speranze che non si sono volute o potute mantenere, mentre nel frattempo la “casa Europa” continuava a bruciare. Per spegnere il fuoco che la sta consumando, bisogna formare l’uomo europeo, compito di tutti coloro che amano le radici da cui provengono e desiderano che queste possano fare rifiorire una nuova civiltà.
Il passato non è un bel ricordo, ma una radice che può germogliare di nuovo anche dopo un rigido inverno.
Martedì, 26 febbraio 2019
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presso il Centro Culturale Rosetum di Milano il 9 febbraio 2019