a cura di Włodzimierz Rędzioch, Cristianità n. 422 (2023)
Intervista comparsa sul settimanale conservatore polacco Sieci («Rete»), n. 28, Varsavia 10/16-7-2023, pp. 40-42.
Quando ci siamo visti, nel 2009, era appena uscito il suo libro dal titolo Perché dobbiamo dirci cristiani. Il liberalismo, l’Europa, l’etica (1). Il testo era preceduto da una lettera di Benedetto XVI (2005-2013) (2), a testimonianza dei rapporti intellettuali, di lunga data, fra lei e il cardinale Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Il primo atto di questa serie di rapporti erano state le due conferenze tenute rispettivamente da lei, presidente del Senato della Repubblica, all’Università Lateranense, il 12 maggio 2004 (3), e dall’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede presso il Senato, il giorno successivo (4). Era seguito uno scambio epistolare fra il cardinale e lei, pubblicato nello stesso anno nel volume intitolato Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam (5). Successivamente, Benedetto XVI le ha chiesto di scrivere un’introduzione al proprio libro L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture (6), pubblicato nel maggio 2005, subito dopo l’elezione del cardinale Ratzinger al soglio di Pietro. In questo libro il futuro Papa incoraggiava i suoi amici non credenti a sforzarsi di vivere e agire «come se Dio esistesse», «veluti si Deus daretur» (7). Il 15 ottobre 2005, in occasione del congresso della Fondazione Magna Carta, all’epoca da lei presieduta, Benedetto XVI ha scritto un’importante lettera, nella quale incoraggiava l’attuazione di una laicità «sana» e «positiva» (8).
D. Possiamo dire che Benedetto XVI cominciava il suo pontificato con questi due appelli: vivere e agire «come se Dio esistesse» e rispettare nel mondo di oggi una «sana» e «positiva» laicità. Non mi sembra che questi appelli siano stati accolti dai non credenti e nel mondo politico. Sbaglio?
R. Purtroppo non sbaglia. Anche se ci fu, particolarmente in Italia, un momento di reazione positiva alle parole del Papa. Diversi intellettuali «laici» compresero che ci trovavamo di fronte a un Pontefice diverso, che lanciava la sfida ai non credenti: vivere come se Dio esistesse, vivere la laicità positiva e non anti-religiosa, anti-cristiana. Ma devo dire che, a lungo andare, l’appello di Benedetto XVI, principalmente a causa della crisi della fede in Occidente, fu ignorato. Peccato, perché era un appello molto importante: per la prima volta ci trovavamo davanti a un «Papa laico», che voleva parlare con i laici mettendosi sullo stesso livello loro, cioè sfidandoli a essere veramente laici. Era una novità.
D. E quali domande rivolgeva il Papa ai laici?
R. Il Papa poneva tante domande: voi che vi dichiarate «laici» come considerate il fondamento della vostra laicità? Su che cosa pensate che sia basata? Pensate che la sola ragione sia sufficiente per offrire all’uomo moderno risposte sul senso della vita? Oppure vi è qualcosa che la ragione «laica» non riesce a soddisfare? Il Papa non diceva: «non devi essere laico»; non diceva: «devi essere credente». Ma ci sfidava, chiedendo: «su che cosa fondate la vostra laicità?».
Lo stesso vale per l’altro appello: vivere come se Dio esistesse. Anche questo non è soltanto un appello ecclesiastico, un appello alla conversione. Il «laico» moderno pensa che Dio non esista, oppure che si possa fare a meno di Dio. Allora tutto dipende dalle proprie capacità razionali e non ha bisogno di una rivelazione. La ragione basta a sé stessa, quindi, a qualunque domanda di conoscenza, o di senso o di valore, la ragione offre una risposta. Invece il Papa ci chiedeva: tu, «laico», hai un senso del limite? Hai un senso del proibito? Hai un senso di ciò che non si può e non si deve mai fare? O pensi che tutto sia possibile? Siccome neanche tu pensi che tutto sia possibile, ma che vi siano i limiti, allora la domanda diventa: in nome di che cosa e di chi porre quei limiti? Se vi è un limite, non è la ragione che se lo dà: la ragione può soltanto scoprirlo. Allora il limite diventa Dio. Da questa constatazione partiva la richiesta di Benedetto XVI: vivi come se Dio esistesse. Se invece vuoi vivere come se Dio non esistesse, allora devi dirmi come puoi scoprire il senso del limite della stessa ragione.
D. Qual è il lascito più importante del magistero di Papa Ratzinger? Benedetto XVI merita il titolo di «dottore della Chiesa»?
R. Benedetto XVI aveva una grandissima cultura teologica ed è stato uno dei più grandi teologi del secolo XX. Ma ne farei qualcosa di più di un dottore della Chiesa: lo chiamerei «dottore dell’umanità». Perché lui insegnava anche a me, laico, a essere laico, a ridefinire la mia laicità.
D. Ma non tutti i laici erano disposti a discutere e a confrontarsi con Benedetto XVI. Basta ricordare, come fatto significativo, il diniego di recarsi all’Università di Roma…
R. È una pagina che ancora mi turba. Ritengo che sia una pagina scandalosa. I professori che lo avevano invitato poi si rifiutarono di accoglierlo in nome di un laicismo ideologico: non vogliamo un Papa dentro l’Università. Invece, quel Papa andava all’Università con un discorso laico: citava i pensatori laici e riproponeva le sfide di cui abbiamo parlato.
D. Come se il Papa non potesse essere un grande pensatore…
R. Appunto. All’Università si ridusse la figura del Papa a quella di un predicatore che va a fare proseliti. È stato un fatto gravissimo.
D. Come ha vissuto la rinuncia di Benedetto XVI alla Cattedra di Pietro e la sua vita da Papa emerito?
R. Sono rimasto colpito e amareggiato. E, dico francamente, mi sono sentito perduto. Per una ragione semplice: veniva a mancare una voce importante, perché per rispetto del successore non avrebbe più parlato. Mi veniva a mancare un faro: quel giorno si è spenta una luce importante nell’Occidente. Non si trattava solo di un fatto personale.
D. Ma vi siete incontrati dopo la rinuncia…
R. Sì. Al primo incontro dopo la rinuncia io gli dissi: «Lei, Santità, ci ha lasciati soli. Ed ora ci sentiamo abbandonati». Ho aggiunto: «Io rispetto la sua decisione, però le dico che non la condivido». Benedetto si è chiuso nel silenzio: mi invitò solo a non essere troppo pessimista.
D. Il pensatore americano Rod Dreher ha detto che «con Ratzinger finisce l’Occidente cristiano». Concorda con questa constatazione?
R. Se finisce, non lo so, è solo una profezia di Dreher. Ma so che si è spenta una luce importante dell’Occidente cristiano. L’abbiamo capito dopo che era diventato un punto di riferimento per tante coscienze, anche per la gente semplice, che vedeva in lui l’uomo di fede, quasi un mistico. Ma si è spenta la luce per il mondo intellettuale occidentale, che non ha più trovato quel punto di riferimento con cui confrontarsi. La sua parola era fondamentale per tutti noi.
D. Lei, anche nei contatti con il card. Ratzinger, si occupava dell’Europa. Nella nostra conversazione lei sottolineava, già più di dieci anni fa, che «a differenza dell’America, l’Europa ha dimenticato le sue radici cristiane e ha così indebolito la sua identità: si diffondono il relativismo e il secolarismo, che cercano di ghettizzare gli elementi religiosi, il che è un errore, perché la religione cristiana ha fornito alcuni principi fondamentali della nostra civiltà, grazie ai quali sono sorte le democrazie liberali». Ma negli ultimi anni la situazione, nell’Europa governata da Bruxelles, sembra peggiorare, anche con la dittatura dell’ideologia «verde» e di quella LGBT….
R. Temo che la situazione sia peggiorata non soltanto in Europa. Quando dissi quelle parole, confidavo ancora nell’America dei Padri Fondatori, dove la religione giocava un ruolo importante, in cui il cristianesimo era ancora vigoroso, partecipava alla vita pubblica. Adesso vedo che anche lì si sta verificando la stessa crisi che osserviamo in Europa. Ma spero che prima o poi l’America ritrovi il suo ruolo tradizionale, l’Europa sembra sempre più scristianizzarsi, attraverso un processo non ancora finito. Tutta la legislazione etica che viene fatta in Europa — soprattutto riguardo a matrimonio, genere, sesso — è deliberatamente anti-cristiana. Come se l’uomo europeo fosse fortemente determinato a cancellare la propria storia, come se volesse suicidarsi. Ancora non vi è la consapevolezza che, procedendo su questa strada, la civiltà europea morirà.
D. Mi viene in mente il gesto dello storico e intellettuale francese Dominique Venner [1935-2013], che esattamente dieci anni fa, 21 maggio 2013, si suicidava nella cattedrale di Notre Dame in segno di protesta per la decadenza dell’Europa. Secondo Lei, ci sono ancora le forze intellettuali, culturali, politiche che potrebbero fermare il declino antropologico del nostro continente?
R. Ricordo il discorso di Benedetto XVI nel Senato italiano, quando si appellò alle minoranze creative. Diceva che il cristianesimo era già una minoranza in Europa e che solo le minoranze creative, nate come i monasteri, qua e là, come nuovi focolai, avrebbero potuto risollevarlo, come è accaduto nel Medioevo. Era un appello che ci scosse molto, perché si vide un Papa sofferente e consapevole del destino dell’Europa. Aveva solo la possibilità di appellarsi a quel centro, a questa o quella figura per scuotere la cultura europea. Lì si è visto il Papa laico che conosceva la storia, che si rifaceva ai laici dicendo: «voi che siete la classe intellettuale dovreste essere i protagonisti di queste minoranze per risollevare l’Europa da questa crisi».
Io trovo la situazione in Europa tragica, non mi ritrovo più nel mio mondo. L’unico elemento di consolazione è sentire parecchi giovani che cominciano a elaborare nuove idee e stili di vita. Hanno la vita difficile, perché ormai i costumi sono fortemente anti-religiosi, ma è come se realizzassero quell’appello di Benedetto XVI: qua e là si accende una fiamma.
D. Alla fine della nostra conversazione vorrei porle una domanda su Papa Giovanni Paolo II [1978-2005], che negli ultimi mesi è stato al centro di attacchi in Polonia con il pretesto, infondato, di avere tollerato gli abusi di qualche suo sacerdote nell’arcidiocesi. Gli attacchi si sono spostati in Italia: questa volta come pretesto si è tirato fuori il suo presunto ruolo nella sparizione di Emanuela Orlandi. Secondo lei chi ha interesse a infangare la gigantesca figura di Giovanni Paolo II?
R. Ci sono gli attacchi contro Giovanni Paolo II, come c’erano contro Benedetto XVI. Ma questo processo non è finito, anche se la persona sotto attacco è deceduta. La cosa grave, però, è che questi attacchi partono anche da certi ambienti della Chiesa. Si vuole infangare la memoria di san Giovanni Paolo II e una parte della Chiesa, più o meno apertamente, sta alimentando questi attacchi.
D. Questo riguarda anche la Polonia, dove certi ambienti «cattolici» non nascondono il loro intento di finirla con la Chiesa di Giovanni Paolo II…
R. A volte ho l’impressione che siamo alla vigilia di un altro scisma, anche se uno scisma di fatto è già in corso. Il fango gettato su Giovanni Paolo II mi scandalizza. Mi ribello a questi attacchi. Chi lo fa vuole distruggere un capitolo della storia, non soltanto della Chiesa, ma anche dell’Europa e del mondo.
D. Perché Giovanni Paolo II, anche dopo la morte, dà così tanto fastidio che qualche ambiente vuole creare intorno a lui una «leggenda nera»?
R. Fra questi ambienti vi è sicuramente Bruxelles, cioè l’Unione Europea, che vuole imporre lo «Stato di diritto» definito soltanto da alcuni Stati, definito ad hoc per escluderne altri, come la Polonia. Se qualcuno crede nella santità della vita ed è contro il cosiddetto matrimonio omosessuale, deve essere escluso dallo «Stato di diritto» europeo: questo è imperialismo ideologico, è violenza politica. L’Unione Europea per ragioni strumentali e politiche sta giocando contro i Paesi che conservano ancora una forte tradizione cattolica.
Note:
1) Cfr. Marcello Pera, Perché dobbiamo dirci cristiani. Il liberalismo, l’Europa, l’etica, con una lettera di Benedetto XVI, Mondadori, Milano 2008.
2) Cfr. Lettera di Sua Santità Benedetto XVI, ibid., pp. 10-11.
3) Si trattava di una lezione del Presidente del Senato, Marcello Pera, su Il relativismo, il cristianesimo e l’Occidente, tenuta nell’Aula Magna dell’Università Lateranense di Roma per i 150 anni della fondazione della Facoltà di Diritto Civile; testo nel sito web <https://www.senato.it/Leg14/4171?atto_presidente=936> (gli indirizzi internet dell’intero articolo sono stati consultati il 29-8-2023).
4) Cfr. Lectio magistralis del Cardinale Ratzingersu Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani, tenuta il 13 maggio 2004 nella Biblioteca del Senato, Sala Capitolare del Convento di Santa Maria sopra Minerva, su invito del presidente del Senato; testo in M. Pera e Joseph Ratzinger, Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam, Mondadori, Milano 2005, pp. 47-72.
5) Cfr. M. Pera, Lettera a Joseph Ratzinger, e J. Ratzinger, Lettera a Marcello Pera, in M. Pera e J. Ratzinger, op. cit., rispettivamente alle pp. 73-95 e alle pp. 97-122.
6) Cfr. M. Pera, Una proposta da accettare. Introduzione a J. Ratzinger, L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, trad. it., Cantagalli, Siena 2005, pp. 7-25.
7) Ibid., p. 63.
8) Cfr. Benedetto XVI, Lettera al Presidente del Senato Marcello Pera in occasione del convegno di Norcia «Libertà e laicità», nel sito web <https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/letters/2005/documents/hf_ben-xvi_let_20051015_senatore-pera.html>.