Susanna Manzin, Cristianità 317 (2003)
Il 27 aprile 2003 Papa Giovanni Paolo II ha proclamato beato il padre cappuccino Marco d’Aviano (1631-1699), noto soprattutto per essere stato legato apostolico presso l’esercito della Lega Santa che liberò Vienna, assediata dai turchi, nel 1683.
La scrittrice austriaca Maria Héyret (1856-1938) ha un grande merito nella riscoperta del beato Marco d’Aviano. Assistente universitaria, in occasione di una ricerca sul rapporto degli Asburgo con il cattolicesimo, viene colpita dalla figura di padre Marco: nasce così una devozione personale verso il cappuccino, ed è incoraggiata dallo storico Onno Klopp (1822-1903) a proseguire lo studio del personaggio. Collabora con Giuseppe Antonio Kessler da Harsberg O.F.M. Cap. (1868-1947), vicepostulatore della causa di beatificazione, che trova in lei un grande aiuto nel reperimento dei documenti necessari. La Héyret scopre infatti materiale inedito, visitando i conventi di mezza Europa, frequenta gli archivi di Vienna e la biblioteca vaticana; depone nel processo diocesano e poi in quello apostolico, che si basano sul suo lavoro di storica seria e documentata.
A settantacinque anni dà finalmente alle stampe la biografia di padre Marco. Pubblica poi quattro volumi delle lettere scritte o ricevute dal cappuccino, che rivelano l’importanza di questo personaggio nella storia religiosa e politica d’Europa. Contribuisce dunque in maniera determinante a definire il meritato posto nella storia a questo frate che era stato da molti ingiustamente dimenticato.
Dimenticanza particolarmente colpevole per il mondo culturale cattolico italiano: infatti, pur avendo trascorso gran parte della sua vita in Italia, il beato Marco vi è quasi sconosciuto, mentre è conosciutissimo in Austria. A Vienna vi sono molte statue a lui dedicate e ha avuto l’onore di essere sepolto nella cripta dei Cappuccini, accanto agli Asburgo. Di grande importanza, dunque, la pubblicazione in Italia, in occasione del terzo centenario della sua morte, dell’opera Padre Marco d’Aviano, e che lo scrittore Carlo Sgorlon, nella Prefazione (pp. 7-12), definisce una “miniera di notizie” (p. 11).
Venanzio Renier O.F.M. Cap., vicepostulatore della causa di beatificazione, presenta la vita dell’autrice in una scheda biografica — Maria Héyret. Autrice della vita di padre Marco d’Aviano (pp. 13-15) — e nella Postfazione — Il lungo silenzio su padre Marco e la riscoperta (pp. 343-351) — mette in luce l’attualità di padre Marco d’Aviano e racconta gli sviluppi della causa di beatificazione.
Nella Premessa all’edizione italiana (pp. 16-19), si motiva la scelta editoriale di porre in essa i documenti alla fine del testo, allo scopo di rendere più scorrevole la lettura dell’opera.
Nel capitolo 1 — Famiglia e fanciullezza (pp. 21-26) — l’autrice presenta l’ambiente della famiglia Cristofori, in cui nasce il futuro beato il 17 novembre 1631, e al quale viene attribuito il nome di Carlo Domenico: si tratta di una famiglia agiata che, grazie alla posizione sociale e al benessere economico, lo avvia agli studi nel prestigioso collegio dei gesuiti di Gorizia, come è raccontato nel capitolo 2 — Gli Studi (pp. 27-30) —, collegio dal quale scappa a diciassette anni, per raggiungere la Turchia, pronto anche a subire il martirio. È infatti cresciuto ascoltando i racconti delle atrocità commesse dai turchi, che avevano compiuto scorrerie anche nel suo Friuli. Sale su un’imbarcazione diretta a Capodistria, dove chiede ospitalità a un convento di cappuccini. I frati lo convincono a tornare a casa.
Ma questo soggiorno è decisivo per la scelta della sua vocazione. Il 21 novembre 1649 entra infatti nell’Ordine con il nome di Marco.
Nel capitolo 3 — Nell’ordine dei cappuccini (pp. 31-55) — l’autrice mette in evidenza le virtù di padre Marco: l’ubbidienza ai superiori, la scrupolosa osservanza con la quale esegue gl’incarichi conventuali, l’umiltà che gli permette di accettare con pazienza la scarsa considerazione nella quale è tenuto da alcuni confratelli e superiori. Infatti, inizialmente, non viene considerato idoneo alla predicazione, eppure accetta con umiltà e ubbidienza questa mortificazione.
Il generale dell’ordine, padre Fortunato da Cadore (1594-1669), si accorge però delle doti di padre Marco e nel 1655 lo avvia agli studi superiori, necessari per predicare. La sua predicazione, si legge nel capitolo 4 — Il predicatore (pp. 56-65) — è semplice ed efficace, non è sfoggio di scienza umana, ma invito commosso a pentirsi dei propri peccati e a chiedere perdono a Dio. La sua fama di predicatore lo porterà a viaggiare per il Nord Italia e poi per l’Europa. Infiamma chi lo ascolta grazie alla sua personalità, all’esempio e ai prodigi che si verificano dopo le sue benedizioni. Il primo miracolo si verifica a Padova, quando guarisce una monaca. Da quel momento i miracoli si moltiplicano e la sua fama cresce enormemente.
Ma nel capitolo 5 — Affiorano le opposizioni (pp. 66-71) — l’autrice racconta che padre Marco deve anche affrontare opposizioni e contrasti mortificanti all’interno del suo stesso ordine religioso e da parte del clero secolare: ma sopporterà sempre l’invidia e la calunnia con pazienza e con umiltà.
La fama della sua eloquenza e dei suoi poteri miracolosi si diffonde in Austria e in Germania e nobili ed ecclesiastici richiedono la sua presenza. Nel 1680, per la prima volta compie un viaggio apostolico in Austria, descritto minuziosamente nel capitolo 6, Il primo viaggio di missione apostolica nel 1680 (pp. 72-124).
La prima tappa è il Tirolo, alla corte del duca Carlo di Lorena (1643-1690); questi da tempo, a causa di una caduta da cavallo, ha una gamba irrimediabilmente malata, che si sana miracolosamente dopo la benedizione del padre cappuccino. La devozione del duca per padre Marco sarà di grande importanza nell’opera di pacificazione compiuta dal frate friulano fra i sovrani europei: infatti Carlo di Lorena sarà a capo delle truppe imperiali nella guerra contro i turchi.
Lasciato il Tirolo, dove la sua predicazione suscita una rinnovata forza spirituale nel popolo, visita Monaco di Baviera, Salisburgo, Linz, Neuburg, Colonia e Augusta. Ovunque si ottengono straordinarie grazie spirituali e guarigioni miracolose. Lo spirito di ubbidienza e lo zelo apostolico gli permettono di superare ogni difficoltà: non conosce il tedesco, ma riesce comunque a farsi capire grazie all’enfasi della predicazione e all’utilizzo di un interprete, e viaggia sempre a piedi per rispetto della regola francescana.
A Linz incontra per la prima volta l’imperatore Leopoldo I d’Asburgo (1640-1705), con il quale ha lunghe udienze private, all’inizio soltanto di carattere spirituale, poi anche su questioni di Stato e politiche, nell’ottica delle verità cristiane.
Nel capitolo 7 — Il “Libretto dei miracoli” (pp. 125-131) — si racconta che il vescovo di Augusta, dopo il viaggio apostolico di padre Marco, nel 1680, fa redigere un Libretto dei miracoli per raccogliere le testimonianze dei miracoli compiuti dal beato, con le deposizioni giurate dei testimoni, per diffonderne la conoscenza il più ampiamente possibile e per accrescere nel popolo la fiducia nel padre cappuccino. Anche altre diocesi si attivano in tal senso, e queste pubblicazioni saranno molto utili durante la causa di beatificazione.
Nel capitolo 8 — Padre Marco e gli eretici (pp. 132-166) — l’autrice affronta il problema del rapporto con il protestantesimo: molti in Germania, infatti, sperano che, grazie alla predicazione di padre Marco, ai suoi miracoli e alla sua condotta umile e penitente, gli eretici tornino alla Chiesa di Roma. Per l’efficacia della sua predicazione viene inviato nel 1681 nei Paesi Bassi e in Svizzera, terre di “missione”. Il vicario generale di Bruges in quell’occasione afferma: “I protestanti olandesi non vedono di buon occhio l’arrivo di padre Marco. Temono la distruzione della loro comunità religiosa, se padre Marco viene nel loro territorio, e a ragione” (pp. 156-157).
I protestanti sono infatti preoccupati: organizzano guardie armate per impedirgli di entrare nelle loro città e dove non possono impedire a padre Marco di predicare, avendo egli il lasciapassare dell’imperatore e le raccomandazioni dei principi, optano per la diffamazione, la calunnia e la satira. Scrivono anche un pamphlet contro di lui, Marcus Avianus vitandus. Nonostante le calunnie, molti luterani accorrono alle sue prediche, si mescolano alla folla, si commuovono alle parole del frate e abbracciano la fede cattolica.
Il capitolo 9 — Il secondo viaggio apostolico nel 1681 (pp. 167-217) — si apre con la partenza di padre Marco per Parigi, invitato dalla delfina Maria Anna Cristina di Baviera (1660-1690), la nuora di Luigi XIV di Borbone (1638-1715). Il Papa e l’imperatore sono felicissimi di questo viaggio alla corte francese, sperando, grazie alla mediazione di padre Marco, di poter ricucire i rapporti con il Re Sole. Ma questi gl’impedisce di entrare a Parigi e lo fa scortare fino al confine dei Paesi Bassi, con modi estremamente villani, impedendogli di esercitare la missione in Francia. Da questi viaggi di padre Marco emergono dunque tutte le difficoltà e le contraddizioni dell’Europa di quel tempo, divisa religiosamente dalla Riforma protestante, ma anche minacciata dall’assolutismo e dal laicismo, che ne minano le radici cristiane.
Nel 1682 padre Marco si reca a Vienna. Questo viaggio è narrato nel capitolo 10 — A Vienna per la prima volta (pp. 218-227). Qui tiene infiammate prediche nella chiesa dei cappuccini e nel duomo di Santo Stefano, impartendo la benedizione papale con l’indulgenza plenaria. Incontra ancora l’imperatore Leopoldo I e si rinsalda ulteriormente il loro legame.
Nel capitolo 11 — Padre Marco e la Lega Santa (pp. 228-234) — la Héyret entra nel vivo delle vicende militari, che vedono l’Europa contrapposta all’Impero Ottomano. Papa Innocenzo XI (1676-1689), preoccupato per l’avanzata dell’islam, vuole costituire una Lega Santa, che riunisca tutta la Cristianità. Nonostante molte difficoltà, grazie agli sforzi della diplomazia papale, si giunge, all’inizio del 1683, all’accordo fra l’imperatore e il re di Polonia Giovanni III Sobieski (1624-1696). Persino alcuni principi protestanti si uniscono alla Lega, consapevoli del rischio che corre l’Europa. La Francia di Luigi XIV, al contrario, tradisce la Cristianità, come già aveva fatto a Lepanto (1571): con incredibile incoscienza, spera in una vittoria degli ottomani per indebolire il nemico austriaco.
Gli eventi precipitano: il 14 luglio 1683 i turchi pongono l’assedio a Vienna. L’imperatore chiede la presenza di padre Marco presso l’esercito, poiché ben pochi fra i comandanti sono animati soltanto da nobili ideali e da spirito di sacrificio cristiano, e così le rivalità rischiano di compromettere l’impresa, mentre la città di Vienna, pur stremata dall’assedio, resiste con coraggio. Come si racconta nel capitolo 12 — Padre Marco, legato apostolico durante la liberazione di Vienna nel 1683 (pp. 235-265) —, finalmente il religioso riceve l’autorizzazione a partire e la sua mediazione fra i capi militari sarà di fondamentale importanza. L’8 settembre 1683 celebra una storica Messa sulla collina presso Vienna; il re di Polonia Giovanni III Sobieski, comandante dell’esercito, gli fa da chierichetto. Dopo la Messa tiene un infiammato discorso e benedice con la sua croce tutte le truppe. Il 12 settembre i cristiani attaccano gli assedianti: il bilancio della battaglia è gravissimo per i turchi, che perdono 10.000 uomini e fuggono, abbandonando l’accampamento.
In ricordo di quella grande vittoria, così importante per la Cristianità, il Papa istituisce la festa liturgica del Nome di Maria, appunto il 12 settembre.
Nonostante la stima che Papa Innocenzo XI ha per padre Marco, e nonostante l’abitudine di quest’ultimo a viaggiare per l’Europa, il beato non andrà mai a Roma, come viene narrato nel capitolo 13 — Mai a Roma! (pp. 266-271) —: infatti alcuni cardinali, legati alla Francia, ostacolano il suo viaggio.
La liberazione di Vienna non elimina però il pericolo ottomano, che continua a incombere sull’Europa. Ma l’organizzazione di una nuova campagna militare contro i turchi, con l’obiettivo di liberare Buda — come si legge nel capitolo 14 — Legato pontificio alla battaglia di Buda (pp. 272-287) — viene ostacolata dall’atteggiamento della Francia, che attacca il Lussemburgo e obbliga parte dell’esercito imperiale a recarsi su quel fronte. L’impegno diplomatico del Pontefice e di padre Marco, ancora una volta, riesce a convincere i principi europei a concentrarsi nella guerra contro i turchi.
È importante far emergere questa grande verità: si combatte contro il nemico ottomano, che minaccia la libertà politica e culturale dell’Europa, ma l’opera di padre Marco d’Aviano è quella di portare pace e concordia fra i principi europei. In un mondo che già pericolosamente stava scivolando verso l’assolutismo, il nazionalismo, il laicismo, la decadenza morale, l’ambizione e la ricerca sfrenata di potere e di ricchezza, egli si è impegnato per risvegliare la coscienza morale dell’Europa.
Il beato è al seguito dell’esercito e la sua presenza è di fondamentale importanza, perché spesso prevalgono gli egoismi, gl’interessi personali, la disorganizzazione militare, e tutto questo compromette la buona riuscita dell’impresa. Finalmente Buda viene liberata, il 2 settembre 1686, e padre Marco entra in città portando una statua della Madonna, alla cui intercessione attribuisce la vittoria.
Dopo una breve parentesi missionaria in Svizzera, raccontata nel capitolo 15 — Dal teatro di guerra all’attività missionaria in Svizzera (pp. 288-293) —, ancora una volta padre Marco è chiamato a occuparsi della guerra contro gli ottomani e ad affiancarsi alla Lega Santa nella riconquista di Belgrado, come si può leggere nel capitolo 16, Ancora due anni di guerra come legato pontificio (pp. 294-300). Il 6 settembre 1688, Belgrado viene liberata e ancora una volta padre Marco è presente con la sua preziosa opera diplomatica e con la sua incessante preghiera.
Il beato ha potuto esercitare la sua benefica influenza nelle vicende politiche e militari europee di quegli anni soprattutto grazie al legame molto stretto con l’imperatore Leopoldo I, e l’autrice si sofferma ancora su questo aspetto nel capitolo 17, I rapporti con l’imperatore (pp. 301-327). Sono commoventi le insistenti preghiere dell’imperatore per avere i consigli di padre Marco, perché sa che è veramente illuminato dal Cielo, e che il suo scopo primario è la gloria di Dio, la salvezza delle anime e il bene della Cristianità. Purtroppo Leopoldo è pronto a seguirne i consigli quando si tratta della salvezza della propria anima, mentre è più restio quando sarebbe necessario prendere provvedimenti energici in campo politico e nei suoi rapporti con Roma. La corte trama contro la Santa Sede, non sempre Leopoldo ha la forza di reagire e padre Marco deve faticare molto per ricomporre gli screzi fra Vienna e il Papato, come si può leggere nel capitolo 18 — L’ultimo grande compito (pp. 328-334) —, dove si fa cenno anche all’ultimo impegno diplomatico del beato nella vittoriosa campagna militare di Eugenio di Savoia (1663-1736) nei Balcani.
Nel maggio del 1699 torna a Vienna, dove ancora l’imperatore lo reclama per averlo come confidente e consigliere. Ma vi giunge in cattive condizioni di salute.
Il 13 agosto spira: sono presenti l’imperatore e l’imperatrice. L’umile frate viene sepolto con sfarzo principesco e per ordine dell’imperatore gli vengono riservate esequie pari a quelle previste per i principi austriaci, come si può leggere nel capitolo 19, La morte (pp. 335-342).
Nell’Appendice I — Illustrazioni (pp. 353-384) — vengono riportate stampe d’epoca e fotografie di reliquie e statue di padre Marco.
L’Appendice II — Documenti (pp. 385-500) — è particolarmente preziosa, perché riporta le lettere più significative fra il beato e l’imperatore, i religiosi, i cardinali e le personalità di spicco della storia europea di quegli anni.
Una breve Nota biografica su padre Marco d’Aviano (pp. 501-507) completa l’opera, che per la precisione storica costituisce uno strumento utilissimo per una conoscenza approfondita della vita di questo frate cappuccino, autentico contemplativo in azione, che con impegno e con spirito di sacrificio ha combattuto la buona battaglia per l’identità religiosa europea.
Susanna Manzin