Il 25 ottobre 2003, a Monza, in provincia di Milano — dove si era trasferito, dalla nativa Rivoli, in provincia di Torino, nel 1962 —, si è spento Mario Marcolla, amico di vecchia data di Alleanza Cattolica, della cui rivista, nel 1997, in occasione del venticinquennale, aveva scritto che “la buona battaglia di Cristianità contro le deformazioni del pensiero religioso, filosofico e politico, condotta con il rigore derivante dalla verità indefettibile dei documenti pontifici, ha contrassegnato questi 25 anni della nostra vita personale e ecclesiale”.
Nato il 28 giugno 1929 da genitori operai di origine trentina, dal 1942 al 1956 svolge lavori manuali; poi, fino al pensionamento, nel 1988, è prima programmatore, quindi capoufficio tecnico nel settore tessile.
Autodidatta, riesce a ricavare — nello stesso ambito di lavoro e sovente sottraendo tempo al riposo — spazi di studio e di meditazione. Legge di filosofia e di storia, dai classici dell’idealismo tedesco e italiano ai pensatori comunisti, da Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844-1900) a Julius Evola (1898-1974).
Dagli anni 1950 inizia a collaborare ad alcuni periodici, primo fra tutti Tabula Rasa (Roma 1956), promosso con altri da Giano Accame, occupandosi pionieristicamente del conservatorismo statunitense, in particolare recensendo e presentando il pensiero e le opere dello storico delle idee Russell Amos Kirk (1918-1994).
Con Kirk Marcolla, dopo averne letto e apprezzato l’opera fondamentale, del 1953, The Conservative Mind: From Burke to Santayana, entra prima in contatto epistolare, poi in un vero e proprio rapporto d’amicizia, tanto che negli anni 1980 lo studioso statunitense l’inviterà a tenere conferenze negli Stati Uniti d’America. L’incontro con Kirk costituisce “la via di Damasco” percorrendo la quale Marcolla “cade da cavallo”, venendo introdotto a una cultura conservatrice e tradizionale nordamericana di dimensioni e di profondità insospettate. Così il conservatorismo statunitense diviene uno dei temi centrali della sua riflessione e certamente uno dei suoi lasciti culturali più significativi e profondi. Sulla stessa “via di Damasco” costituita da tale conservatorismo Marcolla sa successivamente instradare altri, anche e soprattutto nell’ambito dell’apostolato culturale di Alleanza Cattolica, per la quale è prezioso accompagnatore di Kirk nel 1962 a Piacenza, nel 1989 a Milano, a Torino e a Lecce, e nel 1991 di nuovo a Milano; quindi, dello studioso conservatore statunitense Thomas J. Fleming, nel 1993, a San Paolo d’Argon, in provincia di Bergamo.
Nel 1960 Marcolla conosce Augusto Del Noce (1910-1989), la cui frequentazione — insieme a quella di altri come lui attenti alla lezione di Del Noce — ne segna il punto di svolta decisivo, con l’allontanamento definitivo dal mondo delle ideologie e con la conversione al cattolicesimo.
Dal 1960 data pure la sua amicizia con Giovanni Cantoni, a partire da un incontro, ad Alessandria, occasionato dalla pubblicazione a cura di questi con Carlo Emanuele Manfredi, de La libertà tirannia. Saggi sul liberalesimo risorgimentale, di Luigi Taparelli d’Azeglio S.J. (1793-1862) (Edizioni di Restaurazione Spirituale, Piacenza 1960).
Nel 1966 Marcolla inizia a collaborare al mensile Studi Cattolici. Mensile di studi e di attualità — dove incontra il giovane filosofo Emanuele Samek Lodovici (1942-1981) —, e nel 1968 alla pagina culturale de L’Osservatore Romano. Collaboratore di Alfredo Cattabiani (1936-2003) alla casa editrice Rusconi di Milano, cura la traduzione italiana e redige le introduzioni de Il mito del mondo nuovo. Saggi sui movimenti rivoluzionari del nostro tempo di Eric Voegelin (1901-1985) e di Meccanica della rivoluzione di Augustin Cochin (1876-1916), pubblicati rispettivamente nel 1970 e nel 1971.
Le sue collaborazioni giornalistiche lo vedranno poi firmare anche sul quotidiano Avvenire, e sui periodici Il Sabato. Fatti e commenti della settimana e Tempi. Settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee.
Nel 1998 Marcolla pubblica la sua unica opera, l’autobiografia Una vita in fabbrica. Itinerario spirituale (con un invito alla lettura di Massimo Tringali, Minchella, Milano), alle cui pagine consegna il racconto di una vita dedicata allo studio, alla riflessione, alla ricerca, alla fede cattolica, all’apologetica, alla famiglia — lascia la moglie Graziella e quattro figli —, descrivendo un percorso spirituale, morale ed esperienziale intessuto d’incontri intellettuali — i “maestri” del passato conosciuti solo attraverso i libri — e di amicizie profonde. Negli ultimi tempi lavora a una raccolta dei suoi scritti, scelti fra i tanti editi, che vuole intitolare Le due torri e che uscirà postuma.
Non avendo mai desiderato coscientemente farlo, e forse per questo, ha davvero insegnato molto agli amici e ad alcuni più giovani “discepoli”.