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Mater mea, fiducia mea

25 Settembre 2025 - Autore: Michele Brambilla

Se l’amore di Dio riesce a portare la sua luce persino nel punto più lontano da Lui, possiamo affrontare con fiducia anche la nostra epoca travagliata, pregando ogni sera il S. Rosario per la pace, come invita a fare Leone XIV

di Michele Brambilla

Come dice Papa Leone XIV all’inizio dell’udienza del 24 settembre, «anche oggi ci soffermiamo sul mistero del Sabato Santo. È il giorno del Mistero pasquale in cui tutto sembra immobile e silenzioso, mentre in realtà si compie un’invisibile azione di salvezza: Cristo», infatti, «scende nel regno degli inferi per portare l’annuncio della Risurrezione a tutti coloro che erano nelle tenebre e nell’ombra della morte». Un momento molto prezioso, perché grazie alla discesa agli inferi dello stesso Signore possiamo affermare che il nostro Dio, rimanendo fedele all’amore per le sue creature, «ha voluto cercarci là dove noi stessi ci eravamo perduti, là dove si può spingere solo la forza di una luce capace di attraversare il dominio delle tenebre».

Bisogna quindi precisare che «gli inferi, nella concezione biblica, sono non tanto un luogo, quanto una condizione esistenziale: quella condizione in cui la vita è depotenziata e regnano il dolore, la solitudine, la colpa e la separazione da Dio e dagli altri». Nei primi secoli cristiani la configurazione dei regni ultraterreni non era ancora del tutto definita e, per quanto riguarda gli inferi, i credenti dell’epoca tendevano a ricalcare l’immagine dello Sheol ebraico, cioè dell’oltretomba pre-messianico. Sorprendentemente «Cristo ci raggiunge anche in questo abisso, varcando le porte di questo regno di tenebra. Entra, per così dire, nella casa stessa della morte, per svuotarla, per liberarne gli abitanti, prendendoli per mano ad uno ad uno», come accadde, secondo la tradizione, ai Progenitori e ai “giusti” dell’Antico Testamento, come si vede soprattutto nelle icone orientali, puntualizza il Pontefice.

Quali sono le fonti bibliche per l’episodio in questione? «L’apostolo Pietro, nel breve passo della sua prima Lettera che abbiamo ascoltato, ci dice che Gesù, reso vivo nello Spirito Santo, andò a portare l’annuncio di salvezza “anche alle anime prigioniere” (1Pt 3,19). È una delle immagini più commoventi, che si trova sviluppata non nei Vangeli canonici, ma in un testo apocrifo chiamato Vangelo di Nicodemo. Secondo questa tradizione, il Figlio di Dio si è addentrato nelle tenebre più fitte per raggiungere anche l’ultimo dei suoi fratelli e sorelle, per portare anche laggiù la sua luce», in modo che neppure la morte intesa come condanna (la «morte secunda» del Cantico delle creature di san Francesco d’Assisi) avesse l’ultima parola sul nostro destino.

Allora Gesù «non salva solo sé stesso, non torna alla vita da solo, ma trascina con sé tutta l’umanità». Pertanto il Sabato Santo è «il giorno in cui il cielo visita la terra più in profondità. È il tempo in cui ogni angolo della storia umana viene toccato dalla luce della Pasqua. E se Cristo ha potuto scendere fino a lì, nulla può essere escluso dalla sua redenzione». Se talvolta «ci sembra di toccare il fondo, ricordiamo: quello è il luogo da cui Dio è capace di cominciare una nuova creazione. Una creazione fatta di persone rialzate, di cuori perdonati, di lacrime asciugate».

A proposito di lacrime da asciugare, «invito tutti, ogni giorno del prossimo mese, a pregare il Rosario per la pace, personalmente, in famiglia e in comunità». «In particolare, la sera di sabato 11 ottobre, alle ore 18, lo faremo insieme in Piazza San Pietro, nella Veglia del Giubileo della Spiritualità Mariana, ricordando anche l’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II», evidenzia il Papa. La basilica di S. Pietro darà per prima l’esempio alle altre chiese ogni pomeriggio alle 19.00. Come ripeteva un’antica giaculatoria mariana, Mater mea, fiducia mea: le crisi contemporanee si affrontano meglio puntando lo sguardo su Gesù, Principe della Pace, assieme a Colei che lo ha donato al mondo.

Giovedì, 25 settembre 2025

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