Categoria:Saggi
Autore:Eric Voegelin
Pagine: 257
Prezzo: € 22
Anno: 2006
Editore:Medusa, Milano*
ISBN: 88-7698-054-7
Tra le prime opere del filosofo della politica tedesco-americano Eric Voegelin (1901-1985) emerge il volume del 1933, Razza. Storia di un’idea (in originale tedesco Die Rassenidee in der Geistesgeschichte von Ray bis Carus). Scritto proprio nell’anno in cui il nazionalsocialismo prese il potere in Germania, lo studio si occupa di indagare l’eziologia dell’idea di razza.
Per inquadrare il fenomeno, in un’analisi che si estende dal tardo secolo XVII al secolo XX, Voegelin ricorre anzitutto a una cornice teorica cui vale la pena far riferimento. L’idea della razza, intesa in senso moderno, è infatti frutto di un passaggio tra due «immagini originarie» polari. Ovvero, in un contesto in cui è stata predominante un’immagine antropologica – con i suoi effetti anche sociali e politici – di marca cristiana, non si sarebbe mai potuta sviluppare un’idea – si può dire – discriminatoria di razza, in quanto la centralità della nozione di creazione conduceva sempre a un’origine comune del creato, pur ammettendo poi la diversità tra i vari esseri. L’immagine originaria sviluppata, invece, a partire dalla filosofia moderna, post-cristiana o pagana, prevede un abbandono del creazionismo e una comprensione sempre più di carattere immanente delle specie naturali. Anche la spiegazione antropologica e biologica dell’uomo si riduce allora a considerazioni di carattere naturalistico, che oscillano tra il meccanicismo e l’organicismo, i quali spesso si intrecciano e sovrappongono. Notevole è anche il tentativo di condurre un’ indagine filologica sul termine «razza» che «acquisterà il significato a noi noto nel mondo contemporaneo solo in seguito al radicale mutamento della concezione metafisica fondamentale della natura umana» (p.115).
Per Voegelin, tuttavia, è chiaro che «l’uomo, in quanto sostanza spirituale, corporea e storica, non può essere “spiegato” attraverso qualcosa che sia meno dell’uomo stesso, cioè attraverso la physis»(p.48). La visione moderna, comunque, dapprima genera la dispersione dell’unità della persona attraverso una dialettizzazione tra anima e corpo, e poi conduce esplicitamente a quanto l’Autore chiama «interiorizzazione» del corpo e della persona, che altro non è che lo «slittamento dell’essere dell’uomo dalla sfera trascendente a quella mondana» (p. 121). Del resto ciò comporta anche «la frammentazione della totalità spirituale della società intesa nel senso dell’antica polis» (p. 201), visibile, altresì, nel divorzio tra Stato e Chiesa, legge e moralità, arti e scienze.
In questo itinerario – in cui «l’espressione razza non è più un vago sinonimo usato per intendere la varietà, ma si riferisce ad un concetto ben preciso di divisione naturale» (p. 104) – vengono presentate in modo minuzioso e alquanto complesso le teorie antropologiche e classificatorie fornite da Carlo Linneo (1707-1778), John Ray (1627-1705), George Louis Leclerc de Buffon (1707-1788), Johann Gottfried Herder (1744-1803), Johann Friedrich Blumenbach (1752-1840), Gottfried Wilhlem von Leibniz (1646-1716), Lorenz Oken (1779-1851), Immanuel Kant (1724-1804) e Caspar Friedrich Wolff (1733-1794).
Si giunge, infine, attraverso l’invenzione di un principio unificatore – il “demoniaco” – di questa nuova tipologia umana alle teorie di Johann Christoph Friedrich von Schiller (1759-1805), di Alexander Von Humboldt (1769-1859) e di Carl Gustav Carus (1789-1869). Con quest’ultimo ci si trova davanti «al primo sistema di suddivisione delle razze in cui la totalità delle razze esistenti viene dedotta da precise e analoghe suddivisioni dei fenomeni fondamentali» (p. 225), e quindi di disuguaglianza tra i popoli, in quanto identifica il demoniaco – inteso secondo la prospettiva del genio propria della corrente Ottocentesca del Romanticismo – con il concetto di «uomo di razza» (p. 218). A tale proposito, la figura di Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832), nell’interpretazione di Carus – osannata, riverita e oggetto di ammirazione infinita – è strategica per affermare che «solo da una razza importante – in questo caso quella dei “popoli del giorno” – può emergere una grande personalità. Che una tale razza oscuri tutte le altre è la conferma che un individuo che brilla su tutti gli altri non può che discendere da essa» (p. 229).
Qui si ferma l’analisi di Voegelin, che considera le successive teorizzazioni distruttive e frutto di un declino inesorabile, la cui causa principale è stata principalmente «l’influenza delle teorie darwiniane e post-darwiniane» (p.11). Queste, infatti, «rappresentano effettivamente un grande passo indietro a causa del declino della cultura teoretica e della conseguente ingenuità con cui dettagli relativamente insignificanti vengono considerati importanti e celebrati come un progresso nel modo di affrontare la questione, quando i problemi di fondo cruciali di ordine teoretico-speculativo vengono ignorati» (p. 183).
Libro adatto a chi vuole comprendere la genesi dell’ideologia razzista oltre gli stereotipi semplicistici molto diffusi
*trad. it. a cura di Giulia Rossi di The History of the Race Idea: From Ray to Carus a cura e con introduzione di Klaus Vondung, trad. inglese di Ruth Hein, Missouri University Press Columbia (Missouri) 2000 (The Collected Works of Eric Voegelin, a cura di G. Ellis Sandoz, Vol. 3).