Da “La bianca torre di Echtelion” del 12 giugno 2017. Foto da The Daily Dot
Ci sono i pranzi di lavoro e, negli Stati Uniti, le colazioni di preghiera. Se fossero capaci di guardare oltre il proprio naso, i media rapiti dagli scandali veri, presunti o solo sperati della Casa Bianca si sarebbero accorti che martedì 6 giugno qualcosa di notevole è accaduto al Marriott Marquis di Washington, dove si è svolto il National Catholic Prayer Breakfast. Per la precisione il 13° da che l’iniziativa fu varata, nel 2004, per corrispondere all’appello per una nuova evangelizzazione lanciato da Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005). Negli anni, dal suo palco principale hanno preso la parola il presidente George W. Bush Jr. (quattro volte), il defunto giudice della Corte Suprema Antonin Scalia (1936-2016) e l’attuale presidente della Camera federale Paul Ryan. Martedì il keynote speaker era il vicepresidente Mike Pence, l’emblema vivente della parte migliore dell’attuale governo degli Stati Uniti, che si è inserito nel solco già tracciato con la partecipazione, il 27 gennaio, alla 44a Marcia nazionale per la vita di Washington ‒ la prima volta che il governo degli Stati Uniti scendeva in piazza a manifestare contro l’aborto ‒ e proseguito dallo stesso presidente Donald J. Trump che, al National Prayer Breakfast del 2 febbraio, s’impegnò pubblicamente a garantire la libertà religiosa e l’obiezione di coscienza.
Pence era perfettamente cosciente dell’importanza del giorno. Ha così soppesato le parole, limato i concetti, centellinato il linguaggio del corpo. E poi si è scatenato come un fiume in piena.
Dedicando spazio al recente incontro tra Papa Francesco e il presidente Trump, ne ha sottolineato la sollecitudine verso i cristiani martoriati in tanti luoghi, ma specialmente in Medioriente, pure entrando in questioni parecchio specifiche, e ha assicurato l’impegno della Casa Bianca a favore dei princìpi non negoziabili. Dopo di che, ha pronunciato parole forse uniche.
«A tutti i grandi cattolici americani riuniti qui…», ha detto il vicepresidente, «…permettetemi di assicurarvi stamattina, di prima mattina a questa colazione di preghiera, che i cattolici americani hanno un alleato nel presidente Donald Trump». Il presidente Trump, ha specificato il suo vice, «[…] sta dalla parte di coloro che sono perseguitati a causa della fede nel mondo, qualunque sia il Paese che chiamano patria o il credo che professano. E […] sta dalla parte dei più vulnerabili: gli anziani, i malati e i non ancora nati».
Crescendo di tono, ha spiegato: «[…] lasciate che dal cuore vi dica che il privilegio massimo della mia vita è quello di servire da vicepresidente il presidente Donald Trump, ma non potrei essere più orgoglioso di servire da vicepresidente un presidente che difende senza vergogna la sacralità della vita umana». In gennaio «[…] il nostro presidente mi ha personalmente inviato a parlare ‒ direi che fu la prima volta per qualcuno che ricopre i nostri ruoli ‒ all’annuale Marcia per la Vita». Calcolo politico? Affatto. Un mattino, ha raccontato Pence, stava studiando l’agenda della settimana con Trump quando questi si rese conto che la visita del premier britannico Theresa May si sovrapponeva alla Marcia. «Ero lì, nello Studio Ovale», ha proseguito il vicepresidente, «quando lui disse: “Oh caspita, non riuscirò a telefonare”». Negli anni già diverse volte la Casa Bianca ha usato telefonare ai manifestanti pro-life il proprio sostegno. «E io timidamente dissi: “Be’, potrei forse essere d’aiuto”. E lui: “Davvero? Come?”. Risposi: “Be’, hanno invitato anche me”. E allora lui, levando lo sguardo dalla scrivania… dello Studio Ovale… disse: “Ti hanno invitato a parlare?”. “Sì, signore”. “Lo hai mai fatto prima?”. Risposi che quanto ero membro del Congresso la mia famiglia partecipava sempre alla Marcia per la Vita. “Sì, vi ho già preso la parola; sarei felice di aiutare”. Allora il presidente puntò il dito verso di me e, senza esitare, mi disse: “Tu ci vai. Ci vai e dici che siamo con loro”».
Un Pence incontenibile ha ricordato pure la gioia di avere fatto la differenza, in qualità di presidente del Senato federale, quando, su espressa indicazione di Trump, ha dato il proprio voto decisivo alla legge grazie a cui gli Stati dell’Unione possono ora negare fondi pubblici alla Planned Parenthood, ricordando altresì il bene fatto da progetti decisivi quali la Vigna di Rachele per il ricupero fisico e spirituale delle donne ferite dalla tragedia dell’aborto.
Ha quindi parlato delle libertà statunitensi garantire dalla Costituzione federale, definite, con impeccabile stile conservatore, le «libertà date da Dio», giusto prima di evocare il gran cattolico Scalia e il suo degno sostituto, Neil Gorsuch, ma è andato persino oltre. Per esempio ricordando che «la comunità cattolica degli Stati Uniti ha fatto una differenza enorme nella vita di questo Paese» e che la Chiesa ha contribuito moltissimo a tessere «[…] la stoffa della vita americana»; infatti, «la verità è che il cattolicesimo è profondamente legato alla trama stessa di quella stoffa», e questo «sin dal giorno in cui il Paese nacque […]. L’ultimo a spirare tra i firmatari della Dichiarazione d’indipendenza fu l’unico suo firmatario cattolico, Charles Carroll di Carrollton, nel Maryland. Suo cugino, John, servì come primo vescovo e arcivescovo della Chiesa Cattolica negli Stati Uniti». Dopo di che è stata una vera valanga cattolica. Insomma, «il cattolicesimo ha lasciato un segno indelebile nello spirito americano». Non male per il vicepresidente protestante di un “Paese protestante”. «La vostra fede», è sempre Pence che parla, «ha mosso le montagne, e la Chiesa Cattolica e i suoi milioni di fedeli sono stati una forza buona per le nostre comunità piccole e grandi, in tutto il Paese, lungo tutta la nostra storia». E dunque un’uscita tanto singolare quanto significativa: «[…] vi chiedo di fare ancora una cosa che so che gli uomini e le donne di fece cattolica di questo Paese fanno estremamente bene e questo significa che vi chiedo di chinare il capo, di piegare le ginocchia e di pregare». Ha infatti spiegato che per lui, e per Trump, le parole «più dolci» sono quando qualcuno al comizio o un incontro, li prende per la manica dicendo «Prego per te».
Pence non è cattolico, ma lo era. Lo ha rammentato davanti a tutti. «Mia mamma sarebbe così orgogliosa», ha detto d’esordio riferendosi alla sua partecipazione a questo importantissimo evento pubblico cattolico e all’anziana genitrice cattolica. Il vicepresidente degli Stati Uniti è stato battezzato e cresimato cattolico. Poi la storia della sua fede ha imboccato un’altra strada. Eppure… «Onestamente per me è come tornare a casa», ha detto sempre riferendosi alla sua partecipazione alla colazione di preghiera cattolica. «I canti e le liturgie della Chiesa Cattolica sono gl’inni della mia gioventù. La Bibbia dice: “Abitua il giovane secondo la via da seguire; neppure da vecchio se ne allontanerà.”». Un grande uomo, Pence.
Marco Respinti