MASSIMO INTROVIGNE, Cristianità n. 277 (1998)
Il 29 aprile 1998 il Ministero dell’Interno ha inviato alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati un rapporto, datato febbraio 1998, della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione dal titolo Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia (1). I mezzi di comunicazione nazionali e internazionali hanno dato enorme risalto all’avvenimento, sostenendo che i servizi di sicurezza italiani mettevano in guardia contro un “rischio sette” per il Giubileo, e che anche l’Italia si era finalmente dotata di un rapporto sulle “sette” simile a quelli pubblicati da commissioni parlamentari in Francia (2) e in Belgio (3). È proprio così? Placatosi il clamore mediatico, vale la pena di ritornare sul documento — non privo di aspetti positivi, accanto ad altri discutibili — e sulle singolari circostanze della sua trasformazione in una notizia da prima pagina.
La natura del rapporto
Il rapporto del febbraio del 1998 non è l’equivalente italiano dei rapporti francese e belga, e di altri che commissioni parlamentari europee si apprestano a pubblicare. In Francia e in Belgio l’interesse dei mezzi di comunicazione per il “problema delle sette” si è fatto spasmodico dopo i reiterati suicidi-omicidi dell’Ordine del Tempio Solare — i cui leader erano rispettivamente un cittadino francese, Joseph Di Mambro, e uno belga, Luc Jouret — nel 1994, nel 1996 e nel 1997. Per studiare il problema si sono insediate commissioni parlamentari, che hanno tenuto numerose udienze — segrete in Francia, pubbliche o semi-pubbliche in Belgio — e hanno stilato i loro rapporti, sottoposti al controllo e all’approvazione dei rispettivi parlamenti. Si tratta dunque di documenti politici. Il rapporto italiano è invece un tipico documento di polizia, come emerge immediatamente dallo stile in cui è redatto. La firma non è quella di una commissione parlamentare, ma della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, cioè di chi presiede ai servizi di sicurezza della polizia italiana. Il rapporto è dunque un documento predisposto nel corso della normale attività di intelligence interna, ed è stato preceduto da studi simili sulle minoranze religiose potenzialmente pericolose o sulle “sette”. A differenza di documenti precedenti, tuttavia, questo è stato reso pubblico, creando nel giro di ventiquattr’ore un evento mediatico di notevole portata. Il parallelo, quindi, non può e non deve essere stabilito con i rapporti parlamentari francese e belga, che hanno natura diversa, ma, al massimo, con i documenti preparatori — non pubblici — che le commissioni francese e belga dichiarano di avere ricevuto dai rispettivi servizi nazionali di intelligence, e che dovrebbero quindi aver offerto la materia prima per i rapporti parlamentari.
Il contenuto del rapporto
Il rapporto consta di 105 pagine e si divide in tre parti. Una Introduzione (pp. 1-19) offre le coordinate sistematiche ed espone il punto di vista da cui gli autori hanno cercato di analizzare il fenomeno. Seguono settanta schede dedicate rispettivamente a trentaquattro “nuovi movimenti religiosi” (pp. 20-63) e a trentasei “nuovi movimenti magici” (pp. 64-102). Le pp. 103-105 comprendono l’Indice.
L’Introduzione si divide in quattro capitoli. Il primo — Le radici del fenomeno e l’allarme sociale (pp. 1-3) — espone l’esistenza di un “crescente allarme sociale” (p. 2) nei confronti di “forme di religiosità nuove, esotiche e comunque alternative” (p. 1), ispirato anche da episodi internazionali tra cui quelli dell’Ordine del Tempio Solare, che giustifica un’opera di “monitoraggio” (p. 3) da parte degli organi di polizia. Questi ultimi si affermano interessati anche “[…] a discernere i fondamenti storici ed i presupposti dogmatici delle dottrine propugnate dalle varie congregazioni” (ibid.), ma sempre — e soltanto — allo scopo di “[…] capire se nel messaggio trasmesso, nei fini perseguiti e nei metodi adoperati, si ravvisino aspetti antigiuridici o antisociali” (ibid.). Giacché l’impresa è “assai ardua” (ibid.), sono necessarie anzitutto una serie di precisazioni terminologiche e un’opera di classificazione.
L’ampio secondo capitolo dell’Introduzione — Distinzioni terminologiche e classificazioni (pp. 3-9) — rileva anzitutto che l’abitudine di usare la parola “sette” è “spesso impropria” (p. 3): “[…] gli studiosi della materia preferiscono adoperare le espressioni “nuovi movimenti religiosi” e “nuovi movimenti magici”“ (p. 4). Per definire i “nuovi movimenti religiosi” occorre, anzitutto, tentare una difficile definizione della religione; in secondo luogo, stabilire quali movimenti religiosi sono “nuovi” rispetto alle religioni o ai movimenti “tradizionali” (p. 5). Per quanto riguarda la nozione di religione, il rapporto osserva che le definizioni teistiche — religione come “[…] fede in un Essere perfetto e sovrannaturale che voglia il bene degli uomini” (p. 4) — corrispondono a una concezione che “[…] non appare condivisibile nel merito” (ibid.) — in quanto, fra l’altro, non rende ragione di alcune manifestazioni del buddhismo — e in Italia è anche “[…] smentita dalla più recente giurisprudenza” (ibid.): il riferimento in nota è alla decisione della Corte di Cassazione dell’8 ottobre 1997, n. 1329, che afferma la natura religiosa della Chiesa di Scientology (4). Più adeguata, secondo il rapporto, è una definizione più ampia per cui la religione è quella realtà che “[…] intende fornire risposte ultime ai quesiti esistenziali dell’Uomo, mettendolo in contatto con la dimensione sovrannaturale” (p. 5): quella “relazione esistente tra l’uomo ed il sacro, inteso come realtà trascendente che supera il mondo fisico” (ibid.). Anche questa distinzione, naturalmente, non supera tutti i problemi e il rapporto fa riferimento alla distinzione corrente nella sociologia di lingua inglese fra client cults, “culti di clientela”, audience cults, “culti di audience“, e cult movements, veri e propri “nuovi movimenti religiosi” (5). Quanto alla distinzione fra “nuovi movimenti religiosi” e movimenti “tradizionali”, il rapporto critica quella “corrente minoritaria di pensiero” (ibid.) che pretende di ravvisare la distinzione “[…] nel “proselitismo aggressivo” e nella forte intolleranza verso il credo altrui” (ibid.), in quanto, “[…] a ben vedere, questi aspetti possono rinvenirsi anche in alcune religioni tradizionali o nelle rispettive correnti scismatiche ed integraliste” (ibid.). Criticata è pure la tesi secondo cui nei nuovi movimenti religiosi risulterebbe “[…] prevalente l’aspetto carismatico” (ibid.) con la conseguente venerazione del leader. Infatti, “se questo è vero (quasi, ma non sempre) per alcuni piccoli gruppi profetico-messianici, in molti altri casi anche dopo la scomparsa del fondatore il movimento sopravvive e magari continua a crescere” (ibid.). “Meglio argomentata” (ibid.) appare quindi, secondo il rapporto, una distinzione di carattere dottrinale fra “nuovi” e “tradizionali” movimenti religiosi, che distingua fra movimenti “d’innovazione occidentali”, “di derivazione cristiana” e “d’ispirazione orientale” (pp. 5-6).
La prima “famiglia” — “movimenti d’innovazione occidentali” (p. 5) — è ristretta, nel rapporto, ai movimenti del potenziale umano, per cui il documento propone il sinonimo di “psicosette” accanto a quello più sociologico di “autoreligioni” (p. 6). A proposito di questo gruppo si afferma che “sono queste, peraltro, le “sette” che appaiono degne di maggiore attenzione, in quanto principalmente su di esse si accentrano le accuse di “destrutturazione mentale” e d’indebito arricchimento ai danni degli affiliati” (ibid.). La Chiesa di Scientology è stata utilizzata come parametro per costruire questa categoria, in cui sono state incluse anche realtà diverse come la Fellowship of Friends — che è piuttosto un nuovo movimento magico — e il Silva Mind Control, che oggi si presenta come pura tecnica di auto-perfezionamento senza implicazioni religiose.
Per quanto riguarda la seconda “famiglia” — i “movimenti di derivazione cristiana” (p. 5) — il rapporto afferma che, “[…] assumendo l’epoca della Riforma come cesura nella storia della cristianità, tra i numerosi “non conformismi cristiani” si considerano “nuovi” quelli che intendono andare oltre le stesse posizioni dei padri del Protestantesimo (Lutero e Calvino) proprie delle chiese evangeliche riformate, ritenute ancora troppo vicine all’ortodossia cattolica” (p. 6). All’interno di questa seconda grande “famiglia” il rapporto distingue cinque gruppi. Il primo è quello dei movimenti “apocalittico-millenaristi”, differenziati a loro volta in “avventisti” — che si concentrano sull’imminenza della fine del mondo: avventisti del Settimo Giorno, testimoni di Geova e altri — e “restituzionisti” (ibid.). Questi ultimi — dai mormoni alla Chiesa Neo-Apostolica — “[…] si propongono di “restituire” la fede cristiana, considerata ormai affievolita, alla purezza ed al fervore delle origini” (p. 7); tuttavia, “a differenza dei movimenti di revival (Pietisti, Metodisti, Pentecostali), che pure predicano il “risveglio” spirituale, ma tendono a rimanere nell’ambito della religione di appartenenza, i restituzionisti realizzano una rottura con l’ordine religioso costituito, in virtù di una nuova rivelazione divina che colma il vuoto creatosi nei secoli tra i tempi apostolici (terminati con un’apostasia della verità) e quello presente” (ibid.). Il secondo gruppo è costituito dai movimenti “Antipapisti” (ibid.) — che seguono uno dei vari “antipapi” oggi presenti nel mondo — o comunque “Scismatici” (ibid.) rispetto alla Chiesa cattolica. Per quanto riguarda il secondo termine — “Scismatici” — il rapporto afferma che “si tratta del movimento riferito a monsignor Marcel Lefebvre” (ibid.), cioè della Fraternità Sacerdotale San Pio X, al cui proposito nota che “[…] le motivazioni della separazione risiedono non solo e non tanto nella pretesa dei lefebvriani di conservare la liturgia di San Pio X [sic: per San Pio V] (la famosa “messa in latino”), ma soprattutto nel rifiuto delle tesi concordatarie del Concilio Vaticano II” (ibid.). Il terzo, il quarto e il quinto gruppo sono costituiti dai “gruppi profetico-messianici”, dai “sincretismi cristiani” e da quelle che il rapporto chiama “false chiese”, raccolte intorno a “vescovi vaganti”, scambiati spesso in Italia per vescovi cattolici mentre non hanno nessun legame con la Chiesa di Roma (ibid.). Anche se per quanto riguarda il primo e il secondo sottogruppo non mancano aspetti problematici — dal proselitismo aggressivo di alcuni movimenti alle dottrine di altri percepite come “singolari” (p. 8) —, il rapporto ritiene di doversi occupare — attesi i suoi fini — soltanto del terzo, del quarto e del quinto sottogruppo, nel cui ambito ritiene si possano presentare i maggiori rischi.
Anche a proposito della terza “famiglia” — “culti d’ispirazione orientale” (ibid.) — il rapporto propone una distinzione in tre gruppi. Il primo comprende “movimenti creati da occidentali suggestionati dalla cultura orientale” (ibid.), fra cui sono citati la Società Teosofica, la Società Antroposofica e i vari movimenti ispirati all’opera di Alice Bailey. Il secondo include “movimenti considerati già nuovi nel paese in cui sono sorti ed importati in Occidente da maestri orientali intenzionati a proporre messaggi tipici della propria tradizione (in proposito si parla anche di “missioni” indiane o giapponesi)” (ibid.), fra cui vengono citati — con altri — i Baha’i — per la verità di origine persiana —, gli Hare Krishna, la Meditazione Trascendentale — che peraltro nega di essere un movimento religioso —, il Sahaja Yoga, i seguaci di Osho Rajneesh, di Sri Chimnoy e di Sathya Sai Baba, la Soka Gakkai e Sukyo Mahikari. Il terzo gruppo è composto dai movimenti “[…] orientalisti fondati da “guru” italiani” (ibid.). Quanto ai primi due gruppi, essi comprendono movimenti talora considerati a diverso titolo problematici in altri paesi, che tuttavia “[…] in Italia non hanno mai dato adito a rilievi di sorta; esuleranno, quindi, dalla nostra analisi” (p. 9). Il rapporto si concentra soltanto sul terzo gruppo: i movimenti “orientalisti nostrani” (ibid.), in cui si trovano talora “personaggi ambigui o con intenzioni truffaldine” (ibid.).
Dalla religione “[…] come esperienza del sacro ricercata per se stessa (ierofania) va tenuta distinta la magia, come esperienza di potere (cretofania [sic: per “cratofania”]) destinata a migliorare la condizione di chi la pratica” (p. 9). È possibile, quindi, parlare separatamente di “movimenti magici”, che, “[…] pur apparendo sociologicamente simili a quelli “religiosi”, appaiono caratterizzati dal significato diverso e quasi strumentale attribuito al rapporto con la dimensione trascendente” (ibid.). Anche per i nuovi movimenti magici il rapporto propone una classificazione in “famiglie”. La prima comprende i “gruppi iniziatici, fraternità universali, ordini pitagorici” (pp. 9 e 64). La seconda include gli “ordini rosicruciani” (pp. 9 e 69); la terza i “gruppi gnostici” (pp. 9 e 72). La quarta comprende i “gruppi dediti a magia cerimoniale” (pp. 9 e 74), la quinta lo “spiritismo” (pp. 9 e 78), la sesta i “culti ufologici” (pp. 9 e 81); la settima i gruppi del “neopaganesimo e New Age” (pp. 9 e 84), l’ottava il “satanismo e luciferismo” (pp. 9 e 96). Tutte queste distinzioni sono peraltro soltanto “[…] riferimenti di massima per orientarsi nel panorama sterminato e sempre mutevole di quello che gli studiosi chiamano il cultic milieu, ovvero il mondo delle sette“ (p. 9).
Il terzo capitolo dell’Introduzione — Pericoli e possibili implicazioni penali nell’attività di alcuni movimenti (pp. 10-15) — esamina i rischi di “rilevanza penale” (p. 10) che possono o potrebbero manifestarsi in alcuni dei gruppi presi in esame. Le preoccupazioni riguardano in particolare cinque aree. La prima è quella “[…] del cosiddetto “lavaggio del cervello” (brainwashing) o altri consimili metodi atti a limitare la libertà di autodeterminazione del singolo” (ibid.). A questo proposito il rapporto considera un “dato ormai acquisito” il fatto che “[…] taluni movimenti (specialmente le “psicosette”), sia nella fase di proselitismo che in quella di indottrinamento degli adepti, ricorrano a sistemi scientificamente studiati per aggirare le difese psichiche delle persone irretite, inducendole ad un atteggiamento acritico e all’obbedienza cieca” (ibid.). In nota si fornisce uno schema classico delle tappe del “lavaggio del cervello” secondo la vulgata anti-sette. Subito si rileva, tuttavia, che in Italia — dopo la nota sentenza n. 96 del 9 aprile 1981 della Corte Costituzionale — “[…] non è più previsto il reato di plagio” (p. 11), e quindi quanto va sotto il nome di “lavaggio del cervello” in gran parte “[…] potrebbe non essere perseguibile in termini di legge” (ibid). La seconda area problematica riguarda la truffa e “l’interesse, più che all’arricchimento spirituale degli adepti, a quello materiale dei capi carismatici” (ibid.), problema che in effetti il rapporto ritiene di riscontrare anche in Italia in taluni movimenti, specie di piccole dimensioni. La terza area di problemi riguarda “il celare, dietro un’apparenza talora rispettabile al di là dei fini dichiarati, comportamenti immorali o condotte illecite” (p. 12). In questo caso ci si troverebbe di fronte a vere e proprie associazioni per delinquere, responsabili di reati in quanto associazioni. Il rapporto rileva che in Italia — a differenza di ipotesi straniere — non esiste un “cult crime” (ibid.), un “delitto di setta”, “[…] per cui i crimini connessi a manifestazioni di culto sono trattati come reati comuni a tutti gli effetti, fatte salve le valutazioni morali riferite al movente“ (ibid.). Il rapporto nota pure — e si tratta di un’affermazione di non poca rilevanza — che “[…] attualmente in Italia non risultano formalmente contestati delitti di sorta a nessun movimento religioso o magico” (ibid.). La Cassazione, nella sentenza già citata del 1997 — rileva il rapporto —, ha assunto una posizione “decisamente favorevole” (ibid.) alla stessa Chiesa di Scientology, e anche “alcune iniziative giudiziarie intraprese a carico di compagini sataniste si sono concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati” (ibid.). È vero però che negli anni 1980 alcuni gruppi — nell’area del “cattolicesimo di frangia” — si sono resi responsabili di sistematici e gravi reati, di diversa natura: il rapporto cita la Pia Unione di Gesù Misericordioso di Ebe Giorgini — “Mamma Ebe” — e il Gruppo del Rosario, di Lidia Naccarato.
La quarta area problematica riguarda “la propugnazione di dottrine connotate da elementi fortemente irrazionali, che potrebbero obnubilare gli adepti e spingerli a comportamenti devianti e pericolosi per la sicurezza pubblica” (p. 13). L’attenzione del rapporto si appunta, al proposito, sui gruppi millenaristi, distinti in utopici — che pensano di “migliorare il mondo” (ibid.) — e in catastrofici, che attendono avvenimenti rovinosi: è dal secondo gruppo che “[…] ci si possono aspettare, con maggiore probabilità, gesti anticonservativi” (p. 14). A questo proposito il rapporto affronta la questione di possibili rischi per il Giubileo, cui tanta attenzione è stata dedicata dalla stampa. Vale la pena di riportare la parte saliente del testo, che assume invece un atteggiamento piuttosto moderato: “Certo, specialmente nella prospettiva del Giubileo, non può escludersi in via ipotetica l’eventualità che qualche esaltato, inserito in una formazione dell’uno o dell’altro tipo e cosciente che nella circostanza l’Italia assurgerà a palcoscenico e megafono internazionale, decida di commettere un atto eclatante per lanciare un “messaggio” all’intera umanità; ma si tratta di un’incognita che in ricorrenze di tale rilievo è sempre presente, considerato che di mitomani e sconsiderati ne esistono anche, ed in percentuale non minore, all’esterno dei movimenti religiosi.
“Anche da parte dei satanisti sembrano improbabili iniziative che possano renderli individuabili, considerato che il loro interesse primario è piuttosto rimanere nell’ombra e nell’anonimato” (ibid.). La quinta area problematica — “il perseguimento di obiettivi diversi da quelli dichiarati, se non addirittura di piani eversivi o destabilizzanti dissimulati dal “pretesto religioso”” (ibid.) — è citata come rischio, sottolineato da autorità straniere, che potrebbe forse interessare l’Italia “in un prossimo futuro” (p. 15), mentre è “al momento” (p. 14) assente sul nostro territorio nazionale. La stessa Chiesa di Scientology, a differenza di quanto avviene in Germania dove è considerata “una seria minaccia per le istituzioni democratiche” (ibid.), in Italia non presenta caratteristiche tali da rendere probabile il perseguimento da parte sua di disegni politici significativi.
Il quarto capitolo dell’Introduzione — Il problema delle stime numeriche (pp. 15-19) — rileva la difficoltà di quantificare i membri dei nuovi movimenti religiosi o magici, in quanto le stime sono diverse se si parla dei loro “clienti” o dei veri e propri “fedeli”. Inoltre, “[…] qualunque statistica esprime la situazione corrispondente al momento in cui è stata compiuta, senza rendere il senso del continuo ed elevato turnover delle persone coinvolte, che, invece, si presenta come un elemento caratterizzante delle aggregazioni esaminate” (p. 17). Con tutte queste riserve, il rapporto presenta cifre di carattere provvisorio sulla base di “[…] rilevamenti compiuti dalle Questure negli ultimi due anni” (ibid.): 76 nuovi movimenti religiosi con 78.500 aderenti, e 61 nuovi movimenti magici, con 4.600 aderenti (ibid.).
La seconda e la terza parte del rapporto comprendono, come ho accennato, schede su settanta singoli nuovi movimenti religiosi e magici, classificati in base allo schema proposto nell’Introduzione. Contrariamente a quanto è avvenuto per i rapporti parlamentari in Francia e in Belgio, il documento italiano non propone una vera e propria “lista” delle “sette”. In realtà la collezione di settanta schede che costituiscono la seconda e la terza parte del rapporto è presentata solo come “[…] una descrizione di alcuni gruppi attivi sul territorio nazionale, scelti tra quelli che appaiono di maggior interesse” (p. 15). In effetti il rapporto nota che le Questure effettuano un’opera di monitoraggio su 137 nuovi movimenti religiosi e magici (p. 17), mentre solo settanta hanno diritto a una scheda. Il rapporto ha scelto, sulla base di una tipologia, di dedicare la sua attenzione a tutti i movimenti di una certa “famiglia” o gruppo, e a nessun movimento di altre famiglie o gruppi. Per esempio, nell’ambito dei movimenti di origine cristiana, vengono dedicate schede a tutti i gruppi “profetico-messianici”, e a nessun gruppo di tipo “avventista” o “restituzionista”. Fra i movimenti di origine orientale nessun gruppo nato in Oriente ha una scheda, mentre si offrono schede per tutti i gruppi fondati recentemente da maestri italiani. La pubblicazione dell’indice delle settanta schede come se si trattasse dell’”elenco delle sette” italiane, schedate come più “cattive” di altre dal ministero dell’Interno, è dunque una semplice invenzione dei media. In questa sede, piuttosto che esaminare tutte le singole schede, sembra più interessante chiedersi quali siano le fonti di cui si è servito il rapporto.
Le fonti del rapporto
Dall’ampio riassunto dell’Introduzione che ho premesso, i lettori che hanno familiarità con le mie opere enciclopediche Le nuove Religioni (6) e Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo (7) si saranno già accorti che il rapporto segue piuttosto fedelmente l’impostazione di queste due opere — e spesso ne trascrive frasi o anche interi paragrafi —, con riferimento in particolare alla definizione dei “nuovi movimenti religiosi”, alla critica di definizioni diverse, alla distinzione in movimenti di origine cristiana, orientale e d’innovazione occidentali; alla ripartizione all’interno di ciascuna “famiglia” in sottogruppi. Le distinzioni all’interno dei movimenti di origine cristiana e le definizioni dei gruppi “avventisti”, “restituzionisti”, profetico-messianici, così come ulteriori sotto-distinzioni all’interno di queste categorie, sono sostanzialmente tratte da Le nuove Religioni. La stessa nozione di “nuovi movimenti magici” è stata introdotta nel dibattito accademico — nel 1990 — da Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo, e la distinzione in sottogruppi dei nuovi movimenti magici ripercorre fedelmente lo schema e l’indice di quel mio testo. Anche numerose schede di singoli movimenti — e tipologie, come quella dei diversi satanismi — sono tratte — talora quasi integralmente — dalle due opere citate, e da altre fonti del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni da me diretto. Un esempio è dato dalle schede relative alle varie branche dell’O.T.O., l’Ordo Templi Orientis (pp. 74-76) e al Sovrano Ordine del Tempio della Via della Luce (pp. 76-77), che riproducono testualmente, con poche varianti, parti dello studio di PierLuigi Zoccatelli, L’Ordo Templi Orientis in Italia: storie e significati (8). Questo non significa che la terminologia delle opere utilizzate sia sempre rispettata: per esempio le “piccole Chiese” di Le nuove Religioni diventano “false chiese” nel rapporto, e certamente in nessun lavoro del CESNUR si troverà, come sinonimo di “movimenti del potenziale umano”, l’espressione “psicosette”, nata in Germania con intenti polemici. Come ho accennato, il rapporto non comporta note bibliografiche, né bibliografia. Anche quando interi paragrafi sono desunti da opere del sottoscritto, di Zoccatelli o di altri, gli autori e i testi non sono citati (9). Trattandosi di un rapporto di polizia, e non di un libro destinato alla vendita al pubblico, né il CESNUR — che ben volentieri ha aperto le porte della sua biblioteca, per visite anche non brevi, a persone impegnate nella raccolta di materiale destinato al rapporto — né il sottoscritto hanno alcuna obiezione alla riproduzione, anche ampia, di propri scritti e testi. Si rallegrano, anzi, che gli stessi abbiano svolto una funzione informativa anche in questa particolare sede.
Beninteso, i testi di fonte CESNUR non sono gli unici utilizzati nel rapporto. Nella parte relativa al “lavaggio del cervello” il rapporto prende certamente una posizione contraria a quella più volte esposta in pubblicazioni del CESNUR e del sottoscritto, e descrive piuttosto le presunte strategie di manipolazione mentale delle “sette” nei termini consueti dell’ambiente anti-sette italiano e internazionale, con echi evidenti di scritti del professor Michele Del Re. Numerose schede sono dedicate a gruppi che non sono rubricati ne Le nuove Religioni o ne Il cappello del mago, al cui proposito le informazioni sono naturalmente tratte da fonti diverse; per alcuni piccoli gruppi sembra, per esempio, evidente l’uso di materiale del GRIS, il Gruppo di Ricerca e di Informazione sulle Sette. Vi sono inoltre alcune schede in cui gli estensori del rapporto hanno preferito utilizzare materiale giudiziario o fonti giornalistiche, spesso denunciate come tali. A proposito della Chiesa di Scientology lo schema della scheda, la più lunga del rapporto (pp. 44-52), segue sostanzialmente la lunga disamina della Corte d’Appello di Milano nella sentenza di condanna del 2 dicembre 1996, pure rilevando che la Corte di Cassazione nella sentenza n. 1329 del 1997 — che secondo il rapporto “[…] appare invero piuttosto innovativa” (p. 49) — ha cassato con rinvio la sentenza milanese, sottoponendola a una attenta critica praticamente su ogni punto. Così a proposito di Damanhur e dei Bambini di Dio/The Family, accanto al materiale tratto da Le nuove Religioni o da Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo, sono state utilizzate anche fonti giudiziarie e di polizia, mentre per quanto riguarda la Chiesa dell’Unificazione si fa esplicito riferimento a materiale che proviene “[…] dalle numerose campagne avverse condotte dai movimenti anti-sette” (p. 28). Il ricorso a fonti diverse, naturalmente, è anche causa di alcune contraddizioni, non del tutto sorprendenti quando si ha a che fare con documenti di polizia, che normalmente non sono stesi da un singolo paio di mani.
Una valutazione del rapporto
Contrariamente a quanto si potrebbe evincere da una lettura dei giornali che ne hanno parlato il 30 aprile 1998, il rapporto non è di per sé un documento anti-sette. La visione del mondo tipica dei movimenti anti-sette si fonda su tre pilastri principali. Il primo è la distinzione fra “sette” e “religioni”. Le “sette” non sono “religioni”, quindi non rientrano nell’ambito d’applicazione della libertà religiosa. È possibile distinguere fra “sette” e “religioni” ignorando completamente qualunque elemento di carattere dottrinale, ed esaminando semplicemente i comportamenti che rendono tale la “setta” e la differenziano dalla “religione”. Il secondo pilastro dell’edificio anti-sette è costituito dall’ipotesi del “lavaggio del cervello”. Il terzo consiste nel privilegio accordato sistematicamente, fra diverse narrative che informano sui nuovi movimenti religiosi e magici, a quelle elaborate dai movimenti anti-sette — sulla base di alcuni ex membri divenuti oppositori del movimento che hanno lasciato, e di altre fonti —, considerando invece d’importanza secondaria, se non sospetto, il lavoro degli studiosi (10).
Il rapporto, come si è visto, opera anzitutto la scelta — quanto alle fonti — di privilegiare, su quasi tutti i temi, il lavoro degli studiosi. Di conseguenza, sulla scia precisamente degli studiosi, nega la premessa principale della visione del mondo anti-sette. L’uso di preferenza dell’espressione “nuovi movimenti religiosi” piuttosto che “sette” non è casuale. È proposta una definizione piuttosto ampia di religione e di magia. Non è negata la natura religiosa dei movimenti presi in esame. L’espressione “nuovi movimenti religiosi” non è utilizzata soltanto come sinonimo politically correct di “sette” — in questo caso si tratterebbe semplicemente dell’uso di un eufemismo —, proprio perché fra i movimenti religiosi “nuovi” e quelli “tradizionali” il criterio di discriminazione non è visto nei comportamenti — anzi, le relative ipotesi di distinzione sono criticate — ma nelle dottrine, nei contenuti, nello sviluppo storico. Resta, certo, il credito accordato alla congettura del “lavaggio del cervello”. Nella pagina e mezza che il rapporto dedica a questa ipotesi — ripresa in tema di movimenti del potenziale umano, chiamati, anche qui non per caso, “psicosette” — il rapporto adotta in effetti una prospettiva anti-sette, che non va sottaciuta. Tuttavia, su tre pilastri della mentalità anti-sette due vengono di fatto abbattuti dal rapporto, per cui il terzo — il “lavaggio del cervello” — mostra piuttosto una natura residuale, e non sembra comunque in grado di sorreggere l’eventuale edificio che su di esso si volesse costruire.
Molte delle schede su singoli movimenti sono sostanzialmente accurate, oppure contengono soltanto errori di dettaglio che appaiono non essenziali per i fini del rapporto. Evidentemente un rapporto di polizia non deve essere valutato con i criteri che si userebbero per una tesi di laurea. Per molti movimenti — per esempio Nuova Acropoli, il Lectorium Rosicrucianum, l’AMORC, l’Antico e Mistico Ordine Rosae Crucis, ma lo stesso vale per molte altre schede — dal breve riassunto della dottrina, delle origini e di alcune pratiche rituali emerge con chiarezza che il gruppo non è oggetto di alcuna censura in ordine a presunte — o anche soltanto potenziali — attività pericolose o criminali. Questi gruppi potranno, certo, lamentare di essere stati inseriti in un rapporto che ha nel titolo un riferimento alle “sette”. Ma d’altro canto potranno trarre qualche motivo di soddisfazione dal fatto che la sorveglianza esercitata nei loro confronti da parte delle Questure non sembra aver evidenziato alcun elemento di critica o di censura.
Non mancano, qua e là, nelle schede e nelle osservazioni occasionalmente dedicate dall’Introduzione a singoli gruppi, sbavature di linguaggio e di sostanza. Per esempio — il che sembra confermare l’ipotesi di mani diverse al lavoro nella stesura del rapporto — per buona parte dell’Introduzione la parola “sette” è scritta sistematicamente fra virgolette, con evidente riferimento alle critiche degli studiosi che suggeriscono di utilizzare piuttosto l’espressione “nuovi movimenti religiosi”. Nelle schede si usa invece spesso “setta”, e perfino — a proposito di un movimento ufologico, Nonsiamosoli — “pseudo setta” (p. 83), espressione invero piuttosto singolare. Il rapporto cita la sentenza della Corte Costituzionale del 1981 che elimina dal nostro ordinamento il delitto di plagio, ritenendo — sostanzialmente — che si tratti di un crimine immaginario e inesistente; tuttavia nelle schede leggiamo talora che i membri di questo o di quel movimento sono “plagiati” (p. 89). Qualche volta le informazioni non sono aggiornate, il che può facilmente avvenire se si utilizzano testi come Le nuove Religioni e Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo, scritti rispettivamente negli anni 1988 e 1989. In particolare per quanto riguarda i Bambini di Dio, oggi chiamati The Family, il rapporto omette di segnalare che gran parte delle riprovevoli pratiche di tipo sessuale di cui dà conto (pp. 20-23) sono state progressivamente abbandonate nell’ultimo decennio. Il rapporto segnala l’azione avviata dalla polizia francese nel 1993 contro The Family, accusata di “reati contro la moralità pubblica e il buon costume” (p. 22), ma omette di segnalare che — dopo essere stati tenuti in stato di fermo per diversi giorni — tutti gli imputati sono stati in seguito prosciolti (11). È strano, inoltre, che siano citate ordinanze italiane contrarie a The Family, ma non la sentenza del Tribunale di Roma del 15 novembre 1991 — imputati Berg, Maffioli, Costantino, Eger e altri — che — dopo una lunga istruttoria su varie attività di The Family — assolse tutti gli imputati (12). Si deve aggiungere, a onor del vero, che da qualche anno opera in Italia — e in Venezuela — un gruppo scismatico, IES, Info Educative Service, che intende mantenersi fedele agli insegnamenti originari del fondatore di The Family, David Berg (1919-1994), in particolare in tema di sessualità, rifiutando i cambiamenti introdotti in epoca più recente. Questo gruppo diffonde — senza autorizzazione da parte di The Family, e in violazione dei suoi diritti d’autore — scritti di David Berg che risalgono a parecchi anni fa, e raccoglie in Italia offerte per le sue attività in Venezuela. Info Educative Service, protagonista di diverse vicende giudiziarie in Italia negli ultimi anni, può essere facilmente confuso con The Family — e di fatto lo è stato nel rapporto — ma è oggi una realtà completamente separata. Le informazioni su Damanhur — che insistono soprattutto su una vicenda giudiziaria aperta da diversi anni, di cui il movimento sollecita invano da tempo una rapida conclusione — descrivono una fase di sviluppo della comunità vecchia di almeno quattro o cinque anni (13). Per quanto riguarda la Chiesa di Scientology, la scheda sembra una mera ripetizione della vulgata anti-sette più corrente. Come accennato, l’impressione peraltro è che la scheda non derivi direttamente dalla letteratura anti-sette, ma che la stessa letteratura sia stata “mediata” dalla sentenza del 1996 della Corte d’Appello di Milano. Si può ipotizzare che il testo della scheda sia stato redatto prima della decisione della Cassazione del 1997 — piuttosto severa nei confronti della precedente sentenza milanese — e che i riferimenti — critici — a tale sentenza della Cassazione siano stati inseriti in un secondo tempo (14).
A proposito della Soka Gakkai — che non rientra tra i movimenti cui è dedicata una scheda — l’Introduzione osserva che “[…] appare molto distante (anzi, sembra sia stata addirittura “scomunicata”) dalla “casa madre” giapponese” (p. 15). Per la verità, il riferimento appare in un contesto che non è sfavorevole alla Soka Gakkai. Infatti, la presunta separatezza dalla “”casa madre” giapponese” giustifica la conclusione che, per la Soka Gakkai italiana, non sono ipotizzabili ambiziosi progetti d’influenza politica. L’informazione è peraltro inesatta, e sembra alludere a una vicenda più complessa. Sia la Soka Gakkai giapponese, sia quella internazionale — Italia compresa —, in quanto movimenti laicali buddhisti, si sono in effetti separate dall’ordine monastico, Nichiren Shoshu, a cui erano in origine affiliate (15). Seguaci dell’attuale classe dirigente dell’ordine monastico giapponese Nichiren Shoshu sono oggi presenti anche in Italia, con il nome di Hokke-ko o talora, semplicemente, di Nichiren Shoshu: si tratta di un gruppo diverso rispetto alla Soka Gakkai e in polemica con quest’ultima. Particolarmente infelice appare la dizione, utilizzata nella nota 1 dell’Introduzione, secondo cui i Branch Davidians “[…] si lasciarono morire” (p. 2) il 19 aprile 1993 nell’episodio di Waco. Vi sono infatti fondatissimi dubbi — che chiamano pesantemente in causa la responsabilità delle autorità americane — sul fatto che i Branch Davidians, in quello sventurato episodio, cercassero veramente la morte (16).
Anche per quanto riguarda la Chiesa dell’Unificazione (pp. 27-29) il testo non appare aggiornato agli sviluppi più recenti, in cui si assiste alla progressiva dissoluzione della Chiesa dell’Unificazione in quanto tale, sostituita da una rete di “federazioni” in linea di principio piuttosto culturali e interconfessionali (17). L’ASUMC, l’Associazione dello Spirito Santo per l’Unificazione del Mondo Cristiano, a cui dà rilievo centrale il rapporto (p. 27), è attualmente in liquidazione ed è stata sostituita nel 1997 da una diversa Associazione Chiesa dello Spirito Santo per l’Unificazione del Mondo Cristiano, una realtà formalmente diversa, che del resto — in conformità ai cambiamenti avvenuti su scala internazionale — non costituisce più il centro del movimento del reverendo Moon in Italia. Tale ruolo spetta oggi piuttosto alla Federazione delle Famiglie per l’Unificazione e la Pace nel Mondo. Alcune informazioni sono peraltro non solo “datate”, ma imprecise: per esempio, non è esatto che il reverendo Moon sia stato “[…] più volte accusato e processato di evasione fiscale” per le sue attività di “commercio di ginseng” e fabbricazione “di armi ad aria compressa” (p. 28). Il reverendo Moon è stato processato e condannato per evasione fiscale una volta sola negli Stati Uniti d’America, nel 1982, per un’evasione fiscale che non aveva nulla a che fare con le due fabbriche coreane citate nel rapporto (18). È strano, poi, che i membri italiani del movimento siano valutati in “circa 400” a pagina 28 e in “200” a pagina 29: contraddizioni simili si trovano anche in altre schede e sono indizi di collage operati a partire da fonti diverse.
Sussurri e grida: poliziotti, politici e giornalisti
La scheda sulla Chiesa dell’Unificazione elenca esplicitamente fra le sue fonti, come si è visto, le “campagne avverse condotte dai movimenti anti-sette” (p. 28) e offre l’occasione per qualche osservazione generale sul genere letterario del rapporto. Basta esaminare poche pagine del testo per rendersi conto che — nell’espletamento della propria funzione di polizia preventiva — i servizi italiani hanno raccolto e inventariato tutte le voci: probabili, verosimili e anche decisamente inverosimili. Sfogliando anche soltanto poche pagine si trovano di continuo espressioni come: “secondo alcune voci non verificate” (p. 56); “secondo fonti indirette” (p. 58); “secondo alcune segnalazioni” (p. 61); “oggetto di varie segnalazioni anonime” (p. 62). Frequente è anche il riferimento a un unico ritaglio di stampa di un unico organo d’informazione (pp. 100-102), che in alcuni casi è il solo elemento da cui si potrebbe evincere la stessa esistenza di un movimento, per esempio i Figli del Demonio, un fantomatico gruppo satanista di cui ha parlato nel 1997 un articolo del quotidiano La Padania (pp. 100-101). È del tutto normale che i servizi, svolgendo il loro lavoro, collezionino voci più o meno attendibili, dicerie e insinuazioni. Ma è importante che le voci non siano scambiate per informazioni attendibili, né le dicerie e le segnalazioni anonime siano prese per fatti.
I sussurri, invece, diventano grida, e anche il nulla può fare rumore quando un rapporto di polizia — indirizzato ad autorità che ne conoscono lo stile, gli scopi e i limiti — è dato in pasto alla stampa e trasformato in notizia da prima pagina. I media — portati, per loro natura, a sottolineare le informazioni più sensazionali — trasformano facilmente le voci in fatti, le insinuazioni in accuse. Per esempio, il 30 aprile 1998, molti quotidiani avevano in prima pagina titoli relativi al “rischio sette per il Giubileo del Duemila” mentre, come si è accennato, il rapporto tende piuttosto a minimizzare questo rischio. Altri quotidiani hanno pubblicato liste di “sette pericolose”, riproducendo semplicemente l’indice delle schede contenute nel rapporto, senza menzionare che molte delle schede non segnalano, per il gruppo preso in esame, alcun genere di pericolo. Quasi inevitabilmente i brani del rapporto più inclini a segnalare pericoli veri o presunti — su The Family, le “psicosette” o il “lavaggio del cervello” —, oltre a essere le parti più deboli del testo, sono anche quelle che hanno trovato più facilmente ospitalità sui mezzi di comunicazione. È vero — peraltro — che due dei tre maggiori quotidiani italiani hanno pubblicato, lo stesso 30 aprile e nella stessa pagina in cui compariva l’articolo sul rapporto, ampie interviste al sottoscritto che mettevano in guardia nei confronti di possibili “cacce alle streghe” e campagne anti-sette (19).
In una valutazione globale occorre quindi distinguere fra il rapporto del febbraio del 1998 e l’episodio mediatico che ne è stato ricavato alla fine del successivo mese di aprile. Il rapporto comporta alcuni errori e punti deboli: ci si può soprattutto rammaricare che conferisca un’aura di legittimità a teorie ampiamente screditate fra gli specialisti in tema di “lavaggio del cervello” (20) e di “psicosette”. Tuttavia, le ombre del rapporto non devono far dimenticare la presenza di luci. Il secondo capitolo del rapporto, relativo alla terminologia e alle classificazioni, è accurato ed esposto in modo brillante. Molte schede sono, quanto a precisione delle informazioni, del tutto accettabili, se si tiene conto della natura e del genere letterario del documento. I servizi d’informazione della polizia italiana, con questo rapporto, danno una lezione ai loro colleghi francesi e belgi quanto alla capacità di selezionare le fonti, di utilizzarle e di sintetizzarle. I nostri servizi hanno svolto quel minimo di “compiti a casa” e di studio della letteratura scientifica sul tema che è così clamorosamente mancato in Francia e in Belgio: e tutto questo senza aver a disposizione le possibilità, le risorse e i tempi di commissioni parlamentari.
Gravi riserve devono invece essere espresse sui tempi con cui il rapporto è stato messo a disposizione anzitutto di alcuni uomini politici e — di conseguenza — della stampa. I media hanno creato un evento che non c’era, e hanno dato in pasto al pubblico liste di “sette pericolose” facilmente interpretate come liste di proscrizione. Migliaia di cittadini italiani — membri di movimenti a cui il rapporto ha ritenuto di dedicare una scheda, spesso escludendo peraltro qualunque attività di natura criminale o pericolosa — rischiano di trovarsi, precisamente come avviene in Francia e in Belgio, additati al pubblico ludibrio o molestati a vario titolo sul posto di lavoro in quanto “membri di una setta”.
Ci si potrebbe chiedere, naturalmente, perché il rapporto è stato reso pubblico proprio il 29 aprile 1998, e proprio con certe modalità. Il problema non riguarda tanto l’attività delle agenzie di stampa e dei media — le cui accentuazioni sono, in una certa misura, normali e prevedibili — quanto la decisione, presa non si sa bene da chi, di trasmettere il rapporto a un certo numero di deputati. Se il mio lavoro — in analogia a quello dei servizi — consistesse nel raccogliere le voci e i “si dice”, analizzerei con attenzione le ipotesi — che sono circolate nei giorni successivi all’episodio — di contrasti interni alla maggioranza che sostiene l’attuale compagine governativa a proposito delle intese che il governo italiano si appresta a stipulare con l’Unione Buddhista Italiana e con i testimoni di Geova, ovvero a proposito del disegno di legge n. 3947 presentato dal governo Prodi il 3 luglio 1997 Norme sulla libertà religiosa e abrogazione della legislazione sui culti ammessi, in corso di discussione proprio mentre il rapporto è stato reso pubblico, o ancora — ma le possibilità non si escludono — di pressioni straniere. A proposito di quest’ultima ipotesi non sembra infatti impossibile che ambienti politici o di intelligence tedeschi o francesi — stanchi di essere criticati in sedi internazionali, da ultimo nel corso della discussione sul punto 18 dell’ordine del giorno nel corso della cinquantaquattresima sessione della Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra, dal 16 marzo al 24 aprile 1998, dove si elogia per contrasto la posizione più tollerante dell’Italia nei confronti delle minoranze religiose —abbiano fatto pressioni perché anche nel nostro paese si facesse finalmente “qualcosa”. Se così fosse si tratterebbe d’ingerenze non tollerabili, cui peraltro il rapporto stesso — che su punti sostanziali assume posizioni diverse rispetto alla produzione politica e poliziesca di altri paesi — offrirebbe elementi per rispondere e resistere. Quanto ai problemi di casa nostra la stessa rivista ufficiosa dell’UBI, l’Unione Buddhista Italiana, Paramita. Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo dava conto nel numero di aprile-giugno del 1998 di “[…] manovre per sabotare l’Intesa [fra governo italiano e UBI] e sovvertire l’UBI” (21), e rilevava come al centro di tali “manovre” si trovassero parlamentari della Sinistra Democratica i quali, in contrasto con altri esponenti dello stesso partito, opererebbero come referenti politici di una fazione del monachesimo buddhista italiano ostile all’intesa. Sullo sfondo — oltre alla fiera avversione di tale fazione per la Soka Gakkai, componente di maggioranza relativa del buddhismo italiano che peraltro non fa parte né ha mai chiesto di fare parte dell’UBI, con cui mantiene tuttavia una “proficua collaborazione” (22) — si delineano contrasti all’interno dello stesso monachesimo buddhista italiano che dividono in particolare i monaci di obbedienza tibetana, i quali pure in “maggioranza” — ma con il dissenso di una minoranza piuttosto attiva — hanno espresso “piena fiducia nell’UBI, nel suo Statuto e nel suo progetto di Intesa” (23). Lo scontro è fra una componente “clericale”, che considera legittimamente buddhisti solo i gruppi guidati da monaci che possono rivendicare un certo lignaggio — con i quali soltanto andrebbero dunque stipulate intese in Italia — e “sette” tutti gli altri gruppi, e una componente che riconosce invece legittimità anche a gruppi guidati da altri monaci o da laici. Un’analisi di queste vicende porterebbe lontano, e costringerebbe a esaminare fra l’altro gli echi in Europa e in Italia di controversie che oggi lacerano gli ambienti buddhisti tibetani della diaspora, e che hanno trovato un punto di coagulo nella complessa vicenda della venerazione della “divinità protettrice” Dorje Shugden, prima permessa e quindi vietata — anche sulla base del responso dei suoi oracoli — dal Dalai Lama, il quale è ora accusato dai fedeli di Dorje Shugden di violare i loro diritti e la loro libertà religiosa (24). L’attenzione che giustamente è portata a questo scontro intra-buddhista non deve peraltro fare trascurare un quadro più ampio, relativo a evidenti dissensi all’interno della attuale maggioranza di governo — del resto tradizionali nella sinistra non solo italiana — fra chi, nei rapporti fra lo Stato e le associazioni — religiose, ma non solo religiose —, preferisce un modello “libertario” e chi invece insiste sui controlli di polizia e sulle restrizioni.
Il lavoro dello studioso, tuttavia, è diverso da quello dei servizi e della polizia. Non consiste nel raccogliere insinuazioni e voci, ma nel proporre narrative il più possibile fedeli alla realtà dei fatti. Non sono peraltro estranee ai compiti dello studioso le ipotesi sul futuro e le previsioni. È probabile che, nei prossimi mesi, giornalisti e ambienti interessati a diffondere notizie sensazionali sul “lavaggio del cervello”, le “psicosette”, il satanismo — in realtà lodevolmente ridotto alle sue reali proporzioni dal rapporto — e ipotetiche “sette” di folli in marcia contro il Giubileo trarranno dal documento — ma soprattutto dalla relativa rassegna stampa — elementi che potranno a vario titolo sfruttare. Se si distingue — come fanno di solito gli specialisti — fra un movimento anti-sette d’ispirazione laicista e un movimento contro le sette d’ispirazione cristiana — con importanti differenze fra il primo e il secondo (25) — si deve rilevare come in Italia il movimento anti-sette abbia sempre avuto dimensioni estremamente ridotte. In un’atmosfera di crescente integrazione europea, il movimento anti-sette internazionale — che ha i suoi centri principali in Francia e in Germania — cerca, naturalmente, di esercitare la sua influenza anche in Italia. La modalità principale attraverso cui tale influenza si è finora esercitata, con qualche successo, è costituita dalla diffusione di tesi e scritti di movimenti anti-sette stranieri presso movimenti contro le sette cattolici italiani (26). Purtroppo, presso settori anche non marginali di questi gruppi cattolici, problemi psicologici e risentimenti personali sembrano talora prevalere su un accostamento pacato e ragionevole ai problemi. Si assiste così, per esempio, alla promozione da parte di cattolici di congetture in tema di “lavaggio del cervello”, non soltanto screditate dagli specialisti ma suscettibili di essere utilizzate — anzi, di fatto utilizzate — contro movimenti cattolici dal laicismo dominante (27). È probabile che l’evento mediatico costruito ad arte intorno alla diffusione del rapporto possa rinsaldare questi contraddittori e paradossali rapporti fra ambienti anti-sette laicisti stranieri ed esponenti cattolici italiani. È difficile, tuttavia, ipotizzare che in un contesto politico e culturale diverso da quello tedesco, francese o belga possa davvero nascere in Italia un movimento anti-sette vero nomine più numeroso ed efficiente di quello che ha operato fino a ora. Se i rapporti parlamentari francese e belga sono, per fare riferimento a un noto proverbio, pentole senza coperchi — giacché i loro errori, spesso francamente ridicoli, li hanno rapidamente screditati —, l’operazione politica e mediatica costruita intorno al rapporto italiano — da tenere rigorosamente distinta dal rapporto stesso — sembra piuttosto un coperchio senza pentola. Se sotto il coperchio costituito dalla campagna mediatica del 30 aprile 1998 — che è durata peraltro poco più di ventiquattro ore — chi ha interesse a farlo non riuscirà a costruire la pentola di un credibile movimento anti-sette italiano, l’evento che non c’era del 29 aprile rimarrà un isolato grido nella notte, come di cani che abbaiano alla luna. Si potrà allora rileggere il rapporto con il necessario distacco, e — senza mancare di segnalarne i punti deboli — mettere anche in rilievo quanto di positivo contiene.
Massimo Introvigne
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(1) Cfr. Ministero dell’Interno. Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Direzione Centrale Polizia di Prevenzione, Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia. Febbraio 1998. Le citazioni fra parentesi nel testo senza altro riferimento rimandano alle pagine di questo rapporto.
(2) Assemblée Nationale, Les sectes en France. Rapport fait au nom de la commission d’enquête sur les sectes, Les Documents d’Information de l’Assemblée Nationale, Parigi 1996; cfr. una critica nel mio “Sette” e “diritto di persecuzione”: le ragioni di una controversia, in Giovanni Cantoni e Massimo Introvigne, Libertà religiosa, “sette” e “diritto di persecuzione”. Con appendici, Cristianità, Piacenza 1996, pp. 59-116.
(3) Chambre des Représentants de Belgique, Enquête parlementaire visant à élaborer une politique en vue de lutter contre les pratiques illégales des sectes et le danger qu’elles représentent pour la société et pour les personnes, particulièrement les mineurs d’âge, 2 voll., Chambre des Représentants de Belgique, Bruxelles 1997; cfr. una critica nel mio Il ritorno dei giacobini: il rapporto della commissione parlamentare belga d’inchiesta sulle sette, in Cristianità, anno XXV, n. 269, settembre 1997, pp. 5-17.
(4) Cfr. la sentenza, inedita, in integro sul sito Internet del CESNUR: http://www.cesnur.org/Milano.htm.
(5) Cfr. la distinzione apparsa originariamente in Rodney Stark e William Sims Bainbridge, The Future of Religion. Secularization, Revival, and Cult Formation, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-Londra 1985, pp. 26-30. Cfr. un commento nel mio La questione della nuova religiosità. In appendice la relazione generale al Concistoro Straordinario del 1991 di S. Em. il card. Francis Arinze, Cristianità, Piacenza 1993, pp. 24-26. Il rapporto — che è totalmente privo di note bibliografiche — non cita esplicitamente l’opera di Stark e di Bainbridge. In recenti convegni scientifici, i due sociologi americani hanno peraltro invitato a utilizzare una modifica della loro terminologia del 1985 dove non compaia più la parola cult, che ha ormai un significato puramente dispregiativo.
(6) Cfr. il mio Le nuove Religioni, SugarCo, Milano 1989.
(7) Cfr. il mio Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo, SugarCo, Milano 1990.
(8) Cfr. PierLuigi Zoccatelli, L’Ordo Templi Orientis in Italia: storie e significati, in Idem (a cura di), Aleister Crowley. Un mago a Cefalù, Mediterranee, Roma 1998, pp. 105-127; e il medesimo studio, aggiornato al 1998, sul sito Internet del CESNUR: http://w ww.cesnur.org/oto.htm.
(9) L’unica nota che potrebbe sembrare “bibliografica” si trova a p. 16 dove — a proposito del numero di aderenti di nuovi movimenti religiosi e magici in Italia — si citano “[…] sondaggi demoscopici diretti dall’antropologa Cecilia Gatto Trocchi e compendiati nelle raccolte “I soldi del Diavolo” (marzo 1989) e “Notizie dal Mistero” (febbraio 1990)”. Il rapporto cita qui però i sondaggi come fatto piuttosto che i relativi testi come elementi di bibliografia. Fa riferimento, infatti, ai dattiloscritti originari che contenevano i risultati dei sondaggi e non alle successive opere a stampa di Cecilia Gatto Trocchi. Il testo osserva, peraltro, che i dati di queste ricerche non sono utilizzabili per valutare il numero di aderenti ai nuovi movimenti magici in Italia perché riguardano, al massimo, “[…] client cults, non […] cult movements veri e propri”.
(10) Su questi pilastri della visione del mondo anti-sette, cfr. i miei Il fantasma della libertà. Le controversie sulle “sette” e i nuovi movimenti religiosi in Europa, in Cristianità, anno XXV, n. 264, aprile 1997, pp. 13-26; e I culti negati, in Percorsi di politica, cultura, economia, anno II, n. 4, marzo 1998, pp. 38-45.
(11) Cfr. J. Gordon Melton, Dai Bambini di Dio a The Family, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997, dove si trovano anche informazioni accurate sulle vicende recenti di The Family.
(12) Cfr. ibid., p. 24.
(13) Cfr. informazioni aggiornate su Damanhur, in Luigi Berzano, Damanhur. Popolo e comunità, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1998.
(14) Tutto quanto riguarda la Chiesa di Scientology è normalmente oggetto, per diversi motivi, di notevoli controversie. Ricostruire i fatti in modo preciso è difficile, ma non impossibile: cfr. una prima introduzione al tema in lingua italiana, in J. Gordon Melton, La Chiesa di Scientology, trad. it., Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1998.
(15) Su queste vicende, cfr. Karel Dobbelaere, La Soka Gakkai, trad. it., Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1998.
(16) Su Waco, cfr. il mio Idee che uccidono. Jonestown, Waco, il Tempio Solare, Mimep-Docete, Pessano (Milano) 1995, pp. 37-61. Nel 1998 ha ottenuto la nomination per uno dei prestigiosi Academy Awards il documentario televisivo di Don e Amy Gifford Waco. The Rules of Engagement del 1997; cfr., per esempio, Kathy Walt, Oscar Spotlight May Provide Boost for Branch Davidians’ Credibility, in The Washington Times, 21-3-1998. Il documentario conferma la tesi di un incidente, se non voluto e programmato, almeno non evitato da agenzie governative che avrebbero potuto e dovuto agire diversamente.
(17) Sui primi passi di questi sviluppi, cfr. il mio La Chiesa dell’Unificazione del reverendo Moon, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997. La situazione è peraltro in continua evoluzione. Sulle origini della Chiesa dell’Unificazione, cfr. il mio Il reverendo Moon e la Chiesa dell’Unificazione, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1987.
(18) Cfr. il mio La Chiesa dell’Unificazione del reverendo Moon, cit., pp. 30-31.
(19) Cfr. “Ma attenti a non stilare le liste nere degli eretici”, intervista a cura di Marina Cavallieri, in la Repubblica, 30-4-1998; e “Una caccia alle streghe”, intervista a cura di Francesco Grignetti, in La Stampa, 30-4-1998; cfr. pure l’ampia intervista a cura di Roberto Gervaso, Parla il più grande esperto di sette: genitori attenti, i vostri figli si possono perdere dietro al Diavolo, pubblicata — con uno strano titolo del tutto estraneo al contenuto — in Il Messaggero, 4-5-1998, con inizio in prima pagina, che — salvo dove rovescia il senso di una risposta in tema di “plagio” — riporta fedelmente, e con dovizia di particolari, il mio punto di vista.
(20) Per quanto riguarda il carattere effettivamente screditato di queste teorie — messo in dubbio, ma con argomenti inconsistenti, da alcuni ambienti italiani —, cfr. il comunicato stampa del CESNUR Carta canta e villan dorme. Risposta a una polemica in tema di “lavaggio del cervello”, del 22 aprile 1998, disponibile sul sito Internet del CESNUR: http://www.cesnur.org/GRIS.htm.
(21) V. P. [Vincenzo Piga], Cronaca di un attacco al buddhismo italiano, in Paramita. Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo, anno XVII, n. 66, aprile-giugno 1998, pp. 3-5 (p. 4).
(22) Cfr. UBI e Soka Gakkai, ibid., p. 5.
(23) V. P. [Vincenzo Piga], art. cit., p. 3.
(24) Sulla vicenda relativa a Dorje Shugden essenziali sono l’articolo di David Kay, The New Kadampa Tradition and the Continuity of Tibetan Buddhism in Transition, in Journal of Contemporary Religion, vol. XII, n. 3, ottobre 1997, pp. 277-293, e il vol. VII, n. 3, primavera 1998, di Tricycle. The Buddhist Review, che comprende: uno schema della controversia (p. 59); gli articoli di Stephen Batchelor, Letting Daylight into Magic. The Life and Times of Dorje Shugden, pp. 60-66, e di Donald S. Lopez, Jr., Two Sides of the Same God, pp. 67-69; e due interviste dello stesso Donald S. Lopez, Jr., a Geshe Kelsang Gyatso, leader della New Kadampa Tradition (NKT) che intende continuare a venerare Dorje Shugden (pp. 70-76), e al fratello del Dalai Lama, Thubten Jugme Norbu (pp. 77-82). Per il contesto generale di questa vicenda — insanguinata nel 1997 da alcuni omicidi in India — cfr. D. S. Lopez, Jr., Prisoners of Shangri-La. Tibetan Buddhism and the West, University of Chicago Press, Chicago-Londra 1998. Cfr. pure i documenti sulla controversia nel sito Internet del CESNUR: http://www.cesnur.org/NKT.htm.
(25) Cfr. la distinzione nel mio Il sacro postmoderno. Chiesa, relativismo e nuova religiosità, Gribaudi, Milano 1996, pp. 142-156.
(26) Cfr. la mia appendice Movimenti anti-sette e ricerca scientifica, in G. Cantoni e M. Introvigne, Libertà religiosa, “sette” e “diritto di persecuzione”. Con appendici, cit., pp. 131-148; e il citato comunicato stampa del CESNUR, Carta canta e villan dorme. Risposta a una polemica in tema di “lavaggio del cervello”.
(27) A prescindere dalle considerazioni strettamente scientifiche in tema di “lavaggio del cervello”, questi ambienti dovrebbero riflettere sulle conclusioni cui sono giunti due esponenti fra i più autorevoli del movimento “contro le sette” evangelico, gli accademici canadesi Irving Hexham e Karla Poewe: “Rifiutiamo la nozione di lavaggio del cervello perché è fondata su una nozione dell’essere umano che nega la scelta e le responsabilità. La nozione di lavaggio del cervello è da un lato anticristiana, dall’altro contraria a tutta la tradizione occidentale filosofica, politica e sociale” (New Religions as Global Cultures. Making the Human Sacred, Westview Press, Colorado City-Oxford 1997, p. 10). Per i due specialisti evangelici canadesi le teorie del “lavaggio del cervello” sono anche “contrarie alla semplice decenza umana” e permetterebbero per esempio di sostenere che i criminali di guerra nazisti “[…] non erano responsabili delle loro azioni perché erano precisamente vittime di un lavaggio del cervello” (ibid.). Hexham e Poewe, nello stesso volume, mettono in luce come il problema del “lavaggio del cervello” non sia, in ultima analisi, psicologico e psichiatrico ma piuttosto giuridico e politico. In effetti le teorie del “lavaggio del cervello” sono semplicemente un’arma nelle mani di chi ritiene che lo Stato moderno debba esercitare non una minore, ma una maggiore sorveglianza nei confronti delle realtà associative di carattere religioso e spesso anche non religioso. I sostenitori di queste teorie, in altre parole, chiedono — semplicemente — più controlli statali sulla libertà dei singoli e delle associazioni, più Stato e meno libertà. Fermo il diritto dello Stato — che nessuno mette in discussione — di sorvegliare e di punire chi si rende responsabile di delitti comuni, mi permetto di chiedere ai cattolici tentati da ipotesi anti-sette da quale parte debba stare in questo dibattito il cattolico fedele alla dottrina sociale della Chiesa.