Massimo Introvigne, Cristianità n. 124-125 (1985)
Mons. Sandro Maggiolini, vescovo di Carpi (MO), I poveri e i nuovi poveri, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1985, pp. 24, L. 2.000
Mons. Sandro Maggiolini è nato a Bareggio, in provincia di Milano, il 15 luglio 1931. Si è formato e laureato in teologia nei seminari milanesi all’epoca dell’affermarsi della cosiddetta «scuola di Venegono» ed è stato ordinato sacerdote nel 1955. È stato docente presso l’Università Cattolica, direttore della Rivista del clero italiano, e – dal 1982 – vicario episcopale per la cultura della arcidiocesi di Milano. Nel 1983 è stato consacrato vescovo di Carpi, in provincia di Modena. Tra le sue opere più recenti vanno ricordate il catechismo per adulti Breve esposizione del Cristianesimo e gli opuscoli La preghiera nel Magistero di Giovanni Paolo II, Maria e la Chiesa, Ultimo giorno, La vita di ogni giorno (tutti pubblicati dalle edizioni Piemme, Casale Monferrato 1985), nonché la brillante e paradossale Apologia del peccato (Mondadori, Milano 1983).
Nel volumetto I poveri e i nuovi poveri – che riprende un saggio apparso nel numero di luglio-agosto 1984 della Nouvelle Revue Théologique (pp. 537-548) – mons. Sandro Maggiolini affronta la questione dei significati della parola «povero»: una parola, oggi, polisemantica, nel senso che accanto al significato più evidente ne ha assunto uno ideologico, che è poi scivolato a sua volta nel linguaggio comune contribuendo alla penetrazione inconscia della ideologia nella psicologia sociale. «Poveri», cioè, accanto al significato evidente di «persone in condizioni economiche disagiate» ha assunto, a partire dal marxismo classico, quello di «lavoratori salariati dell’industria». I due concetti di «povero», nota il vescovo di Carpi, non coincidono affatto: nella società contemporanea i lavoratori salariati «sono già “protetti” in una certa misura», mentre le persone nelle condizioni economiche più disagiate vanno cercate in altre categorie, come quelle costituite dai giovani disoccupati, dagli anziani, dalle famiglie numerose, e così via.
Il ritorno dal significato ideologico al significato economico della parola «povero» costituirebbe già un passo notevole verso la verità del linguaggio; ma non sarebbe ancora sufficiente. In una prospettiva cristiana la povertà non può essere ridotta alla povertà economica: «la “povertà” più radicale» – anzi – «consiste nell’assenza di ragioni per vivere in pienezza». Chi adotta un concetto economistico di povertà finisce per dimenticare intere vaste categorie di veri poveri: da quei malati o anziani che hanno diritto talora, «a risorse economiche sufficienti e a cure necessarie» e, di fatto ne godono, ma che, soffocati in strutture burocratiche o anonime, non sono «trattati come persone», fino al caso più radicale, quello degli «esseri umani che si vedono rifiutato addirittura il diritto a nascere e a vivere».
Mons. Sandro Maggiolini mette in luce, così, la categoria dei «nuovi poveri»: un’espressione oggi spesso usata in Europa per indicare i poveri creati dalla nuova rivoluzione tecnologica, ma coniata qualche anno fa negli Stati Uniti per indicare i poveri’ che l’opinione pubblica, i mezzi di comunicazione di massa e lo Stato non riconoscono come tali e che quindi finiscono per trovarsi nelle condizioni peggiori di tutte. Il vescovo di Carpi si serve dell’espressione «nuovi poveri» in un significato estensivo, riferendola a tutti coloro – singoli o gruppi – a cui viene negato il diritto «ad una propria originalità culturale» e all’autentica libertà. Si tratta, per esempio, dei genitori a cui non è di fatto riconosciuta «la libertà di scegliere la scuola e il tipo di educazione» per i propri figli; di coloro che vengono manipolati dal «terrorismo culturale» dei mass media – l’espressione è di Paolo VI -, spesso senza possibilità di difendersi; dei gruppi sociali a cui viene imposta una «cultura di Stato», finanziata e gestita dallo «Stato assistenziale» con lo spreco del pubblico denaro. Soprattutto, i «nuovi poveri» sono quelli che non sanno di esserlo: tutti coloro che la «dittatura esplicita e violenta» a Est, con la repressione poliziesca, ovvero la «dittatura dolce» a Ovest, con la manipolazione delle informazioni e della cultura, hanno costretto o convinto a rinunciare alla domanda sulle origini e sul destino dell’uomo e che, derubati dell’interrogativo più specificamente umano, si trovano quindi nella più radicale delle povertà.
Nella parte finale del volumetto mons. Sandro Maggiolini si interroga sulle ragioni culturali per cui prevale ancora una nozione ideologica di povero e per cui i «nuovi poveri» continuano a essere trascurati. La principale ideologia che deforma il concetto di povertà è ancora, secondo il vescovo di Carpi, il marxismo, che molti giudicano in crisi ma che in realtà «non ha ancor perso in molte zone la propria notevole capacità di incidenza», anche perché – e lo sa bene l’autore, Pastore in Emilia – conserva ancora «un “apparato” di potere tutt’altro che trascurabile». Accanto al marxismo è poi all’opera in Occidente una «ideologia individualistico-radicale», che tuttavia non va frettolosamente considerata come alternativa rispetto al marxismo, ma che piuttosto ne riprende e ne continua alcuni temi essenziali. Si tratta, secondo mons. Sandro Maggiolini, di una ideologia che presenta «indubbi legami alle tesi fondamentali del “marxismo ortodosso”», anche perché «alcuni elementi fondamentali del sistema dottrinale marxistico sono quasi insensibilmente penetrati nella mentalità che sta alla base di un certo efficientismo consumistico».
E i cattolici? Sono proprio loro a ripetere più spesso che occorre «scegliere i poveri» o «cominciare dagli ultimi»: ma «“iniziare dagli ultimi” è poco più di uno slogan, finché non si precisa chi siano questi “ultimi”». È necessario allora, al di là degli slogan, che i cattolici sappiano proporre una loro cultura e anche un loro linguaggio, radicati nel Vangelo e tesi alla prospettiva della «civiltà della verità e dell’amore»; mostrando anche, a chi è vittima delle ideologie, le vere cause storiche delle nuove povertà «il rifiuto della Chiesa ha portato al rifiuto di Cristo e al rifiuto di Dio con la conseguente cancellazione dell’uomo».
Massimo Introvigne