di Marco Invernizzi
«Si stima che in Italia la popolazione residente attesa sia pari, secondo lo scenario mediano, a 59 milioni nel 2045 e a 54,1 milioni nel 2065. La flessione rispetto al 2017 (60,6 milioni) sarebbe pari a 1,6 milioni di residenti nel 2045 e a 6,5 milioni nel 2065».
Sono parole del comunicato stampa diffuso dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) che confermano come l’inverno demografico sia già il presente, ma soprattutto il futuro del nostro Paese. Alleanza Cattolica lo ha ricordato durante la campagna elettorale con un convegno a Roma al quale parteciparono i leader del Centro-destra (gli altri non vollero venire), ma sembra rimasto un problema secondario. Per il Corriere della Sera del 4 maggio, il più diffuso quotidiano nazionale, la notizia che perderemo 6,5 milioni di abitanti nel 2065 merita una colonnina a pagina 18. Solo Avvenire, se non mi sbaglio, dedica alla notizia la prima pagina e due editorialidell’edizione dello stesso giorno. Quando va bene la notizia è riportata dai telegiornali accanto a tante altre, confondendo temi fondamentali per il futuro e l’identità della patria con altri al dire il meno futili, che durano lo spazio di un mattino. Non voglio dire che non sia importante fare un governo, ma mettere al centro dell’attenzione il fatto che gli italiani stanno scomparendo forse meriterebbe un po’ di attenzione in più. Certo, non è un nostro problema, e strettamente neanche dei nostri figli, ma se il mondo continua non passeranno due generazioni prima che il sistema rischi di implodere perché la carenza di giovani impedirà il sostentamento degli anziani in pensione.
E poi, che un mondo dove non nascono figli sia destinato a morire è una verità di fatto che meriterebbe di essere continuamente ricordata. Ma i nostri giornalisti preferiscono parlare o scrivere degli intrighi di palazzo, o dei soldi del presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump per fare tacere una pornoattrice, piuttosto che favorire una riflessione sul futuro demografico dell’Occidente.
Quanto agli uomini politici va anche peggio. In Italia, il Partito Democratico che alle elezioni europee di solo quattro anni fa prese il 40% dei voti, come ha ricordato per quattro anni il premier e segretario del partito Matteo Renzi senza aggiungere che votò solo il 57% degli italiani, oggi sta implodendo. Credo ci siano buone ragioni per non soffrire troppo di questa situazione, però una riflessione merita di essere fatta. Quando, dopo la fine dell’Unione Sovietica, nel 1991, il segretario del Partito Comunista Italiano, Achille Occhetto, compì la famosa “svolta della Bolognina”, dal nome del quartiere di Bologna che ospitava la sede storica del partito, ponendo fine al PCI per trasformarlo nel Partito Democratico della Sinistra, furono molti a piangere. Certo, anche allora, per chi non apparteneva alla storia del comunismo, c’erano buone ragioni per non soffrire per la scomparsa di un’ideologia che nel mondo era costata almeno 100milioni di morti. Eppure c’era qualcosa che andava oltre l’ideologia: c’era alle spalle uno sforzo, anche diabolico ‒ e bisogna sempre ricordare questo aspetto ‒, che durava da più di un secolo, se contiamo che il Manifesto del partito comunista di Karl Marx (1818-1883) e di Friedrich Engels (1820-1895) venne pubblicato per la prima volta nel 1848 e parzialmente tradotto in italiano solo nel 1889.
Oggi nulla di tutto ciò. Tutto appare gretto, mediocre, banale, pieno solo di rancore. Sembra che gli uomini politici sappiano soltanto litigare fra loro, ma senza che si capisca perché. In realtà nessuno è così ingenuo da non sapere che è il potere il motivo del litigio. Ma un potere fine a se stesso, come non accadeva nell’epoca delle ideologie, dove potere e ideologia si intrecciavano sempre.
Non ho nessun rimpianto per le ideologie, ma senza ideali non si costruisce nulla. Soprattutto senza quell’amore per le persone concrete, che il cristianesimo ha praticato per secoli, che è la base, in politica, del bene comune. Se ne ricordino gli altri partiti e movimenti, mentre guardano, sorridendo, il PD che muore.
Venerdì, 4 maggio 2018