Di Sergio Belardinelli da Il Foglio del 04/07/2023
Questa guerra ci sta estenuando. Non soltanto perché è tutt’altro che scontato che gli ucraini continueranno a resistere o riusciranno addirittura a ricacciare i russi fuori dei confini della loro terra. Ma soprattutto perché, in nome di trattative di pace che l’Europa dovrebbe instaurare anziché fornire aiuti militari all’Ucraina, ci stiamo autoflagellando inutilmente, perdendo di vista la realtà. In un articolo sul Domani del primo luglio, Mario Giro ha scritto che ci siamo assuefatti alla guerra, che non riusciamo ad andare oltre la retorica bellicista, mentre il mondo ci guarda ormai con crescente disgusto. Ma che significa? Se c’è qualcuno che ha molto da perdere in questa guerra siamo proprio noi europei: è una guerra in casa nostra, minaccia il nostro benessere, mette in fibrillazione le nostre economie, divide le nostre opinioni pubbliche. E saremmo così sprovveduti da continuare a fornire aiuti militari all’Ucraina, se solo ci fosse un’altra strada? Saremmo così criminali da preferire la guerra alla pace? A me sembrano domande surreali. Siamo in questa situazione perché un signore di nome Vladimir Putin ha deciso di invadere un altro paese sovrano a noi vicinissimo che si chiama Ucraina. Siamo in questa situazione, perché contrariamente a quanto molti si aspettavano, gli ucraini hanno deciso di combattere, di farsi massacrare, pur di non cedere ai russi invasori. Dobbiamo farne loro una colpa? Dobbiamo consigliare loro di arrendersi? Ci sarebbe piaciuta di più una loro rapida capitolazione? Oppure, visto che in fondo stanno combattendo anche per noi, il minimo che possiamo fare è continuare ad aiutarli?
Secondo Giro, in questo modo l’Europa e l’occidente rischiano di isolarsi dal resto del mondo che vorrebbe invece qualcos’altro. Ma che cosa si vorrebbe, di grazia? Che si dia a Putin ciò che desidera? O sarebbe forse più sensato, anche per il resto del mondo, augurarsi che Putin non l’abbia vinta? Oltretutto, lo ripeto, a morire in questa guerra sono soprattutto gli ucraini. Sarebbe più dignitoso abbandonarli al loro destino?
Qui non è questione di geopolitica guidata da questa o quella grande potenza, di unipolarismo, multipolarismo o altro. E’ in gioco una tragedia alla quale non si riesce a porre rimedio perché colui che l’ha innescata non vuole saperne. C’è stata forse una concreta iniziativa di pace da parte di chicchessia, alla quale l’Europa e gli Stati Uniti abbiano detto di no? Forse che a Mosca qualcuno ha dato segno di ascoltare le preghiere del Papa? Il problema, lo ripeto, è che gli ucraini, almeno fino a oggi, preferiscono farsi ammazzare pur di non cedere alla prepotenza russa. Se Putin domani decidesse di cessare il fuoco, si aprirebbe immediatamente una trattativa. Lui l’ha iniziata e lui può finirla questa guerra. Noi possiamo soltanto subirla, opporci con le armi che abbiamo (poche) sperando di farci meno male possibile. Significa questo, come ha scritto Mario Giro, voler rimanere “rinserrati nelle proprie ragioni”? Assolutamente no, poiché non dipende assolutamente dalla nostra volontà. Possiamo consolarci soltanto col fatto che sono buone ragioni e augurarci che qualcuno (soprattutto gli ucraini) continuino a difenderle senza soccombere. Né credo che i paesi del cosiddetto Sud Globale facciano una bella figura a non prender partito semplicemente perché in questo modo danno uno schiaffo agli Stati Uniti. Lo schiaffo lo danno agli ucraini, altro che! Per i quali tutte queste sono soltanto chiacchiere, animate magari da buone intenzioni, ma chiacchiere.
Detto ciò, spero che il cardinale Zuppi sia andato a Mosca, non per fare l’“anticonformista”, ma per chiedere a Kirill di fare pressioni su Putin affinché questi restituisca alle madri ucraine i bambini che i suoi soldati hanno rapito e ritiri le sue truppe dall’Ucraina. Che altro potrebbe avergli chiesto, se non che si creino le condizioni affinché russi e ucraini si siedano a un tavolo e trattino la pace? Ma questo è esattamente ciò che vogliono tutti gli europei; non può diventare un pretesto per dividere tra pacifisti e guerrafondai. Altrimenti a qualcuno, specialmente in Ucraina, potrebbe venire il sospetto che molti di coloro che dicono di volere la pace in realtà sperano che la guerra finisca il prima possibile con la sconfitta dell’Ucraina e non vedono l’ora di venire acclamati da Mosca, Pechino e da tutto quel bel mondo che gira loro intorno come i veri operatori di pace.