In Nicaragua continuano la persecuzione religiosa e la repressione civile del regime dittatoriale sandinista, guidato dal marxista catto-comunista Daniel Ortega (v. Il lupo sandinista perde il pelo, ma non il vizio del 2 ottobre 2022)
di Stefano Nitoglia
Occorre fare una premessa necessaria. Nel mese di aprile del 2018 scoppiarono in Nicaragua violente proteste contro il regime sandinista. Le proteste furono represse con estrema violenza: 355 i morti accertati. Si impedì ai medici di prestare soccorso persino ai feriti ricoverati in ospedale. La Chiesa cattolica, in quei tristi giorni, diede rifugio ai perseguitati e si adoperò per una soluzione negoziata della crisi. Apriti cielo! Il dittatore catto-comunista Daniel Ortega montò su tutte le furie, usando parole di fuoco contro i religiosi, bollandoli come «terroristi», «golpisti» e «demoni in sottana».
Da allora è stato un crescendo. Il vescovo ausiliario di Managua, mons. Silvio José Báez, fu costretto dal Vaticano ad espatriare per impedire che venisse ucciso. Il 9 luglio 2018 paramilitari sandinisti, scatenati dal dittatore, attaccarono vescovi e sacerdoti a Carazo. Il 13 e 14 luglio successivi ci fu un attentato alla chiesa della Divina Misericordia, a Managua, nel quale trovarono la morte due persone. Il 31 luglio 2020 fu incendiata l’immagine del Sangue di Cristo, di oltre 380 anni, nella cattedrale di Managua.
Nel marzo di quest’anno il governo sandinista ha ritirato il benestare al nunzio apostolico, mons. Waldemar Stanislaw Sommertag. Il 6 luglio 2022, 19 suore dell’ordine fondato da santa Teresa di Calcutta sono state esiliate in Costa Rica. L’ordine religioso (insieme a un centinaio di ONG) è stato poi soppresso dal parlamento del Nicaragua, controllato dal Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN), adducendo come pretesto che non pubblicava i propri rendiconti finanziari e non spiegava l’origine delle donazioni che riceveva. Il fatto ha provocato le proteste dell’arcivescovo di Managua, card. Leopoldo Brenes, che si è detto «profondamente» addolorato per la persecuzione delle Missionarie della Carità, le quali, ha detto, prestavano «assistenza ai più poveri»: la partenza delle suore ha lasciato indifesi «innumerevoli» nicaraguensi che hanno ricevuto riparo e cibo. Il provvedimento governativo contro le suore è stato definito dall’arcivescovo «una dichiarazione di odio per la Chiesa».
Il 13 luglio è stata vietata una processione con l’immagine pellegrina della Vergine di Fatima nella cattedrale di Managua. Nel primo trimestre del 2022, don Uriel Vallejos e don Harving Padilla, parroci delle chiese di Sébaco e Masaya, sono stati arrestati. Successivamente sono stati incarcerati altri tre sacerdoti: il 2 giugno il parroco della chiesa del Nazareno a Nandaime, a Granada; il 13 giugno mons. Leonardo Urbina, parroco del Perpetuo Soccorso a Boaco; il 14 agosto il parroco di Espiritu Santo a Malukuku. Nello stesso giorno la polizia ha impedito ai fedeli di accedere alla parrocchia di Santa Lucia a Ciudad Darío.
Il 1° agosto, il governo ha chiuso 6 stazioni radio cattoliche presso la sede di Matagalpa: Radio Hermanos, Radio Nuestra Señora de Lourdes, Radio Nuestra Señora de Fátima, Radio Alliens, Radio Monte Carmelo e Radio San José. Il 19 agosto è stata la volta del vescovo di Matagalpa, mons. Rolando Alvarez, arrestato e messo ai domiciliari nell’episcopio insieme al primo e al secondo vicario della cattedrale, mons. Luiz Diaz e mons. Sadiel Eugarros. Lo stesso trattamento hanno subito i sacerdoti don Oscar Escoto, parroco di Santa Maria di Guadalupe e don Ramiro Tijerino, rettore dell’Università Giovanni Paolo II, il religioso p. Raul Gonzalez e i seminaristi Darvin Leyva e Melkin Siqueira, insieme al cameraman Sergio Cardenas. I seminaristi sono stati condannati a pene di 5 e 30 anni.
Contro le persecuzioni hanno protestato l’Accademia dei leader cattolici, che ha promosso una petizione sottoscritta da più di mille firme; l’Onu, attraverso il suo Segretario Generale e l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, che ha condannato la nuova ondata di vessazioni contro i membri della Chiesa cattolica in Nicaragua; il CELAM (Conferenza degli Episcopati Latino-Americani) e le Conferenze episcopali di Bolivia, Cile, Costa Rica, Messico e Perù.
La repressione della dittatura comunista di origine castrista non si limita, però, alla sola Chiesa cattolica, ma si estende a tutte le realtà politiche, economiche e sociali che non si piegano al giogo di Ortega e della sua famiglia. Il 23 ottobre scorso Ileana Perez, presidente della sezione civile e di diritto familiare della Corte Suprema del Nicaragua, è stata costretta a presentare le dimissioni dopo essere stata arrestata il 18 ottobre, interrogata in carcere e poi rilasciata il 19 ottobre. Nello stesso periodo è stato arrestato il portavoce della Corte Suprema, Roberto Larios Melendes, accusato di «tradimento della patria». Ad entrambi sono stati tolti i passaporti. Queste iniziative in campo giudiziario sono attribuite alla moglie di Ortega, Rosario Murillo, che vorrebbe una “purga” del mondo giudiziario, e farebbero parte di una lotta tra fazioni all’interno del regime sandinista.
Il 13 ottobre il parlamento nicaraguense ha approvato un regolamento per il controllo di tutta la produzione cinematografica e audiovisiva del Paese, sia essa realizzata da società o privatamente. Il regolamento è stato preceduto dallo scioglimento della Nicaraguan Film Association, nell’aprile di quest’anno. Nel mese di settembre il regime ha ordinato la chiusura di oltre cento ONG, che, sommandosi a quelle chiuse in precedenza, arrivano alla cifra di quasi 2000.
Domenica, 27 novembre 2022