di Michele Brambilla
Mercoledì 20 maggio Papa Francesco prosegue il ciclo di udienze generali dedicate al tema della preghiera, osservando innanzitutto che «la vita, il semplice fatto che esistiamo, apre il cuore dell’uomo alla preghiera». Nell’uomo, infatti, la preghiera «[…] è strettamente legata con il sentimento dello stupore. La grandezza dell’uomo è infinitesimale se rapportata alle dimensioni dell’universo. Le sue più grandi conquiste sembrano ben poca cosa… Però l’uomo non è nulla», come sembra suggerire un versetto del Salmo 89 (Sal 89,48). È, invece, la più nobile delle creature perché fatta a immagine e somiglianza dello stesso Creatore.
«Niente esiste per caso», insiste il Papa: «il segreto dell’universo sta in uno sguardo benevolo che qualcuno incrocia nei nostri occhi». Il Salmo 8 «[…] afferma che siamo fatti poco meno di un Dio, di gloria e di onore siamo coronati (Sal 8,6). La relazione con Dio è la grandezza dell’uomo: la sua intronizzazione. Per natura siamo quasi nulla, piccoli ma per vocazione, per chiamata siamo i figli del grande Re!». «È un’esperienza», dice il Pontefice, «che molti di noi hanno fatto. Se la vicenda della vita, con tutte le sue amarezze, rischia talvolta di soffocare in noi il dono della preghiera, basta la contemplazione di un cielo stellato, di un tramonto, di un fiore…, per riaccendere la scintilla del ringraziamento».
Uno stupore sacro che sperimentò anche l’antico Israele: «quando viene redatto il grande racconto biblico della Creazione, il popolo d’Israele non sta attraversando dei giorni felici. Una potenza nemica aveva occupato la terra; molti erano stati deportati, e ora si trovavano schiavi in Mesopotamia», tuttavia lo sguardo sapeva ancora riconoscere l’impronta di Dio sulla Sua creazione: «gli uomini e le donne che pregano sanno che la speranza è più forte dello scoraggiamento. Credono che l’amore è più potente della morte, e che di certo un giorno trionferà, anche se in tempi e modi che noi non conosciamo».
Francesco osa definire il cattolico «portatore di gioia»: «tutti siamo portatori di gioia. Avete pensato questo? Che tu sei un portatore di gioia» in quanto testimone del Risorto, ovvero della più grande vittoria sul peccato e sulla morte? «Questa vita è il dono che Dio ci ha fatto: ed è troppo breve», in confronto all’eternità, «per consumarla nella tristezza, nell’amarezza. Lodiamo Dio, contenti semplicemente di esistere. Guardiamo l’universo, guardiamo le bellezze e guardiamo anche le nostre croci e diciamo: “Ma, tu esisti, tu ci hai fatto così, per te”».
L’imminente festa dell’Ascensione, che il Papa addita agli ascoltatori di lingua italiana (in Italia e in Vaticano sono riprese le Messe con il popolo, ma non è giunto ancora il momento di riconvocare le folle dei pellegrini in piazza San Pietro), ci sprona ad essere proprio testimoni gioiosi del Signore: «Gesù Cristo, ascendendo al cielo, lascia un messaggio e un programma per tutta la Chiesa: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni… insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28, 19-20). Far conoscere la parola di salvezza di Cristo, e testimoniarla nella vita quotidiana, sia il vostro ideale e il vostro impegno. A tutti voi la mia benedizione».
Giovedì, 21 maggio 2020