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Non si può legittimare un disordine morale

28 Aprile 1994 - Autore: Alleanza Cattolica

Giovanni Paolo II, Cristianità n. 227-228 (1994)

 

Non si può legittimare un disordine morale

 

Riflessione all’Angelus, del 20-2-1994, in L’Osservatore Romano, 21/22-2-1994. Titolo redazionale.

 

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Siamo entrati nella Quaresima dell’anno 1994, An­no della Famiglia, voluto dall’ONU e dalla Chie­­sa. Tra i compiti che, durante questo Anno, oc­corre mettere in evidenza in campo sia ecclesiale che civile vi è il consolidamento del legame familiare e della vera identità della famiglia. Per questa ragione la Lettera alle Famiglie, che verrà pubblicata martedì prossimo, 22 febbraio (1), è prima di tutto un invito alla preghiera per le famiglie e con le fa­miglie. Gli insidiosi at­tac­­chi contro la famiglia nella moderna civiltà edo­n­i­sti­ca, che, malgrado tutte le dichiarazioni sui diritti dell’uomo, è nella sostanza contraria al suo vero bene, non pos­sono essere respinti se non con la preghiera, il digiuno e l’a­mo­re vi­cen­­devole. Non mancano, certo, le famiglie che pre­gano per se stesse e per gli altri. In questo no­stro mondo, esposto a co­sì numerose minacce di ordine morale, si sta prov­viden­zial­men­te svi­lup­­­pando l’a­po­­­­stolato del­­le famiglie.

Purtroppo si devono registrare, proprio in questo Anno della Famiglia, iniziative propagandate da notevole parte dei mass media, che nella sostanza si rivelano «antifamiliari». Sono iniziative che danno la priorità a ciò che decide della decomposizione delle famiglie e della sconfitta dell’essere u­ma­­no — uomo o donna o figli. Vi si chiama, infatti, bene ciò che in realtà è male: le separazioni decise con leggerezza, le infedeltà coniugali non solo tollerate ma persino esaltate, i divorzi, il libero amore sono talora proposti come modelli da imitare. A chi serve questa propaganda? Da quali fonti essa nasce? «Ogni albero buono — osserva Gesù — produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cat­tivi» (Mt 7, 17). Si tratta, dunque, di un albero cattivo che l’umanità porta dentro di sé, coltivandolo con l’aiuto di ingenti spese finanziarie ed il sostegno di potenti mass media.

2. Il pensiero va qui alla recente e ben nota risoluzione approvata dal Parlamento Europeo. In essa non si sono semplicemente prese le difese delle persone con tendenze omosessuali, rifiutando ingiuste di­scri­­­minazioni nei loro confronti. Su questo anche la Chiesa è d’accordo, anzi lo approva, lo fa suo, giacché ogni persona umana è degna di rispetto. Ciò che non è mo­ralmente ammissibile è l’approvazione giuridica della pratica omosessuale. Essere comprensivi verso chi pecca, verso chi non è in grado di liberarsi da questa tendenza, non equivale, infatti, a sminuire le esigenze della norma morale (cfr. Veritatis Splendor, 95). Cristo ha perdonato la donna adultera salvandola dalla lapidazione (cfr. Gv 8, 1-11), ma le ha detto al tempo stesso: «Va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8, 11).

Questo dico con grande tristezza, perché tutti abbiamo grande rispetto della Comunità Europea, del Parlamento Europeo; conosciamo i tanti meriti di questa istituzione. Ma si deve dire che con la risoluzione del Parlamento Europeo si è chiesto di legittimare un disordine morale. Il Parlamento ha conferito indebitamente un valore istituzionale a comportamenti devianti, non conformi al piano di Dio; ci sono le debolezze — noi lo sappiamo — ma il Parlamento facendo questo ha assecondato le debolezze dell’uomo.

Non si è riconosciuto che vero diritto dell’uomo è la vittoria su se stes­­so per vivere in con­for­­­mità con la retta co­scien­­­za. Senza la fonda­men­­­tale consapevolezza del­­le norme morali la vi­ta umana e la dignità del­l’uo­mo sono esposte alla de­­cadenza ed alla distru­zio­­ne. Dimenticando la pa­rola di Cristo: «la veri­tà vi farà liberi» (Gv 8, 32), si è cercato di indi­ca­­re agli abitanti del no­stro Continente il male mo­rale, la deviazione, una certa schiavitù, co­me via di liberazione, fal­sificando l’essenza stes­­sa della famiglia.

Non può costituire una vera famiglia il legame di due uomini o di due donne, ed ancor meno si può ad una tale unione attribuire il diritto all’adozione di figli privi di famiglia. A questi figli si reca un grave danno, poiché in questa «famiglia supplente» essi non trovano il padre e la madre, ma «due padri» oppure «due madri».

3. Confidiamo che i Parlamenti dei Paesi d’Europa sapranno, su questo punto, prendere le distanze e, in occasione dell’Anno della Famiglia, vorranno proteggere le famiglie di antichissime società e nazioni da questo fondamentale pericolo. Non ci sono dubbi, però, che siamo in presenza di una terribile tentazione. La prima Domenica di Quaresima ci ricorda il Cristo che si è trovato faccia a faccia con l’eterno Tentatore dell’uomo e l’ha vinto: una vittoria che prean­nun­cia­va il trionfo pasquale mediante la croce e la risurrezione. Cristo dice a noi — a noi cristiani, a noi abitanti dell’Europa — che questo genere di male non si vince se non con la preghiera e il digiuno. Sì, non possiamo vincere questo male, questa minaccia in altro modo. Le uniche istanze a cui possiamo appellarci so­no la retta, la sana coscienza e il senso di re­sponsabili­tà delle nazioni, le quali non devono permettere che si distrugga la famiglia, perché da essa di­pen­de il futuro di ciascu­no di noi.

All’inizio della Quare­sima, la Chiesa ri­a­scolta la chiamata di Cristo e l’ac­coglie così co­me l’hanno accolta, un tempo, gli Apostoli. Smet­tiamo di essere uomini di poca fede e cerchiamo di diventare uomini di preghiera e di penitenza! «… Se non vi convertirete, perirete tutti» (Lc 13, 3), dice Cristo. Non sono parole pronun­cia­­te invano; hanno avuto già molte volte conferma nella storia. Non sap­piamo né il giorno né l’ora (cfr. Mt 25, 13)! La Quaresima ci serva al rinnovamento della nostra alleanza con Dio in Cristo. In Lui solo è la salvezza dell’uomo.

Giovanni Paolo II

 

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