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Sei italiani detenuti nelle carceri di Maduro: tra loro l’ex-deputato De Grazia e il giornalista Pilieri
di Marinellys Tremamunno
Il caso di Alberto Trentini, cooperante italiano arrestato in Venezuela, non è un episodio isolato. Con lui ci sono altri cinque connazionali detenuti dal regime di Nicolás Maduro, tra cui Americo De Grazia, ex deputato nato in Calabria, Biagio Pilieri, giornalista e dirigente politico siciliano, Daniel Echenagucia Vallenilla e Margarita Assenza.
L’informazione è stata resa pubblica in Italia dall’associazione “Venezuela: la piccola Venezia”, che dall’anno scorso segue la situazione in Venezuela. Nonostante in Venezuela i famigliari abbiano denunciato più di una volta la gravità della situazione, in Italia la Farnesina ha evitato di dare informazioni dettagliate su queste persone. Dopo tutto ciò, si può affermare che rimangono ancora sei italiani nelle carceri di Maduro, perché l’11 settembre il ministro Antonio Tajani ha informato il Parlamento che inizialmente i cittadini italiani detenuti erano nove – tutti arrestati dopo le elezioni del 28 luglio –, ma tre di loro (Vicente Scarano, Rita Capriti e Juan Manuel Allueva) erano poi stati liberati.
Ora bisogna capire perché il caso di Alberto Trentini ha avuto molto rilievo, così come l’arresto di Cecilia Sala in Iran. Lo stesso è successo per Giulio Regeni e Patrick Zaki: si è mobilitato il mondo, mentre gli altri italiani in Venezuela non fanno notizia in Italia. Forse proprio perché il ministro Tajani sminuisce la loro figura chiamandoli italo-venezuelani, come se avere la doppia cittadinanza facesse una qualche differenza.
Ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana, è fondamentale ricordare che i cittadini con doppia cittadinanza sono italiani a tutti gli effetti, con pari dignità e diritti. Il fatto di avere anche la cittadinanza venezuelana non li rende meno italiani. Per questo è opportuno fare appello al governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, e in particolare al ministro Tajani, affinché si battano per la liberazione non solo di Trentini, ma anche di Americo, Biagio, Daniel e Margarita, chiamandoli con i loro nomi e cognomi.
La repressione e il caso degli italiani
Dal 28 luglio scorso il regime venezuelano ha avviato una brutale campagna di repressione, con oltre 2.400 arresti arbitrari. Secondo l’ong “Foro Penal Venezolano” al 15 gennaio risultano ancora detenuti 1.687 prigionieri politici e tra di loro ci sono più di 150 persone con doppia cittadinanza.
In Venezuela basta poco per finire in prigione: trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, pubblicare un post-critico sui social o inviare un messaggio su WhatsApp. È quanto accaduto sia ad Alberto Trentini che al resto degli italiani.
Alcuni si trovano nel famigerato Helicoide, noto come il più grande centro di tortura dell’America Latina. Tra questi ci sono Americo De Grazia e Biagio Pilieri, due figure di spicco nella lotta per i diritti umani e politici in Venezuela.
Americo De Grazia sarebbe il più anziano degli italiani detenuti per motivi politici. Ha 65 anni, di cui oltre 26 dedicati alla politica e alla lotta costante per i diritti del popolo venezuelano. È stato sindaco del Comune di Piar per due mandati, deputato al Parlamento per due legislature e due volte consigliere regionale. Quando è stato arrestato, lo scorso 7 agosto, aveva un’infezione ai polmoni, oltre ad un bypass gastrico che lo obbliga ad assumere integratori alimentari.
Biagio Pilieri ha 59 anni e vanta oltre 30 anni di carriera politica. È un giornalista, nonché Coordinatore Nazionale del partito Convergencia (Democrazia Cristiana). È stato due volte consigliere comunale e una volta sindaco, Deputato del Consiglio Legislativo dello Stato di Yaracuy (CLEY) e per due mandati Deputato all’Assemblea Nazionale del Venezuela. Soffre di ipertensione arteriosa, problemi gastrointestinali, fibromialgia e deterioramento delle articolazioni.
Da evidenziare che in questi arresti si rileva un modello ricorrente di gravi irregolarità contro il diritto a un giusto processo, come ad esempio l’imposizione della difesa pubblica, che impedisce di avere avvocati privati per difendersi, il divieto assoluto di comunicare e il trasferimento in carceri di massima sicurezza, senza che le famiglie possano sapere dove sono detenuti i loro cari. Questi ultimi sono venuti a conoscenza del luogo di prigionia in modo non ufficiale, facendo il giro dei centri di detenzione e chiedendo ai poliziotti in portineria.
Non abbandonare i connazionali
L’arresto di cittadini stranieri in Venezuela fa parte di una strategia del regime volta a usarli come pedine di scambio, forse per ottenere il riconoscimento come governo dopo l’insediamento di Nicolas Maduro senza la presenza del mondo democratico. Gli unici presidenti presenti sono stati Miguel Díaz-Canel (Cuba) e Daniel Ortega (Nicaragua). Tuttavia, non possiamo permettere che il caso degli altri cinque italiani passi sotto silenzio per evitare negoziati.
Nicolas Maduro ha concluso il suo secondo mandato lo scorso 10 gennaio, con un bilancio di 22 prigionieri politici, morti a causa di torture, trattamenti crudeli e inumani, mancanza di assistenza sanitaria; tre di questi prigionieri sono stati arrestati dopo il 28 luglio e sono Jesús Manuel Martínez (36 anni), Jesús Rafael Álvarez (44 anni) e Oswual González (43 anni). Quindi le vite degli italiani arrestati in Venezuela sono obbiettivamente a rischio.
Infine, il governo italiano ha il dovere di proteggere i diritti di tutti i suoi cittadini, senza alcuna discriminazione. Una volta garantita la loro sicurezza e il loro ritorno in Italia, sarà possibile continuare a fare opposizione politica, ma senza mettere a rischio la vita dei nostri connazionali.
Giovedì, 23 gennaio 2025