I cattolici, secondo il Papa, devono risvegliare il proprio stupore sacro di fronte all’Eucaristia, Pane della vita, che si “immischia” nelle vicende umane e le riconsacra
di Michele Brambilla
«Nel Vangelo della liturgia odierna», spiega Papa Francesco ai fedeli dell’Angelus dell’8 agosto, Gesù prosegue l’esegesi della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Come dice il Pontefice, le persone che sono state testimoni oculari del prodigio sono invitate a fare un “salto di qualità” nella loro fede, riconoscendo che «Io sono il pane della vita» (Gv 6,48).
Il Papa si chiede: «che cosa significa pane della vita? Per vivere c’è bisogno di pane. Chi ha fame non chiede cibi raffinati e costosi, chiede pane. Chi è senza lavoro non chiede stipendi enormi, ma il “pane” di un impiego. Gesù si rivela come il pane, cioè l’essenziale, il necessario per la vita di ogni giorno, senza di Lui la cosa non funziona». Rimarca: «non un pane tra tanti altri, ma il pane della vita. In altre parole, noi, senza di Lui, più che vivere, vivacchiamo: perché solo Lui ci nutre l’anima, solo Lui ci perdona da quel male che da soli non riusciamo a superare, solo Lui ci fa sentire amati anche se tutti ci deludono, solo Lui ci dà la forza di amare, solo Lui ci dà la forza di perdonare nelle difficoltà, solo Lui dà al cuore quella pace di cui va in cerca, solo Lui dà la vita per sempre quando la vita quaggiù finisce».
Gesù, osserva il Santo Padre, «avrebbe potuto fare un ragionamento, una dimostrazione, ma – lo sappiamo – Gesù parla in parabole, e in questa espressione: “Io sono il pane della vita”, riassume veramente tutto il suo essere e tutta la sua missione. Lo si vedrà pienamente alla fine, nell’Ultima Cena. Gesù sa che il Padre gli chiede non solo di dare da mangiare alla gente, ma di dare sé stesso, di spezzare sé stesso, la propria vita, la propria carne, il proprio cuore perché noi possiamo avere la vita. Queste parole del Signore risvegliano in noi lo stupore per il dono dell’Eucaristia». Un dono straordinario, per niente scontato: «nessuno in questo mondo, per quanto ami un’altra persona, può farsi cibo per lei. Dio lo ha fatto, e lo fa, per noi. Rinnoviamo questo stupore. Facciamolo adorando il Pane di vita», raccomanda, «perché l’adorazione riempie la vita di stupore», come sa bene chi sosta assiduamente davanti al tabernacolo o all’ostensorio eucaristico.
La folla del I secolo e i nostri contemporanei hanno in comune il difetto di pensare che «“questo Gesù noi lo conosciamo, conosciamo la sua famiglia, come può dire: Sono il pane disceso dal cielo?” (Gv 6,41-42). Anche noi forse ci scandalizziamo: ci farebbe più comodo un Dio che sta in Cielo senza immischiarsi nella nostra vita, mentre noi possiamo gestire le faccende di quaggiù». Dio, invece, si è voluto “immischiare” nelle vicende umane, si è addirittura incarnato. «Gli possiamo raccontare gli affetti, il lavoro, la giornata, i dolori, le angosce, tante cose. Gli possiamo dire tutto perché Gesù desidera questa intimità con noi», suggerisce il Pontefice. Sacramenti e sacramentali servono per ri-consacrare la nostra vita quotidiana, pertanto «almeno una volta al giorno ci troviamo a prendere cibo insieme; magari la sera, in famiglia, dopo una giornata di lavoro o di studio. Sarebbe bello, prima di spezzare il pane, invitare Gesù, pane di vita, chiedergli con semplicità di benedire quello che abbiamo fatto e quello che non siamo riusciti a fare. Invitiamolo a casa, preghiamo in stile “domestico”. Gesù sarà a mensa con noi e saremo sfamati da un amore più grande».
Lunedì, 9 agosto 2021