Articolo originariamente apparso su Public Discourse. The Journal of the Witherspoon Institute, del 27-8-2024, con il titolo Beyond the Crises in the Church: Pope Benedict XVI’s Pontificate and the Reason for Hope, in occasione della pubblicazione della versione inglese (St. Augustine’s Press, 2024) dell’opera di don Roberto Regoli, Oltre la crisi della Chiesa. Il pontificato di Benedetto XVI, Lindau, Torino 2016. Note e inserzioni fra parentesi quadre sono redazionali.
Marianna Orlandi, Cristianità n. 428 (2024)
Essendo fra coloro che hanno ritrovato la propria strada all’interno della Chiesa cattolica solo dopo essere stati delusi dalla versione secolarizzata e annacquata del cristianesimo che domina in Europa, ammetto che potrei essere stata «programmata» per amare un libro che approfondisce il pontificato di Benedetto XVI [2005-2013]. Con la sua profonda riflessione su fede e ragione, questi è stato il Papa-filosofo che mi ha aiutato a fare in modo che io possa salvare la mia anima.
«Beyond the Crises in the Church»,«Oltre la crisi della Chiesa», invero, è molto più di un libro di storia ecclesiastica. Il volume valuta gli otto anni di un papato costretto ad affrontare molteplici crisi: dagli scandali degli abusi sessuali ai problemi del terrorismo, da «Vatileaks» alle accuse di riciclaggio di denaro. Il suo autore, Roberto Regoli, sacerdote e professore di Storia Contemporanea della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, non si esime dal discutere difetti, mancate opportunità e persino errori del Papa tedesco. Valutando l’intero pontificato, dall’elezione alle sue dimissioni, il libro attribuisce al primo Papa emerito della storia i meriti che spesso gli vengono negati e riporta ripetutamente la nostra attenzione sulle intuizioni filosofiche di Joseph Ratzinger [1927-2022]. Così facendo, ci aiuta anche ad apprezzare e a meglio comprendere l’impatto di questo Papa sugli intellettuali a lui contemporanei.
Il papato di Benedetto XVI, in effetti, ha parlato a leader, figure religiose e studiosi onestamente impegnati nella ricerca terrena della giustizia. Concentrandosi sui «perché»delle leggi molto più che sui «come»delle politiche, Benedetto XVI ha risvegliato molte coscienze, riorientando diverse menti verso quei concetti trascendenti di bellezza, bontà e verità che la modernità aveva cercato di affossare. A livello globale, ha riportato le questioni teologiche al centro dei dibattiti pubblici, costringendo i teorici dei diritti umani a rispondere alle più serie domande riguardo a fonti e portata di questi diritti e della legge in generale. Costantemente ha ricordato i pericoli del relativismo ed è stato brutalmente onesto in merito all’incompatibilità della dignità umana con la reificazione dei nostri corpi.
Negli accurati e dettagliati resoconti storici di Regoli ogni onesto lettore può trovare motivi per riconoscere e apprezzare sia le capacità intellettuali dello studioso diventato Papa, sia l’umiltà soprannaturale che ha accompagnato e ha guidato il suo ministero fino agli ultimi giorni. Ma Regoli è uno storico. Per questo motivo non ci troviamo davanti a un libro «a favore» o «contro» il Papa attuale o quello precedente. Come l’autore afferma più volte, il suo volume non fornisce e non può fornire una «valutazione generale» del pontificato. È troppo presto per farlo, suggerisce. Come nota Regoli, sia nel libro che in un saggio pubblicato su First Things nel 2023, i contemporanei di un Papa possono spesso sbagliarsi — e sbagliarsi di grosso — sui meriti o sui demeriti del suo pontificato (1). Così fu nel caso di Gregorio VII [1073-1085], oggi santo, ma morto in esilio a Salerno. Mille anni dopo, egli è ricordato e conosciuto come un «pontefice riformatore, […] che affrontò la crisi ecclesiale della sua epoca» (2), e il suo pontificato è considerato il «più importante di tutto il secondo millennio cristiano» (3). Si potrà forse fare un ragionamento simile per Papa Benedetto XVI, il quale fin dalle sue dimissioni nel 2013, e fino alla sua morte nel 2022, «non è stato in esilio, ma è stato nascosto almondo» (4) e che, anche prima del 2013, non necessariamente ottenne l’amore o il sostegno dei media o del grande pubblico? Solo il tempo lo rivelerà.
Nel frattempo, questo volume può aiutare i più critici nei confronti dell’attuale o dei precedenti papati — e di qualsiasi tipo di politica interna ed esterna della Chiesa — a cogliere la complessità di un’istituzione che, pur essendo di natura e missione religiose, ha un numero di relazioni diplomatiche (e molto terrene) quasi pari a quello degli Stati Uniti d’America. Nel 2011, riferisce Regoli, gli Stati Uniti avevano legami diplomatici con 188 nazioni; la Santa Sede con 177 (5). Attraverso queste pagine, inoltre, impariamo quanto le personalità, le passioni, i talenti, le inclinazioni e i notevoli limiti degli uomini che dedicano la loro vita alla missione della Chiesa continuino a giocare un ruolo profondo al suo interno.
Certo, le verità religiose hanno una qualità eterna. Ma i loro «successi» e «fallimenti» storici sono inscindibili dagli esseri umani cui sono affidate. Il fatto che la Chiesa attuale preferisca concentrarsi maggiormente sulla giustizia sociale o sulla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, inoltre, non dipende solo da chi eserciti, di volta in volta, il ministero petrino. Prelati, segretari, nunzi e leader politici delle nazioni svolgono tutti un significativo ruolo nella vita della Chiesa e, come apprendiamo da questo libro, alcuni di essi aiutarono Papa Benedetto; altri no.
Soprattutto nei capitoli iniziali l’Autore ci aiuta a cogliere l’importanza che la politica curiale e quella vaticana rivestono sia prima sia dopo l’elezione papale. I dettagliati resoconti di Regoli, a volte quasi giornalistici, dimostrano in tal senso come i conclavi non siano molto diversi da elezioni secolari. Sebbene lo Spirito Santo «guidi» il conclave, come sostiene la maggior parte dei cattolici, il Papa stesso osservava nel 1997 come «il ruolo dello Spirito Santo dovrebbe essere compreso in senso molto più elastico, e non come se dettasse il candidato per il quale votare. Probabilmente l’unica certezza che offre è che non si possa rovinare il tutto» (6).
Scopriamo così l’esistenza di «fazioni» e quanto sia importante per ogni nuovo Papa nominare le persone giuste ai giusti uffici. E scopriamo anche molto presto come Papa Benedetto, sotto questo profilo, fosse tutt’altro che perfetto. Verso la fine del suo pontificato egli stesso ammise: «Qui in realtà sono più un professore, uno che riflette e medita sulle questioni spirituali. Il governo pratico non è il mio forte e questa è certo una debolezza» (7).
In termini di debolezze, la maggior parte delle persone ricorda il caos che il suo discorso del 2006 a Ratisbona creò nel mondo islamico, quando Benedetto XVI citò le parole di un imperatore bizantino non particolarmente generoso nei confronti dell’islam. Le reazioni andarono dalle manifestazioni alle chiese saccheggiate, fino alla richiesta di pubbliche scuse da parte dei leader islamici. Papa Benedetto, evidentemente, non era abituato all’attenzione costante dei media e alcuni leader occidentali reagirono mantenendo le proprie distanze. Regoli, a questo proposito, indica come questo caos si sarebbe potuto evitare o, meglio, governare, non tanto con un Papa migliore, ma con un segretario di Stato più esperto. Per questo importante ruolo Papa Benedetto aveva scelto il cardinale Tarcisio Bertone, un caro amico di «provata sintonia e fedeltà» (8), ma un uomo nuovo al mondo diplomatico che negli anni finì spesso per deludere le aspettative dei delegati di altri Paesi. In effetti, nota l’Autore, «il cambio numeroso dei vertici segue o è concomitante alla crisi mediatica o di governo del pontificato» (9), aprendo con ciò la strada a una serie di passi falsi pontifici che vengono descritti nel libro.
Un gran numero di cattolici (autodefiniti tali) riferisce oggi di credere in Cristo, «ma non nella Chiesa». Nella nostra società iper-individualistica, molte persone affermano di volere un Dio molto personale, una religione mista e un intermediario di propria scelta — se mai uno ve ne debba essere — fra noi e Lui. Pretendiamo, inoltre, che questo intermediario sia, o almeno sembri, impeccabile. Il cattolicesimo, tuttavia, è unico proprio in quanto non si prefigge di individuare pastori perfetti. I cattolici credono che la Chiesa sia un veicolo di salvezza non nella sua veste di istituzione umana, ma in quanto istituzione divinamente ispirata. È in virtù di grazia e misericordia divine, e non per i nostri sforzi, che possiamo sperare nella vita eterna. E nessun Papa, per quanto giusto, ortodosso, caritatevole o politicamente abile, sarà mai in grado di resuscitare alcuno di noi dalla morte. Anche se umanamente deludente, il fatto che Papa Benedetto, o i suoi successori, non siano perfetti è proprio il motivo per cui abbiamo bisogno della Chiesa.
Detto questo, Papa Benedetto fece molte cose buone durante i suoi otto anni in Vaticano. Oltre alle sue riflessioni filosofiche su fede e ragione e su carità e verità, si era reso conto di come la crisi di fede dell’Occidente fosse correlata al contemporaneo «[…] crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita “etsi Deus non daretur”: come se in essa non importasse più se Dio c’è e se ci parla e ci ascolta» (10). A questo proposito, fu merito di Benedetto se — a partire dal suo predecessore — gli ultimi due decenni sono stati testimoni di un rinnovamento e di un abbellimento delle liturgie, di un recupero dell’uso del latino e del canto gregoriano e di un amore sempre maggiore per l’arte e l’architettura sacra. E, al tempo stesso, Papa Benedetto non «scelse» una liturgia piuttosto che un’altra. Egli lodava l’uso del latino e ne ha incoraggiato l’insegnamento e l’uso nei seminari, pur non ravvisando alcuna contraddizione fra l’approvazione, il sostegno e la difesa della cosiddetta forma straordinaria e l’ammissione degli usi del Cammino neocatecumenale. Con lui, la Chiesa era veramente cattolica-universale, con spazio per tutti.
La capacità di Papa Benedetto di unire diverse sensibilità cristiane si rispecchiava nella sua strategia politica ecclesiale. Con tre gruppi diversi — lefebvriani, anglicani e ortodossi — ottenne cospicui frutti. Nel 2009, Benedetto XVI sciolse dalla scomunica quattro vescovi che erano stati ordinati illecitamente dall’arcivescovo Marcel Lefebvre [1905-1991] e permise un uso più ampio del Messale di Giovanni XXIII [1958-1963] che era stato abbandonato dopo il Concilio Vaticano II [1962-1965]. Rispetto all’anglicanesimo, fu il Papa che nel 2009 creò gli ormai comuni «ordinariati», rendendo possibile a intere comunità anglicane di entrare in piena comunione con la Chiesa di Roma. Egli continuò e rinnovò il dialogo con la Chiesa ortodossa, una comunità che, come la Chiesa cattolica, è determinata a resistere alla modernità e alle sue aberrazioni etiche.
Attualmente, una delle maggiori crisi della Chiesa — almeno dall’interno — sembra consistere nelle divisioni fra cattolici con sensibilità diverse, liturgie diverse e priorità politiche, culturali e morali diverse. Sebbene alcune di queste siano davvero inconciliabili, il libro di Regoli ci ricorda che lo Spirito Santo è costantemente all’opera e che la Chiesa ha superato numerose crisi, anche nel recente passato. Infatti, fra i racconti dell’autore su un pontificato particolare e molto significativo non si nascondono soltanto fatti e informazioni che solo un professore di storia della Chiesa potrebbe inserire in un libro. L’intera narrazione è altrettanto piena di speranza, una virtù rara, ma che dovrebbe motivare tutti i membri della Chiesa, anche e soprattutto in tempi di crisi.
Marianna Orlandi
Note:
1) Cfr. Roberto Regoli, The Legacy of Benedict XVI, 18-12-2023, nel sito web <https://www.firstthings.com/web-exclusives/2023/12/the-legacy-of-benedict-xvi> (gli indirizzi Internet dell’intero articolo sono stati consultati il 19-9-2024).
2) Idem, Oltre la crisi della Chiesa. Il pontificato di Benedetto XVI, cit., p. 421.
3) Ibidem.
4) Idem, The Legacy of Benedict XVI, cit.
5) Idem, Oltre la crisi della Chiesa. Il pontificato di Benedetto XVI, cit., p. 334.
6) Ibid., p. 13. Il riferimento è a un’intervista resa dal card. Ratzinger a un’emittente televisiva bavarese, citata in John L. Allen, Jr., Papal negative campaigning and the role of the Holy Spirit, in National Catholic Reporter, 15-4-2005, nel sito web <https://www.nationalcatholicreporter.org/update/conclave/pt041505c.htm>.
7) Benedetto XVI, Ultime conversazioni, a cura di Peter Seewald, trad. it., Garzanti, Milano 2016, p. 221.
8) Cit. in R. Regoli, Oltre la crisi della Chiesa. Il pontificato di Benedetto XVI, cit., p. 65.
9) Ibid., p. 70.
10) Cit. ibid., p. 130.