Come d’incanto, un giorno qualsiasi, i media hanno “scoperto” che in Italia non nascono più bambini, finalmente prendendo sul serio e dando rilievo ai numeri che l’Istat pubblica regolarmente da anni sull’inverno demografico calato ormai da decenni sul Paese.
I numeri sono noti, ma vale la pena ricordarli. Dall’inizio della crisi economica del 2008 al 2016 sono nati 100mila bambini in meno, scriveva Il Sole 24 ore il 29 novembre. Molti sono stati uccisi prima della nascita con l’aborto, molti non sono nati perché tante coppie hanno rinunciato ad avere figli, oppure si fermano al figlio unico, ma il risultato è questo: l’Italia è destinata a una progressiva riduzione della popolazione. Un mondo che muore, in ultima analisi.
Come capita in queste circostanze, bisogna interpretare i fatti. E allora i principali editorialisti dei quotidiani, nonché i telegiornali, ricordano quanto risaputo e cioè che in Italia non è mai stata fatta una politica a favore della famiglia né durante la cosiddetta “prima repubblica” né tantomeno negli ultimi anni.
La Democrazia Cristiana non ha mai creduto nella famiglia come cellula fondamentale della società e quindi come fondamento politico della nostra civiltà. Per molti cattolici, dimentichi del Magistero della Chiesa, la famiglia era il luogo degli affetti, e poco più. L’attacco culturale della rivoluzione antropologica del “Sessantotto” ci ha trovato impreparati anzitutto a capire, quindi a rispondere. Il beato Papa Paolo VI (1897-1978) intuì la portata dello scontro e con la lettera enciclica Humanae vitae nel 1968 cercò di porre le basi per rimediarvi, ma venne contestato anche dentro la Chiesa. Ci volle il grande insegnamento di san Giovanni Paolo II (1920-2005) su amore, sessualità e famiglia per fornire di contenuti importanti la resistenza contro il processo di disgregazione della famiglia, ma intanto il danno culturale era penetrato profondamente nel cuore della società.
Oggi, pochi intellettuali e uomini politici credono ancora veramente nella centralità della famiglia. E così il declino demografico è andato inesorabilmente peggiorando di anno in anno, senza che venissero prese iniziative politiche ed economiche importanti a sostegno della natalità.
In questo modo in Italia il tasso di natalità per ogni donna è l’1,27 quando il ricambio generazionale si raggiungerebbe a 2,1. Meglio di noi stanno facendo Paesi ben più laicisti, come la Francia e l’Europa Settentrionale.
Peraltro, più che politico il problema è culturale. Lo hanno compreso alcuni commentatori, come Antonio Polito sul Corriere della Sera, senza arrivare però al cuore del problema. Bisognerebbe infatti avere il coraggio di mettere in discussione la cultura dominante dal 1968 in poi, che ha separato il sesso dalla trasmissione della vita, che concepisce la famiglia come la somma di individui singoli in competizione tra loro e non la capisce come comunione fra persone basata sull’amore oblativo, che disprezzando il principio d’autorità ha distrutto la figura del padre all’interno della famiglia.
Le politiche pro family servono eccome, ma non si può risolvere veramente il problema senza un esame di coscienza culturale.
Certo, questo non si può imporre, ma va almeno ricordato. Senza una grande speranza non nasce un grande desiderio, come è quello che porta a decidere di costituire una famiglia. Ed è proprio la speranza che manca, la speranza di riuscire a mantenere una famiglia, ma soprattutto la speranza che Dio esiste e che non abbandona mai gli uomini. Una speranza che può nascere solo dalla fede. Questa speranza è scomparsa in ampie fasce della popolazione negli ultimi 50 anni, soprattutto in quella generazione che ha educato quei giovani che oggi dovrebbero costituire nuove famiglie ma che non lo fanno, anche per i cattivi esempi ricevuti da cattivi maestri.
Sabato 27 gennaio 2018, a Roma, Alleanza Cattolica e il Comitato Difendiamo i Nostri Figli organizzano un convegno sull’inverno demografico a cui partecipano studiosi del fenomeno e a cui sono stati invitati i leader dei diversi schieramenti politici affinché presentino i loro progetti per affrontare il problema, qualora dovessero essere chiamati a governare l’Italia.
Foto da Avvenire