Ex libris
Daniele Fazio, Cristianità n. 420 (2023)
L’opera traccia il profilo storico dei primi anni di vita di Alleanza Cattolica (AC), l’associazione di laici cattolici che si è impegnata, fin dagli albori, a operare per la regalità sociale di Gesù Cristo, propiziando non solo la conversione dei suoi aderenti, ma anche quella della società circostante in vista di una nuova cristianità, in Italia e in Occidente.
Il testo si compone di una Prefazione (pp. 9-14) del reggente nazionale dell’associazione, Marco Invernizzi, di una Nota degli autori (pp. 15-20), di una Tabula gratulatoria (pp. 21-22), di quattro capitoli (pp. 69-358), di Cenni conclusivi e prospettive (pp. 359-364) e di un’Appendice (pp. 365-376). Completano il volume un Indice dei Nomi di persona (pp. 377-391) e un inserto di sedici illustrazioni.
Nella Prefazione Invernizzi fa notare il carattere straordinario della tenuta e del consolidamento negli anni di una realtà che, ai suoi esordi, riunì uomini di provenienze diverse, spesso lontani dalla fede, e che nel 2012 ha conseguito il riconoscimento da parte dell’autorità ecclesiastica come associazione privata di fedeli (cfr. Codice di Diritto Canonico, nn. 298-329). AC continua oggi ad operare secondo il carisma degli inizi: «Singoli disorientati, persone provenienti dalle più diverse esperienze ideologiche e politiche, neo-fascisti, monarchici, tradizionalisti, “neo-pagani”, “cristiani della domenica” e anche qualche marxista: tutti questi tipi umani sono riusciti a mettersi assieme e a costruire una famiglia culturale che sta attraversando il deserto della post-modernità senza alcun supporto esterno, né ecclesiastico, né politico. Un miracolo» (p. 14). Quanto alla missione dell’associazione, agli aderenti diverrà sempre più chiaro che «la ricostruzione di una civiltà ispirata al Vangelo, sarebbe stata un lungo processo, al quale ciascun militante di Alleanza Cattolica avrebbe partecipato senza sperare di potere vedere un risultato temporale, perché il nostro era ed è il tempo della semina, non quello del raccolto» (p. 12).
Prima, però, di seguire le vicende del «brodo di coltura» (p. 69), presentato soprattutto nel primo capitolo, gli autori hanno sentito la necessità nella Nota di indicare le finalità della loro opera che — accogliendo gli auspici di anni or sono del fondatore Giovanni Cantoni (1938-2020) — intende realizzare «una storia associativa […] ovvero un’esposizione caratterizzata da distacco prospettico, tendenziale completezza e analisi minuziosa delle fonti d’archivio e di quelle secondarie» (p. 19). Essi rammentano, altresì, che il volume non risponde tematicamente a ognuno di questi desiderata, ma si limita a delineare un profilo, per quanto dettagliato, della realtà Alleanza Cattolica. Forniscono quindi ragguagli sul metodo e sulle fonti utilizzate: documenti autografi dei protagonisti, documenti interni, dati desunti da questionari strutturati rivolti a testimoni selezionati, interviste e informazioni tratte da memoriali di responsabili o di singoli aderenti.
Per capire che cosa sia AC è fondamentale anche la Premessa (pp. 27-65), nella quale Sanguinetti e Zoccatelli — entrambi militanti dell’associazione — forniscono, con enorme beneficio per il lettore, una sorta di bussola entro cui inquadrare non solo il percorso cronologico associativo, ma anche la missione storica di AC di fronte al problema della secolarizzazione della società cristiana occidentale per opera di quel processo chiamato anche, con «termine di scuola», «Rivoluzione». Di questa si tiene conto del decorso storico, e in particolare della fine della terza fase — quella a dominante socialcomunista — e dell’ormai dominante quarta fase, quella della rivoluzione antropologica, che si snoda in Italia a partire — quale segno convenzionale del suo debutto — dalla rivoluzione culturale del Sessantotto. Perciò, «l’apostolato che [Alleanza Cattolica] svolge è di natura eminentemente culturale, ma non si limita alla pura propagazione di idee bensì, oltre a voler essere strumento di santificazione per chi lo svolge, intende collocarsi senza esitazioni all’interno del novero delle opere di misericordia spirituale […] sentendo[le] particolarmente affini alla propria vocazione» (p. 43).
Volendo dare una risposta alla scristianizzazione e respingendo ogni forma di progressismo e di moderatismo, nella consapevolezza sempre più chiara che la Chiesa cattolica e il Papa sono l’anima della missione di costruire — il motto è di san Giovanni Paolo II (1978-2005) — una società «a misura d’uomo e secondo il piano di Dio», AC — che agisce principalmente in Italia, ma la cui proposta è valida per ogni azione simile — è un luogo di formazione continua e di trasmissione di una cultura cattolica sana, forte e integrale, senza alcun «complesso» verso i paradigmi della modernità. È anche un punto di partenza per la rigenerazione della società, una sorta di «micro-cristianità» all’interno della quale, tendenzialmente, vi è la possibilità di vivere la propria vita senza tributare alcun onore agli idoli della tarda modernità, o post-modernità. In ragione di ciò, attenta al magistero pontificio e ai cambiamenti in seno alle dominanti rivoluzionarie, ha ritenuto di modificare con gli anni le proprie metodiche di apostolato, stante soprattutto il passaggio da una società ancora strutturata a una società sempre più «liquida», calibrando la propria azione in modo da rispondere efficacemente all’appello di san Giovanni Paolo II, il quale aveva colto l’intentio ultimamente missionaria del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) e invitava, in particolare, a impegnarsi per una nuova evangelizzazione dell’Europa.
AC — sottolineano gli autori — agisce sempre per «combattere la Rivoluzione di oggi, non quella di “ieri”» (p. 62). La sua crescita può essere distinta in tre fasi: quella della formazione (1960-1974), quella «giovanile e adulta» (1975-1991) e quella della maturità, dal 1991 ai nostri giorni. Le pagine condensate in questo volume descrivono il primo periodo.
Nel primo capitolo — La Storia (pp. 69-97) — si afferma che «il progetto di Alleanza Cattolica matura all’inizio degli anni ‘60, appare come denominazione pubblica alla vigilia del Sessantotto ed esordisce come realtà operativa su scala nazionale all’incirca nel 1972-1973, assumendo, altresì, veste giuridica solo quasi trent’anni dopo» (p. 89). Alla narrazione del primo periodo gli Autori premettono una panoramica essenziale delle dinamiche storiche, sia internazionali — il mondo post-Seconda Guerra Mondiale e le vicende della Guerra Fredda — sia riguardanti la situazione socio-politica italiana, con attenzione particolare al mondo di destra e conservatore, sia, infine, intra-ecclesiali, a partire dalla celebrazione e dalla sofferta recezione degli insegnamenti del Concilio Vaticano II negli anni del pontificato di san Paolo VI (1963-1978).
Nel proprio corredo genetico AC vanterà l’esperienza delle Amicizie Cristiane, fondate dal venerabile Pio Bruno Lanteri (1759-1830), l’Insorgenza anti-napoleonica, la critica dei miti risorgimentali e, soprattutto, la cultura contro-rivoluzionaria: «Il merito di Giovanni Cantoni e degli amici delle origini è stato quello di risollevare questa bandiera, di ripulirla dalle incrostazioni ideologiche e da pregiudizi pluridecennali che ne avevano alterato il sembiante e di tornare a farla sventolare in alto con fierezza nel desolato panorama del mondo conservatore del secondo Novecento» (p. 97).
Il secondo capitolo — Le origini (pp. 99-199) — scende più in profondità e focalizza l’attenzione su due protagonisti basilari di quei primi anni: Agostino Sanfratello e Giovanni Cantoni. Il primo proviene dall’estrema sinistra, ma un colloquio con san Pio da Pietrelcina (1887-1968) accelera il suo processo di conversione al cattolicesimo dell’infanzia e lo aiuta «a rimodellare la sua visione della vita e del rapporto con Dio» (p. 116). Quanto al giovane Cantoni, futuro fondatore legale di Alleanza Cattolica, «[…] superata una breve stagione di fascinazione marxista, cresce — per radici familiari — negli ambienti del Movimento Sociale Italiano e lì ha — rectius: tenta — la sua prima formazione politico-culturale» (pp. 99-100). Poi procede autonomamente, quando realizza che in quel contesto le sue esigenze di formazione erano destinate a rimanere inappagate.
La progressiva conversione religiosa e l’apertura alla cultura cattolica tradizionale da parte del fondatore segneranno nel corso degli anni anche gli assi fondamentali della proposta culturale e dell’azione della stessa associazione. Si avvierà così per lui e per gli amici degli inizi un lungo percorso di riforma personale, giunto a maturazione nel decennio successivo, grazie anche, per Cantoni, all’incontro con la futura moglie, Sabina Rinaldi: «Per Giovanni Cantoni il 1960 è […] un anno di svolta: se ha da tempo iniziato un percorso di ricupero della tradizione, ora “vira” verso quella cattolica e completa questo nuovo indirizzo, ancorché tuttora culturalmente da perfezionare, tornando alla vita di grazia» (p. 111). Fino agli anni della malattia, insorta nel 2013, curerà l’associazione, con atteggiamento paterno, conoscendo ad uno ad uno gli aderenti, interessandosi delle loro vicende e, sfruttando anche le occasioni offertegli dal proprio lavoro, viaggiando per decenni lungo lo Stivale per visitare i gruppi nascenti e seguirne la formazione dottrinale.
A metà degli anni Sessanta alcuni aderenti degli esordi entrano in contatto con esponenti del Coetus Internationalis Patrum, il gruppo di vescovi, partecipanti al Concilio Vaticano II, decisi a tenere il gruppo «sui binari fissati da Papa Giovanni [XXIII]» (p. 117). Agostino Sanfratello incontra in particolare l’arcivescovo mons. Marcel Lefebvre (1905-1991) e, insieme a Cantoni, intesse rapporti con formazioni tradizionaliste e le più significative organizzazioni estere del mondo cattolico-controrivoluzionario, come l’«Office»di Jean Ousset (1914-1994) e Tradizione, Famiglia e Proprietà (TFP) del brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995). Quando «scoppia» il Sessantotto, Sanfratello sarà anche protagonista della resistenza contro le prevaricazioni del Movimento Studentesco all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Gesù di Milano. Lì, in occasione delle elezioni studentesche, compare per la prima volta la sigla CUAC, Comunità Universitaria di Alleanza Cattolica.
Dopo queste prime esperienze Sanfratello entra nel seminario di Êcone, in Svizzera, fondato dallo stesso mons. Lefevbre, abbandonandolo dopo soli due anni, nel 1974. Da questo momento in poi «Sanfratello non riassumerà cariche direttive in Associazione che già sta decollando sotto un adeguato gruppo dirigente» (p. 124), dedicandosi, dopo averlo fatto per il Centro-Nord, alla diffusione dell’associazione nelle regioni del Centro-Sud. Nel 1981, infine, dissentendo dalla posizione presa dall’associazione al momento del referendum contro l’aborto romperà i rapporti con AC e «[…] sceglierà di svolgere il suo apostolato culturale principalmente negli ambienti della destra extra-parlamentare» (p. 129), recandosi anche per lunghi periodi in Libano come formatore di quadri politici e militari, per lo più cristiani maroniti, in lotta contro i palestinesi filo-sovietici.
Relativamente al nome dell’organismo nascente, gli autori affermano che esso inizia ad apparire all’interno delle vicende studentesche dell’Università Cattolica e prenderà sempre di più il posto, a partire dal 1967, della denominazione Gruppo di San Giorgio, che può essere considerato l’embrione dell’associazione. Il Gruppo era stato creato da Cantoni nell’omonimo oratorio della propria città natale, Piacenza, dove i primi aderenti solevano incontrarsi con assiduità, pregando e leggendo il Catechismo del Concilio di Trento, l’unico universale e ufficiale edito allora. Quello che diverrà il simbolo di AC — l’aquila con il cuore crociato — «sarà discusso a lungo fra Sanfratello e Cantoni: il primo disegnava i bozzetti e li sottoponeva a Cantoni che, dopo una disamina accurata e spinta fino ai minimi dettagli, li condivideva» (p. 135).
Per quale tipo di formazione e visione culturale optare, in un mondo di destra reattivo alla modernità, ma spesso paganeggiante o restio a un’adesione al cattolicesimo e agli insegnamenti della Chiesa? La risposta a tale interrogativo matura nel corso di diversi incontri e vicende, grazie soprattutto all’attento discernimento di Giovanni Cantoni che, per esempio, si allontana dalle dottrine del filosofo esoterista «Julius» Evola (1898-1974) e da quelle dello scrittore, convertito all’islam, Renè Guenon (1886-1951), che influenzavano il mondo conservatore e tradizionalista europeo, come si vedrà nel Convegno di Lugano del 1970. Cantoni volgerà sempre di più i suoi interessi verso gli autori cattolici contro-rivoluzionari «puri»: dai classici — Joseph de Maistre (1753-1821) e Louis Gabriel Ambroise de Bonald (1754-1840) — ai «più moderni» come, a titolo d’esempio, il cardinale-arcivescovo Louis Édouard Pie (1815-1880), Frédéric le Play (1806-1882), monsignor Henri Delassus (1836-1921), Gustave Thibon (1903-2001). Ad essi vanno aggiunti anche i contemporanei, i già citati Ousset e Corrêa de Oliveira, nonché Francisco Elías de Tejada y Spínola (1917-1978), Thomas Molnar (1921-2010) e Jean Madiran (1920-2013). In qualità di collaboratore di diverse case editrici Cantoni sarà il primo a introdurre in Italia gli scritti di questi autori.
Nello sviluppo dottrinale associativo è stata di fondamentale importanza la riscoperta di padre Luigi Taparelli d’Azeglio S.J. (1793-1862), di cui Cantoni nel 1960 pubblica una raccolta di scritti sul Risorgimento, dal titolo La libertà tirannia per le Edizioni di Restaurazione spirituale. Tale operazione «[…] suonava come una dichiarazione di guerra contro quella che più tardi Cantoni definirà la “leggenda nera” del Risorgimento, la cui smentita era vista quale premessa obbligata per la restaurazione di una Italia in armonia con le sue antiche radici cristiane. Il giudizio sulla Rivoluzione del 1789 e sul suo corollario italico rappresentato dal processo risorgimentale era — ed è tuttora — la discriminazione ideale fra destra autentica, falsa destra e sinistra» (p. 160).
Altrettanto importante è stata la scelta di Cantoni di dotare i militanti e gli amici dell’Associazione di uno strumento formativo indispensabile, scegliendo il testo di Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione — di cui egli stesso aveva contribuito a curare la prima pubblicazione italiana presso le Edizioni Dell’Albero di Torino nel 1964 — considerato un pratico manuale di dottrina dell’azione. AC manterrà un fecondo rapporto negli anni con Corrêa de Oliveira e la TFP, ma non sarà mai una sezione italiana di tale associazione. AC, infatti, «oltre a conservare una totale autonomia operativa, avrà e coltiverà elementi di originalità, applicando la “ricetta” deoliveriana in maniera ampia ma critica e personalizzata alla concreta situazione italiana, espungendone altresì qualunque accento spiritualistico, ritenuto poco adatto al contesto italiano» (pp. 176-177). Oltre al legame con la TFP e con l’«Office»di Jean Ousset, amici degli inizi possono essere considerati — e vale la pena di menzionarli, sia pur velocemente — il toscano padre Valfredo Maria Zamperini (1923-2010), il gesuita Florido Giantulli (1906-1974) — da cui Cantoni mutuerà la formazione soprattutto in relazione alla massoneria — Mario Marcolla (1929-2003) — che lo introdurrà al mondo conservatore nord-americano — e gli Oblati di Maria Vergine, fondati dal padre Lanteri.
Nel travaglio degli inizi emerge soprattutto il progetto di dar vita a un’agenzia di apostolato culturale, formata da soggetti che perseguissero la propria riforma spirituale e, contemporaneamente, vivessero da «contemplativi in azione», cioè come laici impegnati, ponendosi a difesa dell’ovile di Cristo e dei brandelli di civiltà cristiana ancora presenti nel tessuto sociale italiano e da essi partire per un’opera di restaurazione sociale. Un tale appello era «rivolto a tutti, anche se i primi che risponderanno saranno giovani normali, studenti, lavoratori, insegnanti: tutte persone che non escludevano di formarsi una famiglia, quando non già padri di famiglia» (p. 164).
La prima diffusione e il primo radicamento su scala nazionale dell’associazione avverranno contestualmente ai cambiamenti repentini avvenuti intorno alla fine degli anni 1960: nello scenario internazionale, dove la Guerra Fredda iniziava ad assumere altre forme; nel tessuto sociale italiano, con una massiccia diffusione della mentalità laicista e l’esplicita proposta di un compromesso culturale e politico fra Partito Comunista Italiano e Democrazia Cristiana; nella Chiesa, con il disorientamento degli anni post-conciliari, che vede esplodere le questioni sollevate dalla riforma liturgica; e soprattutto la Rivoluzione sessantottina.
Di questa vicenda fa stato il terzo capitolo, Il primo nucleo di Alleanza Cattolica (pp. 191-318). L’impianto di AC nel Paese avviene grazie all’energia «carismatica» di Cantoni e di Sanfratello i quali, avvalendosi di uno stile comunicativo pregnante e frutto di una corposa preparazione dottrinale, di grande equilibrio e di senso della realtà, affascineranno non pochi giovani del mondo della destra di quegli anni, molti dei quali non solo avranno modo di rifondare il loro sforzo di resistenza alla Rivoluzione, ma saranno condotti o ricondotti alla fede cattolica, riscoprendo la ricchezza spirituale e dottrinale del cattolicesimo, la devozione a Maria Santissima — veicolata soprattutto dalla recita del Rosario — e gli Esercizi spirituali ignaziani.
I due leader scelgono i temi da trattare con grande ponderazione — dall’anticomunismo alla cristianità medievale, dalla critica alla modernità all’anti-massonismo —, includendovi anche l’estetica, di cui hanno ben chiaro l’importanza nello scontro tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Infatti, «l’attenzione agli aspetti sensibili: gli ambienti, le immagini, la musica […] diverrà un proprium, un segno distintivo, della vita e dell’apostolato di Alleanza Cattolica e saranno sempre parte integrante di ogni analisi della realtà che Alleanza Cattolica compirà» (p. 212). Con tali presupposti e il corredo della «dottrina dell’azione» che veniva fornito agli aderenti attraverso il libro di de Oliveira e testi a circolazione interna, fioriscono i primi nuclei, fra i quali vanno citati — dopo le prime croci lombarde e l’irradiazione nell’hinterland milanese fino a raggiungere la Valtellina — il gruppo modenese, quello torinese, quello universitario pisano. Su quest’ultimo il volume riporta quasi per intero la testimonianza di Attilio Tamburrini (1946-2022), secondo cui «la riprova della bontà dell’impianto spirituale e culturale creato e offerto da Alleanza Cattolica si potrà rilevare dagli esiti esistenziali dei suoi aderenti. Se molti di coloro che faranno parte dell’Associazione, ne riceveranno gli insegnamenti, ne frequenteranno le pratiche religiose e gli esercizi spirituali, sotto la pressione di un mondo moderno sempre più invasivo e corrosivo dell’interiorità, rifluiranno alla lunga nel privato, abbandonando l’impegno nell’apostolato — alcuni anche l’abito sacerdotale — e attenuando la loro tensione spirituale, è difficile citare casi di ex aderenti che siano passati all’avversario o abbiano smesso del tutto la pratica religiosa» (pp. 261-262).
AC si è sempre percepita come organismo educativo e come realtà in continua riforma, così come è per la stessa Chiesa cattolica, semper reformanda, ragion per cui è cresciuta sempre in cerca del magis richiesto da tempi e situazioni personali e sociali.
A misura della sua crescita numerica e geografica l’associazione si dota di momenti e di strutture di coordinamento. Nascono i primi ritiri spirituali e culturali, nazionali e regionali, le riunioni settimanali, i campeggi estivi. In queste occasioni gli aderenti intoneranno canti «contro-rivoluzionari» — proprio da uno di essi è tratto il titolo di questo volume — raccolti da Sanfratello. Inoltre, vengono costituiti gruppi di studio e di preghiera — chiamati «croci» —, i cui conduttori si riuniscono periodicamente in «capitoli» nazionali, regionali e provinciali. Nel contempo viene creata una «curia nazionale» per le questioni amministrative ed economiche. Iniziano, altresì, la diffusione militante della «buona stampa» e la pratica di pellegrinaggi a santuari, mentre gli amici che a mano a mano si incontrano e che non diventano militanti dell’Associazione, andranno a costituire la «frangia» associativa e saranno denominati «amici di Cristianità».
Per quanto riguarda i rapporti ad extra, AC continuerà, fatta salva la sua specificità, a tenere rapporti più o meno frequenti con gruppi conservatori e tradizionalisti, da Una voce, l’associazione per la salvaguardia della liturgia gregoriana — liturgia che l’associazione non disdegna di elogiare e perfino prediligere, ma di cui non fa una bandiera —, all’Opus Dei e a movimenti nati negli anni post-conciliari, fra cui Comunione e Liberazione, fondata da monsignor Luigi Giussani (1922-2005). Non mancheranno, altresì, rapporti con associazioni anticomuniste, che studiavano e sostenevano la resistenza di Oltrecortina, come Russia Cristiana, Aiuto alla Chiesa che Soffre e soprattutto la CIRPO, la Confèrence Internationale des Résistences en Pays Occupés, e il CEI, il Centre Européen d’Information, animati dal politologo francese Pierre Faillant de Villemarest (1922-2008).
Attenzione a parte merita, invece, il rapporto fra AC e la Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata da mons. Lefebvre. Con essa l’associazione ha certamente condiviso la preoccupazione per il disorientamento ecclesiale avvenuto nel post-Concilio, senza che i rapporti di cordialità si trasformassero mai in un legame strutturale, giacché AC nasce ed è una realtà spiccatamente laicale, dedita all’instaurazione nell’ordine temporale del Regno di Dio. Quando le posizioni della Fraternità prenderanno pieghe oltranzistiche, che porteranno successivamente allo strappo con Roma, la maggior parte di quei militanti di AC che, avendo scoperto una vocazione sacerdotale o religiosa, avevano aderito alla stessa Fraternità, tra cui don Pietro Cantoni, fratello del fondatore, dopo una non breve riflessione nel 1981 lasceranno l’Istituto sacerdotale lefebvriano: «da allora in poi non si avranno più rapporti — se non quelli dettati dalla carità evangelica e nella comune devozione al santo Pontefice — tra Alleanza Cattolica e la Fraternità Sacerdotale San Pio X, che continuerà il suo processo di radicalizzazione e di isterilimento dottrinale e insisterà caparbiamente in una critica dell’autorità ecclesiale che sfocerà in gravi atti di disobbedienza e potenziale scisma» (p. 305). Sul versante socio-culturale e politico si noti anche che l’associazione «prenderà altresì gradualmente ma costantemente le distanze da gruppi e iniziative di carattere oltranzista che nasceranno — purtroppo numerosi quanto sterili o nocivi — in Italia, sia in seno al mondo cattolico, sia all’esterno, a misura del progredire della pressione rivoluzionaria» (p. 310).
Proprio i primi anni sono quelli, dunque, di un severo discernimento, operato con sapienza da Giovanni Cantoni: AC, «oltre che a distinguersi dalle tante «false destre», cattoliche e non, affiorate nel corso del tempo, […] dovrà altresì prendere le distanze da quella deriva in senso oltranzistico che nella Chiesa ha preso avvio dalla critica al Concilio e che ha portato alla proliferazione di gruppi e di declinazioni dottrinali spesso in conflitto tra loro di cui ancora oggi essa soffre» (p. 318).
I successivi passi, descritti nel capitolo quarto — L’espansione dei primi anni 1970 (pp. 319-377) —, segnano la diffusione associativa in nuove realtà geografiche, spesso come irradiazioni di gruppi già presenti. Invece, «in Puglia, in Basilicata e in Calabria l’Associazione muoverà i primi passi, grazie alla diaspora pisana e all’impollinazione svolta da Sanfratello» (p. 333). In Sicilia, la sua diffusione vedrà almeno tre direttrici: quella agrigentina, quella messinese e quella nissena con irradiazione su Palermo.
Tuttavia, i primi anni Settanta rappresentano anche quelli della prima prova «del fuoco», ossia la risposta — all’interno di un mondo cattolico italiano disorientato e con la sua rappresentanza politica, la DC, spesso ambigua e rinunciataria — all’approvazione della legge «Fortuna-Baslini», che introduceva il divorzio. «Alleanza Cattolica, persuasa che il voto parlamentare non riflettesse l’autentico sentire degli italiani, cattolici e non, sarà la prima associazione a recarsi a Roma presso la Corte di Cassazione per chiedere l’autorizzazione alla raccolta delle firme necessarie per indire un referendum popolare che cancellasse la legge divorzista. Restano ancora le immagini del gruppo di amici […] che si recheranno all’uopo nella capitale» (p. 341). Da lì non solo la raccolta firme, ma anche un importante sforzo, reso concretamente visibile in centinaia di conferenze, nella diffusione di migliaia di volantini, nell’affissione di centinaia di manifesti, che raggiungeranno anche località recondite e faranno incontrare parroci e cittadini di ogni genere, molti dei quali conosceranno la realtà associativa e vi aderiranno. La sconfitta referendaria del 1974, tuttavia, «rivelava che il secolarismo aveva scavato in profondità nelle coscienze dei cattolici e le ideologie moderne avevano ormai alterato il senso comune e l’amore per la tradizione. E questo imporrà una profonda rimeditazione della strategia e della tattica della Contro-Rivoluzione alla fine del “secolo breve”» (p. 343).
Su questa scia si intensificherà il ruolo — da «grillo parlante» — di AC nella costante denuncia del compromesso storico e culturale in corso fra il Partito Comunista Italiano, la Democrazia Cristiana e ambienti del mondo cattolico, poi interrotto dall’ondata del terrorismo. Le riflessioni di Cantoni su tale strategia saranno raccolte, nel 1980, nel volume La «lezione italiana». Premesse, manovre e riflessi della politica di «compromesso storico» sulla soglia dell’Italia rossa, pubblicato dalle edizioni di Cristianità. Intanto, nel 1972, esce, con la stessa editrice, la seconda edizione di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, ritradotta integralmente da Cantoni e corredata di una lettera-prefazione di mons. Romolo Carboni (1911-1999), in quegli anni nunzio apostolico in Italia, e soprattutto dell’importante saggio di Cantoni L’Italia fra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione: «in queste pagine estremamente illuminanti egli ripercorreva le grandi linee della storia dell’Italia dalla Rivoluzione francese — il cui inizio per noi coincide con la prima invasione franco-napoleonica […] ai suoi giorni […]. Il testo sarà un vero e proprio motore di conversioni intellettuali per molti giovani che aiuterà ad uscire dal caos culturale provocato da un insegnamento superiore sempre più prono ai vari e scoordinati dogmi del modernismo e del marxismo» (pp. 346-347). Ma il grande punto di svolta, formativo e propagandistico, è la pubblicazione, con il numero zero, ad experimentum, nel luglio del 1973, di Cristianità,organo ufficiale di AC, preceduta da strumenti comunicativi più «artigianali» e a circolazione interna, come Il Resto della Verità. La rivista — curata nei minimi dettagli dottrinali e grafici dallo stesso Cantoni — «era — ed è — uno strumento primariamente dedicato all’informazione e alla formazione degli aderenti e degli amici di Alleanza Cattolica ed esprimeva — ed esprime — altresì la posizione ufficiale dell’Associazione in merito alle questioni trattate. Il “taglio” prescelto era quello di una rivista di cultura cattolica “militante”, indirizzata ad un pubblico di media formazione […] uomini politici, amministratori locali, intellettuali, membri del clero, insegnanti, studenti universitari e delle scuole superiori, con articoli di ampiezza non eccessiva» (p. 349). Insieme ai Seminari di Formazione Anti-Comunista (SEFAC) e ai Seminari di Formazione Contro-Rivoluzionaria (SEFOC), rappresenta buona parte dell’impegno pedagogico e propagandistico dell’associazione, che a partire dagli anni Settanta si può considerare ormai «a regime».
Nei Cenni conclusivi e prospettive (pp. 359-364) gli Autori espongono l’ottica in cui l’associazione si pone e in cui va inserito lo sforzo di ogni militante. Essa «appare non come un brandello di passato “che non vuole passare”, bensì come il germe di un ordine futuro radicalmente opposto al presente, perché “a misura d’uomo e secondo il piano di Dio”. Insegnava Gonzague de Reynold [1880-1970] che ogni mondo che muore è seguito da un altro e quest’ultimo si forma mentre il precedente è ancora invita.
«Senza alcuna pretesa di essere che sia la sola a rappresentarlo, ma grazie anche ad Alleanza Cattolica, oggi questo germe, come il seme delle piante, non si vede, ma c’è. E un domani — quanto lontano esso sia e che possa accadere nel frattempo, nessuno può dirlo, anche se il messaggio di Fatima è confortante —, con la grazia di Dio non potrà che produrre — Alleanza Cattolica lo spera soprannaturalmente — un grande e magnifico albero» (p. 364). In quest’ottica l’Appendice riporta due documenti importanti: l’Atto di Consacrazione di Alleanza Cattolica al Cuore Immacolato di Maria, del 1981, ripetuto anche in seguito, e un articolo del 2000 di Giovanni Cantoni, che segna la prospettiva militante di AC, il cui motto è «per la maggior gloria di Dio anche sociale».
In definitiva, l’opera consente di andare alle fonti dell’esperienza di alcuni uomini che, riunendone altri, hanno iniziato a rispondere alla crisi del mondo occidentale e cristiano, focalizzando sempre di più la loro attenzione sulla conversione individuale e sociale, sull’importanza della continua riforma spirituale e culturale delle persone e delle comunità socio-politiche. In questo percorso, anche se non sono mancati difficoltà e conflitti, si è potuto toccare con mano la straordinaria efficacia della grazia su uomini e donne, spesso disorientati, che dallo «scarto» sono passati alla conversione e hanno ritrovato un ordine innanzitutto per la loro esistenza.
Ripercorrendo i vari snodi storici, gli incontri e le persone che figurano nel volume, emerge il senso provvidenziale di questo impegno, segno che dinanzi alle varie sfide della storia la Provvidenza chiama uomini, i quali, se rispondono con umiltà di cuore, possono costituire delle sentinelle e delle avanguardie che indichino la rotta della ripresa e della rigenerazione sociale, che per AC è quella di una nuova società cristiana, da edificare cum Petro et sub Petro. La garanzia di tale percorso, che è innanzitutto di santità personale, viene dalla Chiesa stessa con il riconoscimento del 2012, che più che un punto di arrivo è l’inizio di una maggiore consapevolezza e responsabilità nella fedeltà alla Chiesa e al carisma del fondatore, la cui ansia di conversione personale e sociale è stata, fino alla morte, una precipua caratteristica esistenziale.
Daniele Fazio