Ex libris
Francesco Pappalardo, Cristianità n. 418 (2022)
L’editrice «Cristianità», nel cinquantesimo anniversario di attività, inaugura una nuova collana, la Biblioteca del Pensiero Forte. Lo scopo — come scrive Marco Invernizzi, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, nel suo Invito alla lettura (pp. 7-9) del primo titolo pubblicato, Fascismo e Rivoluzione. Appunti per una lettura conservatrice — è di mettere «a disposizione di amici e conoscenti» testi utili «[…] a fornire analisi, elaborare giudizi, indicare esempi e strade da seguire, che forse possono lasciare intravedere qualche via d’uscita» (p. 7) alla grave crisi che investe da tempo l’Occidente.
La scelta del tema è legata al centenario della Marcia su Roma del 28 ottobre 1922, un’occasione per dare del fascismo una lettura complessiva in un’ottica conservatrice e contro-rivoluzionaria.
L’autore è Oscar Sanguinetti, pure di Alleanza Cattolica, profondo conoscitore delle insorgenze popolari anti-napoleoniche e della storia del Novecento, autore di numerosi saggi storici, fra i quali Un cuore per la nuova Europa. Appunti per una biografia del beato Carlo d’Asburgo (con Ivo Musajo Somma, D’Ettoris 2004), Pio X. Un pontefice santo alle soglie del «secolo breve» (Sugarco, Milano 2014) e un manuale di Metodologia e storia. Principi, criteri e suggerimenti di metodologia per la ricerca storica (Ateneo Pontificio «Regina Apostolorum», Roma 2016).
La sua intenzione esplicita è non tanto quella di ricostruire la storia del fascismo quanto quella di individuarne punti e nessi salienti sia per valutare «il posto a esso spettante nell’ininterrotto confronto fra tradizione e progresso» (p. 13), sia per mettere in risalto l’influsso nefasto di ogni soluzione di tipo fascista sulla prospettiva cattolico-conservatrice. La linea interpretativa adottata segue l’originale chiave di lettura che sul fenomeno ha dato Giovanni Cantoni (1938-2020) nei primi anni 1970 descrivendo L’Italia fra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione e rilevandosi «decisiva sia sul piano teorico […] sia nel determinare il giusto atteggiamento critico concreto nei confronti del fenomeno fascista» (p. 30, nota 22).
Il testo si articola in nove capitoli, alcune sintetiche Indicazioni bibliografiche (pp. 125-127), all’interno di una bibliografia sterminata, e un Indice dei nomi di persona (pp. 129-134).
Il capitolo d’apertura si sofferma su Il «brodo primordiale»: il nazionalismo (pp. 14-47), identificando le radici più antiche del fascismo nella Rivoluzione francese del 1789 — madre di molti sommovimenti contemporanei — e in uno dei suoi frutti più perniciosi, il nazionalismo moderno, cioè ideologico, lontano dal naturale e tradizionale senso di appartenenza collettiva e portatore di una visione politica aggressiva e secolarizzata. Non gioverà a una chiarificazione dottrinale la reazione anti-rivoluzionaria di stampo romantico e idealistico, che anzi alimenterà un revival nazionalistico antitetico al modello imperiale e foriero di una grande instabilità politica fra gli Stati e al loro interno.
Anche il processo unitario e risorgimentale italiano si ispira al nazionalismo moderno, che determina la sua politica estera per molti decenni: «E in effetti fra nazionalismo risorgimentale, nazionalismo crispino, interventismo anti-ottomano [Guerra di Libia, 1911-1912], interventismo anti-asburgico [Prima Guerra Mondiale, 1915-1918] e imperialismo fascista corre un filo unico, che fa dell’“amor di patria” un autentico culto, in un crescendo “religioso” ininterrotto» (p. 34).
Al breve capitolo su Il fascismo (pp. 48-54), che descrive l’ascesa al potere del movimento guidato da Benito Mussolini (1883-1945), segue uno più denso, dedicato al consolidamento della leadership mussoliniana e a Il regime (pp. 55-81), «una realtà multiforme e complessa che andrà a costituire, come il bonapartismo — e con netti tratti di similitudine con quest’ultimo —, un idealtipo e una categoria politologica» (p. 57).
La dottrina del fascismo, di matrice relativistica, raccoglie le istanze di ciascuna componente del «fascio», dal nazionalismo al conservatorismo, dal futurismo al clericalismo, portate a unificazione dalla concezione hegeliana dello Stato, istanza suprema della nazione e organizzatrice della società: Stato etico e pedagogico, volto a completare l’opera di «fare gli italiani», che il Risorgimento e l’Italia liberale non erano riusciti a realizzare. Sotto il profilo istituzionale vengono esautorati gli organi di governo esistenti e ne sono creati di nuovi, con la graduale sospensione di alcune garanzie statutarie e l’avvio della costruzione, riuscita solo in parte, di uno Stato moderno, carismatico e totalitario. Questo sistema di potere, però, non riesce a smantellare gli assi portanti della costruzione politica pre-fascista, come la monarchia, i centri di potere massonizzanti e tecnocratici, le élite economico-finanziarie, molti dei quali sopravviveranno al regime.
Sulla scia di Cantoni, Sanguinetti individua nel fascismo «maturo» una destra «sostanzialmente modernistico-totalitaria e accentuatamente sociale […]; un “corpo intermedio” fatto di poteri reali, dove si annidano i “notabili” di “prima” e di “dopo”» (pp. 61-62) e infine la gran parte della popolazione, che si esprime per consenso ed entusiasmo: «quel vasto mondo fatto di ruralità, di residui di senso comune, di renitenza allo Stato liberale, di religiosità, di amore per la Chiesa e per la patria, che ha subìto il Risorgimento, non è insorto contro l’oligarchia liberale ma che ha mantenuto un sordo disagio nei suoi confronti e che ora plaude alla riconciliazione con la Chiesa, all’ordine ristabilito, alle provvidenze del regime per i bisognosi, alle case popolari, al lavoro offerto dalle colonie, al nome finalmente alto che l’Italia si sta conquistando nel mondo» (p. 62).
Sulla riconciliazione religiosa e sui rapporti tra Fascismo e Chiesa cattolica (pp. 82-88) si sofferma il quarto capitolo, che descrive la Conciliazione del 1929, la breve stagione del cosiddetto clerico-fascismo, in cui la Chiesa delega al regime la guida politica del Paese e si riserva quella spirituale, ritirandosi dalla scena della politica e in parte dalla cultura civica. Non verranno meno le tensioni con il regime e lo Stato tenderà comunque a concentrare su di sé tutte le energie della società.
Anche sul mondo culturale il regime cercherà di esercitare la propria egemonia, come ben illustrato nel capitolo su Fascismo e cultura (pp. 89-98). La cultura del Ventennio sarà permeata soprattutto dall’idealismo di Giovanni Gentile (1875-1944), accompagnato dal futurismo e dalle avanguardie artistiche di «rottura», dal «superomismo» e dal nichilismo di Friedrich Nietzsche (1844-1900): «Come dire quanto di più lontano da una prospettiva di destra si possa immaginare…» (p. 90). In questo amalgama di motivi fra i più diversi vi sarà spazio anche per effimeri ritorni di idee conservatrici e per filoni dottrinali che il fascismo combatteva, incarnati da cattolici democratici e da futuri esponenti comunisti. Il fascismo, dunque, «[…] è allo stesso tempo un regime liberal-nazionale moderno che abbisognava pro tempore di darsi un assetto autoritario, una parziale reazione, un totalitarismo “imperfetto”» (p. 96). Nell’apposita voce redatta per l’Enciclopedia del Novecento Renzo De Felice (1929-1996), il maggior conoscitore del fascismo, osserva che le radici storiche del fenomeno non vanno ricercate solo nella tradizione della destra ma «assai spesso in quella di un certo radicalismo di sinistra nato con la Rivoluzione francese»; il che fa dei regimi fascisti di massa una realtà diversa dai regimi autoritari tradizionali e del fascismo un «nuovo stile politico» che «[…] se si serviva di una tradizione precedente, si poneva però obiettivi completamente nuovi: trasformare le folle in masse organizzandole in un movimento politico con caratteri di religione laica» (cit. p. 98).
Dopo l’inglorioso armistizio dell’8 settembre 1943 si assiste al deflagrare della guerra civile e alla spaccatura del Paese, che in alcune aree geografiche conoscerà una forma di governo repubblicana: infatti, mentre la destra dei notabili abbandona il regime, Mussolini resta con la «sinistra» del movimento, che anima l’avventura della Repubblica Sociale Italiana. È Il fascismo repubblicano (pp. 99-110), che — pretendendo di tornare alle origini — dà vita a un esperimento sociale «avanzato», con non poche venature socialistiche, ma anche a uno Stato combattivo, che difende con valore il confine orientale contro l’avanzata comunista, pur svolgendo sanguinose operazioni di polizia anti-partigiana e assecondando le rappresaglie compiute dalle forze germaniche.
Infine, nel capitolo su Il fascismo dopo il Ventennio (pp. 111-116), Sanguinetti mette in evidenza quel che ha lasciato al dopoguerra e alla democrazia italiani: soprattutto — nella galassia ruotante intorno al Movimento Sociale Italiano — una mentalità anti-sistema, fortemente nazionalista e anti-comunista, con una forte inclinazione per l’azione e un’altrettanto forte insofferenza per soluzioni politiche gradualistiche: «Si dividerà in un’area legalista e parlamentare e in un’area anti-sistema, cultrice di un neo-tradizionalismo spurio, filo-rivoluzionaria, terzaforzistica, attivistica che, per alcuni gruppi e personaggi, sconfinerà nella simpatia e anche nella pratica del terrorismo» (pp. 115-116).
Volendo giungere a Una lettura (pp. 117-122) complessiva del fenomeno, il fascismo nasce come reazione di svariati soggetti, culturalmente disomogenei, dopo la tragedia del primo conflitto mondiale e di fronte al pericolo incombente del socialismo, riuscendo a preservare il Paese dal comunismo e imprimendo a esso una svolta profonda, in cui si mescolavano riforme da apprezzare e gravi errori. Fra questi, il recupero della tradizione romana, a danno di quella cattolica, ancora fiorente, e la spinta ad allinearsi con i paradigmi della modernità. Se il giudizio generale è a luci e ombre, «da un punto di vista conservatore, va dunque rubricato fra i molteplici fenomeni partoriti dalla modernità politica» (p. 121).
La «lezione» del fascismo (pp. 123-124), dunque, è che ogni soluzione di tipo bonapartistico e comunque dottrinalmente ibrida ha rappresentato sempre la tomba delle vere destre, illudendo e deludendo. «Tanti nazionalisti, monarchici, conservatori, cattolici sono usciti dal ventennio con le ossa rotte» (p. 124). Per questo motivo studiare a fondo e con attenzione quel periodo può servire a porre la speranza non in uomini forti e soluzioni avventate bensì nelle proprie forze e nella diffusione di una cultura contro-rivoluzionaria, «che anch’essa non manca di bellezza e di splendori capaci di affascinare» (ibidem).
Francesco Pappalardo