1000battute di alfredo mantovano
A sei mesi di distanza dalle elezioni Usa, si ripropone uno scenario a prima vista analogo: da una parte un candidato dell’establishment – per quanto tenti di mostrarsi pure lui “contro” – e dall’altra una candidata di completa rottura.
Le differenze sono tante, non ultimo che Donald Trump è sembrato rendersi conto dell’esistenza di un elettorato per il quale il senso religioso e la sua ricaduta nella vita sociale e politica hanno importanza, e ha fornito segnali di attenzione: che sono stati ricambiati, se è vero che sulla sua vittoria hanno pesato i consensi dei votanti aderenti a varie confessioni cristiane, cattolici in testa.
In Francia non è così: se è certo che Macron proseguirà sulla linea del laicismo libertario, Marine Le Pen si attesta su un laicismo statalista, propone la modifica della Costituzione nella direzione che la République non riconosca alcuna comunità religiosa e che i simboli religiosi non siano ostentati in luogo pubblico, non intende modificare la legge sull’aborto, e quanto ai matrimoni same sex opta per il ritorno ai pacs. Perché realtà come Manif pour tous non hanno avuto incidenza nel primo turno e – per quel che sembra di cogliere – non ne avranno nemmeno per il ballottaggio? E’ il caso di chiederselo. E magari che – finché siamo in tempo – ce lo chiediamo anche in Italia. Nella quale le scelte a disposizione per le prossime politiche sono, se possibile, ancora più demoralizzanti.