Da Avvenire del 11/07/2023
Potranno ottenere l’abilitazione gli insegnanti con almeno 36 mesi di servizio e 30 Cfu (anziché i 60 previsti dalla riforma). Sono oltre 15mila i docenti interessati. «Abbattuto un tabù», esultano le associazioni
Importante passo avanti verso l’abilitazione dei docenti precari delle scuole paritarie. Con un emendamento, presentato alla Camera, al decreto legge 75/23 (cosiddetto PA bis), in fase di conversione, viene equiparato il servizio prestato nelle scuole paritarie a quello nelle scuole statali, ai soli fini dell’abilitazione. In sostanza, gli insegnanti delle paritarie, con almeno trentasei mesi di servizio, anche non continuativi, nei cinque anni precedenti, di cui uno nella classe di concorso per cui chiedono l’abilitazione, potranno ottenerla conseguendo 30 crediti formativi universitari (Cfu o Cfa) e non 60 come prevedono le nuove regole sulla formazione iniziale e il reclutamento dei docenti, che entreranno in vigore a settembre. Esattamente come per i colleghi delle scuole statali, i docenti delle paritarie avranno quindi la possibilità di abilitarsi e, di conseguenza, di essere assunti a tempo indeterminato. Soprattutto, non saranno più costretti a partecipare ai concorsi statali, lasciando la scuola paritaria, che negli ultimi anni ha subìto una drastica emorragia di insegnanti. Insomma, un bel segnale sulla strada della concreta e completa attuazione della legge sulla parità scolastica, la 62 del 2000.
«L’abilitazione dei docenti delle scuole paritarie non è più un tabù », esulta Domenico Menorello, portavoce del network di cento associazioni “Ditelo sui tetti”. Proprio in occasione di un evento pubblico, a Milano, promosso dal network il 5 giugno, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, aveva annunciato un intervento per equiparare i 36 mesi di servizio nelle paritarie a quelli nello Stato, che si è poi tradotto nell’emendamento in discussione alla Camera. “Ditelo sui tetti” ha quantificato in circa 15mila gli insegnanti precari delle paritarie, che ora potranno abilitarsi ed essere assunti in pianta stabile dalle scuole. Che, per poter conservare la parificazione, devono dimostrare di avere docenti abilitati. A questo proposito, osserva Menorello, «molto opportunamente lo stesso emendamento porta in sicurezza le scuole paritarie, in quanto per un periodo transitorio (nelle more, cioè, dell’andata a regime del sistema normale di abilitazione per i laureati che partirà a settembre) si prevede che il requisito relativo ai titoli per gli insegnanti sia soddisfatto dalle scuole paritarie stesse anche con insegnanti che abbiano tre anni di esperienza nei dieci antecedenti ». Negli ultimi dieci giorni, questo sull’abilitazione degli insegnanti è il secondo, importante segnale per le scuole paritarie. A fine, giugno, infatti, era stata aperta la possibilità, anche per i prof delle scuole non statali, di partecipare ai percorsi di formazione per docente tutor e orientatore. «Su mia indicazione – aveva spiegato il ministro Valditara, rispondendo a un quesito di Noi moderati, durante il consueto Question time alla Camera – abbiamo voluto consentire anche ai docenti delle scuole paritarie l’accesso alla formazione propedeutica all’assunzione della funzione di tutor e orientatore, proprio nell’ottica di garantire una base comune dei contenuti informativi per tutti i docenti che volessero svolgere questa funzione, indipendentemente dalla natura, statale o paritaria, della istituzione scolastica di appartenenza ». Per il ministro «questa scelta dimostra la particolare attenzione che questo governo sta rivolgendo alla più autentica attuazione delle norme che regolano la parità scolastica, avendo cura che sia realmente realizzato il principio di non discriminazione e di libertà di scelta delle famiglie, che è ben scolpito nel nostro ordinamento».
Per completare il quadro, resta da attuare un altro dei punti presentati dalla rete associativa “Ditelo sui tetti”: assegnare alle famiglie che scelgono la scuola paritaria per i propri figli, una “dote scuola” pari ad «almeno il 70% di quanto lo Stato spende per ciascun studente italiano, in base al costo standard di sostenibilità».