A fronte di un provvedimento che è stato enfaticamente definito dalla stampa come un’autentica rivoluzione, che interesserà oltre 7 milioni di famiglie, in molti hanno iniziato a domandarsi quale sia l’effettiva portata di questa misura a favore della genitorialità
di Ferdinando Leotta
Mentre rimando per approfondimenti alla lettura di una serie di interessanti articoli pubblicati sul quotidiano Avvenire dal 18 novembre 2021 in avanti, mi permetto qualche breve riflessione.
Cosa è l’AUU?
L’Assegno Unico e Universale – si legge sul sito dell’INPS – è un sostegno economico alle famiglie che, a seguito di domanda, viene attribuito per ogni figlio minorenne a carico fino alla maggiore età dello stesso o, ricorrendo determinate condizioni, fino al compimento del 21° anno.
E’ qualificato “unico” perché mira – si legge – a semplificare e potenziare gli interventi in favore della genitorialità e della natalità, che nel nuovo assegno saranno assorbiti, cioè compresi. Si tratta del premio alla nascita o all’adozione “Bonus mamma domani”, degli assegni ai nuclei familiari con figli, dell’assegno di natalità “Bonus bebé” e delle detrazioni fiscali per figli fino a 21 anni.
E’ definito anche “universale” perché è garantito a tutte le famiglie con figli a carico residenti e domiciliate in Italia.
Grazie a questa universalità possono fruire dell’AUU anche i lavoratori autonomi titolari di partita IVA, che fino a ieri erano palesemente discriminati, essendo inspiegabilmente, anzi ideologicamene, esclusi dall’assegno per il nucleo familiare.
L’importo mensile dell’assegno per ciascun figlio varia in base all’ISEE, l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, da 50 a 175 euro. L’ISEE è un indicatore che serve a valutare e confrontare la situazione economica delle famiglie. Il suo valore deriva dal rapporto tra l’ISE (Indicatore della Situazione Economica, che comprende sia il reddito che il patrimonio dei membri del nucleo familiare) e il numero dei componenti del nucleo familiare, in base a una scala di equivalenza stabilita dalla legge.
Sul proprio sito l’INPS mette a disposizione un programma affinché gli interessati possano simulare l’importo mensile dell’assegno. E’ sufficiente effettuare qualche simulazione per rendersi immediatamente conto di come l’indicatore della situazione patrimoniale possa praticamente annullare il beneficio dell’assegno unico, fermo restando che chi non presenta l’ISEE, ma solo la domanda, avrà ugualmente diritto all’importo minimo pari a 50 euro al mese per ciascun figlio.
Alcuni commentatori hanno osservato che provvedimenti a sostegno della natalità sono stati già emanati anche in altri Paesi e hanno notato che l’Italia, tra le nazioni che prevedono un assegno di questo tipo, sarebbe l’unica che lo vincola a una radiografia delle risorse disponibili della famiglia, valutando, oltre al reddito, il patrimonio immobiliare e mobiliare. Qualcuno ha ipotizzato che molti sceglieranno di non presentare l’ISEE, rinunciando così a un assegno di maggiore importo, per evitare controlli su quanto si possiede.
E’ condivisibile l’osservazione secondo cui l’AUU esprimerebbe sostanzialmente un compromesso tra due linee opposte: quella di chi ritiene che il sostegno alla natalità debba essere universale, cioè per tutti, indipendentemente dalla condizione economica, e quella di chi reputa che debba essere riservato alle fasce deboli.
Ad avviso di chi scrive, il limite principale del nuovo sostegno alle famiglie e alla genitorialità è proprio quello di voler essere unico, per ricchi e poveri, e di non contemplare altri strumenti che, in via sussidiaria, potrebbero incrementarne l’efficacia, nel rispetto della capacità contributiva e limitando l’aggravio per la spesa pubblica.
Cosa vuol dire affiancare all’assegno altri strumenti?
Qualche giorno fa, sul quotidiano Avvenire, traendo spunto dal “caso Ferragnez” (a cui rimando), si faceva l’ipotesi di un’analoga coppia di coniugi, residenti in Francia, con due figli e con un reddito annuo complessivamente superiore a 93.000 euro. Anche se in questo caso, per effetto del reddito elevato, l’assegno oltralpe risulterebbe molto ridotto (a 33 euro), tuttavia, grazie al Quoziente Familiare fiscale che premia chi ha prole a carico, i due genitori pagherebbero svariate migliaia di euro in meno di tasse.
In Germania- continuava l’articolo- gli stessi due genitori avrebbero diritto a 440 euro al mese di assegno; tuttavia, essendo titolari di un reddito abbastanza elevato, per loro sarebbe più interessante rinunciare all’assegno e, come alternativa al Kindergeld, beneficiare delle più vantaggiose deduzioni fiscali.
Come è stato già osservato da altri, in alternativa alle erogazioni dall’alto dello Stato assistenziale, la famiglia, come già accade all’estero, può essere sostenuta con una fiscalità vantaggiosa, attraverso deduzioni dal reddito che consentono di soddisfare in modo autonomo e sussidiario, oltre ai doveri della genitorialità, anche gli altri doveri di solidarietà familiare verso i membri più deboli del nucleo familiare.
In questa prospettiva l’assegno unico universale può rivelarsi un buon punto di partenza.
Domenica, 23 gennaio 2022