Mons. Enrico Galbiati, Cristianità n. 107-108 (1984)
Il testo della vigorosa omelia pronunciata il 24 febbraio 1984 da mons. Enrico Galbiati, dottore della Biblioteca Ambrosiana, nel corso della santa messa celebrata da padre Elie Madi, missionario libanese maronita, in apertura della settimana di sostegno alla comunità cristiana della terra dei cedri.
Durante la santa messa di suffragio
Per le vittime dei massacri nel Libano
Ci siamo radunati in questo luogo santo, intorno all’altare del Signore, per compiere un gesto simbolico di solidarietà con i cristiani del Libano, e insieme per un gesto efficace sul piano delle realtà spirituali, efficacia di suffragio per le vittime di tanti massacri, efficacia di intercessione per le sorti future di questo paese tanto caro al nostro cuore.
È da nove anni che imperversa la guerra civile nel Libano, un tempo nazione fiorente, giardino del Medio Oriente, oasi di concordia nel deserto surriscaldato di inveterati antagonismi. Da nove anni il giardino è calpestato, l’oasi è divelta dal vento bruciante del deserto. Non è una guerra di frontiera, ma un fiume di morte che dilaga nelle campagne e nelle vie cittadine, una pioggia infuocata contro cui non c’è possibilità di scampo.
È una guerra su due piani. C’è chi combatte, distrugge, massacra spinto da un odio irrazionale o da un fanatismo cieco.
Ma c’è chi dall’alto, da luoghi sicuri, per interessi di grande potenza fornisce le armi e dirige la offensiva. Una guerra civile per procura, è stato detto da qualcuno. Da nove anni alle sofferenze inerenti a ogni guerra si aggiungono le barbarie di massacri intenzionali contro gente disarmata e impotente, donne, vecchi e bambini. Non si vuole solo la sconfitta in campo militare, ma la distruzione fisica di una intera popolazione.
E lo sappiamo bene: l’obiettivo dell’odio fanatico da una parte e dell’alta politica dall’altra è la eliminazione dei cristiani del Libano. Si è arrivati da parte di alcuni alla impudenza di dire che se non ci fossero i cristiani nel Libano, tutto il problema già sarebbe risolto.
Come se non si conoscesse la storia, come se non fosse vero che i cristiani riempivano il Libano e la Siria prima dell’arrivo dei conquistatori islamici, come se non fosse vero che i maroniti già vi prosperavano prima ancora che esistesse la setta dei drusi. Come se non fosse vero che i maroniti sono quelli che hanno creato la nazione libanese, dandole la sua incomparabile fisionomia culturale.
Noi qui non possiamo influenzare le più o meno grandi potenze dell’Occidente perché vengano in soccorso della giustizia e della verità e perché a questi grandi ideali di giustizia e di verità non preferiscano meschini calcoli politici. Noi non possiamo agire su di loro, per questo ho detto che la nostra riunione è un gesto simbolico di solidarietà. Ma vorremmo che questi gesti simbolici si moltiplicassero nel nostro Paese, così da permeare i mezzi di comunicazione di massa, così da illuminare la opinione pubblica e da farne lievitare le esigenze di giustizia.
Ma il nostro gesto non è soltanto simbolico: è un gesto efficace sul piano spirituale. E questo sotto tre aspetti.
Anzitutto qui vogliamo tributare un omaggio a coloro che giustamente possiamo chiamare i Martiri del Libano, perché coscientemente subirono le torture e la morte a causa della loro fede cristiana. Tributo d’onore, ma anche di riconoscenza: il loro esempio mentre rimprovera la nostra indolenza, incoraggia la nostra professione di fede.
In secondo luogo vogliamo pregare perché presto siano consolati nella gioia eterna coloro che tragicamente perdettero la vita in queste azioni di guerra. Tanto quelli che caddero combattendo per difendere la libertà di essere cristiani, quanto quelli che furono travolti dalle vicende militari, periti sotto i bombardamenti, o divorati dalla febbre o dalla fame, senza possibilità di soccorso.
In terzo luogo la nostra preghiera si unisce a quella di tante anime sante, a quella dei Pastori della Chiesa che invocano da Dio anche un miracolo, se è necessario, per la risurrezione del Libano e la salvezza, la sicurezza delle popolazioni cristiane del Vicino Oriente. Che il Libano torni ad essere come una volta il sicuro rifugio dei cristiani, sempre in pericolo di discriminazione altrove, negli Stati inesorabilmente e talora ferocemente confessionali dell’Islam.
Rievochiamo e facciamo nostre le invocazioni delle Lamentazioni bibliche sulle sventure dell’antica Gerusalemme: «Alzati, grida nella notte / quando cominciano i turni di sentinella; / effondi come acqua il tuo cuore / davanti al Signore; / alza verso di lui le mani / per la vita dei tuoi bambini, / che muoiono di fame all’angolo d’ogni strada. […] Sono trucidati nel santuario del Signore / sacerdoti e profeti! Giacciono a terra per le strade / ragazzi e vecchi; / le mie vergini e i miei giovani sono caduti di spada; / […] Quelli che io avevo portato in braccio e allevato / li ha sterminati il mio nemico. / […] Ricordati, Signore, di quanto ci è accaduto, / guarda e considera il nostro obbrobrio. / […] rinnova i nostri giorni come in antico» (Lam. 2, 19-22; 5, 1 e 21). Amen.