Intervista con Jocelyne Khoueiry, Cristianità n. 167-168 (1989)
Jocelyne Khoueiry nasce a Beirut, in Libano, nel 1957 e nella stessa città si laurea prima in giornalismo all’Università Libanese, quindi in teologia all’Università Pontificia Orientale Saint-Esprit.
Nel 1972, all’età di quindici anni, si iscrive alla sezione femminile del Partito Kataeb e ne studia la dottrina, una dottrina fondata – come spiega lei stessa – sulla centralità dell’uomo nella vita nazionale, qualunque sia il regime politico che organizza la società, e che mira alla coesistenza delle diverse comunità religiose presenti nel paese all’interno di un progetto politico sintetizzato nel motto Dio, Patria, Famiglia.
Nel 1975, quando inizia la guerra che tutt’ora insanguina il paese, insieme alla grande maggioranza dei giovani cattolici libanesi, prende parte alla difesa della comunità cristiana minacciata costituendo un gruppo femminile che partecipa, appunto, alla resistenza armata.
Nel 1980 diventa responsabile del settore femminile delle Forze Libanesi – le milizie cristiane costituitesi dopo che la frattura confessionale ha diviso l’esercito regolare libanese – ed entra poi a far parte dello Stato Maggiore di esse.
Oggi Jocelyne Khoueiry è responsabile di un movimento laicale femminile cattolico, di formazione e di apostolato, che si denomina La Libanaise-Femme du 31 May.
La incontro a Milano in occasione di un suo soggiorno in Italia nel mese di marzo del 1989 e le chiedo di esporre a grandi linee la sua vicenda personale e la storia del movimento che ha fondato e che tuttora dirige, spinto anche dal desiderio di rettificare informazioni inesatte comparse sulla stampa italiana nell’ambito di interviste da lei concesse, ma poi manipolate al punto da rendere impossibile distinguere quanto dichiarato dall’intervistata e quanto aggiunto redazionalmente sia per superficialità e per ignoranza che – purtroppo – per partito preso: guai, infatti, a chi osa deludere l’ipotetica “legittima aspettativa” dell’intervistatore!
R. Proprio nel 1980, con le altre donne che dirigevano con me il settore femminile delle Forze Libanesi, mi sono resa conto che il nostro cristianesimo era inadeguato, spesso una semplice indicazione di appartenenza, e che eravamo lontane dal vivere la fede, la speranza e la carità evangeliche come devono farlo autentiche fedeli della Chiesa cattolica.
Abbiamo così scoperto una dimensione che andava oltre sia l’aspetto nazionale che quello militare della nostra lotta, cioè abbiamo messo a fuoco una Verità con la maiuscola: una Verità che certamente contiene tutto quanto avevamo fatto fino ad allora, ma pure lo oltrepassa. In sostanza, abbiamo capito che la storia ha un senso e che Gesù Cristo è il Signore della storia e quindi la dirige con la sua Provvidenza e con il suo Amore.
D. Come avete dato corpo a questa maggiore consapevolezza, a questo approfondimento?
R. Anzitutto abbiamo allargato la nostra prospettiva e, accanto all’addestramento militare, abbiamo introdotto una preparazione paramilitare adeguata alla donna, dando soprattutto rilievo, nella nostra missione, alla formazione cristiana dottrinale e spirituale.
Le donne dei nostri gruppi hanno così cominciato a ricevere un’istruzione catechistica sulla storia della salvezza attraverso lo studio della Sacra Scrittura e dei documenti del Magistero della Chiesa. Con le giovani abbiamo particolarmente insistito sulla preparazione al sacramento del matrimonio, perché la riforma della società comincia dalla famiglia e la donna è l’elemento di equilibrio attraverso il quale la famiglia stessa diventa santa e favorisce la santità dei suoi membri.
Nella storia della salvezza si incontrano due donne: la prima, Eva, ha contribuito alla penetrazione del peccato nella storia umana: è la donna della “carne”; la seconda, Maria, è, di contro, la sorgente della grazia perché è la madre di Gesù Cristo, cioè dell’Agnello che toglie i peccati del mondo e restituisce all’uomo il suo volto glorioso a immagine di Dio.
D. Come vi siete organizzate, dopo la “scoperta” di questa “premessa” di carattere teologico e spirituale?
R. Quando abbiamo cominciato l’opera di formazione eravamo ancora nelle Forze Libanesi, i cui giovani ricevevano sempre più numerosi l’educazione dottrinale e spirituale di cui ho parlato. Così, con l’avallo di Bashir Gemayel e con l’aiuto di monaci dell’Ordine Libanese Maronita, abbiamo costituito un Consiglio di Assistenza Spirituale per i Combattenti, composto da una ventina di sacerdoti che, ogni domenica, celebravano la santa Messa nelle caserme e andavano anche al fronte a confessare e a distribuire la Comunione ai soldati.
Nel frattempo, però, abbiamo pure compreso che – anche se un giorno la Resistenza avesse vinto sul piano militare e avesse restituito la pace al Libano – avremmo dovuto continuare la nostra opera perché sentivamo di avere una missione evangelica e mariana da svolgere nei confronti della donna libanese.
Così, nel 1985, tutte le quaranta responsabili del nostro gruppo si sono dimesse dallo Stato Maggiore delle Forze Libanesi per dare inizio a una nuova forma di apostolato nella società, un apostolato che, evidentemente, non poteva coinvolgere l’azione di resistenza militare della Forze Libanesi stesse. Ci rendevamo conto che la nostra missione andava oltre, che si trattava di una missione di riconquista spirituale e culturale della società libanese.
Così, ancora, il 31 maggio 1988 abbiamo ufficialmente proceduto alla fondazione del movimento laicale femminile cattolico La Libanaise-Femme du 31 May, alla presenza dell’arcivescovo di Jounieh dei Maroniti, S.E. mons. Chucrallah Harb, e con la benedizione del Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, S.B. Nasrallah Boutros Sfeir. Lo scopo del movimento è di servire il Libano alla luce dell’insegnamento della Chiesa cattolica e di formare la donna perché assuma e svolga correttamente il suo ruolo nella Chiesa e nella società.
D. Come avete risposto operativamente a questa chiamata?
R. Abbiamo affittato un locale a Jounieh – una città costiera nel centro del Libano – e abbiamo allestito una biblioteca, organizzando un ufficio di ricerca e di studio, che si cura di approfondire la conoscenza della dottrina sociale della Chiesa.
Quest’anno abbiamo dedicato la formazione al tema della famiglia, studiando i testi del Magistero e approfondendo l’argomento dal punto di vista teologico, sociale e personale.
Ogni due mesi pratichiamo un ritiro spirituale di due giorni, e ogni settimana ci incontriamo a leggere e a studiare la Sacra Scrittura. Inoltre la regola del nostro movimento prevede l’assistenza alla santa Messa almeno due giorni alla settimana e la recita quotidiana del rosario. Inoltre abbiamo promosso corsi di lingue straniere – molte ragazze stanno studiando l’italiano – e presto comincerà a funzionare una vera e propria scuola per l’apprendimento delle lingue. Per alcune attività aiutiamo il parroco di Haret Saker, uno dei maggiori quartieri di Jounieh, nella sua opera pastorale. Infine, fra breve, quattro monaci dell’Ordine Libanese Maronita cominceranno a dettarci gli Esercizi Spirituali secondo il metodo di sant’Ignazio di Loyola.
D. Ormai circa a un anno dalla fondazione ufficiale del movimento è possibile un primo bilancio?
R. Nel primo anno di vita associativa abbiamo quasi esclusivamente curato la formazione delle quarantacinque donne che hanno dato origine al movimento, ma dalla prossima estate apriremo le nostre attività alle altre mille ragazze che costituivano il gruppo femminile nelle Forze Libanesi. Stiamo anche preparando il terreno perché si costituisca un analogo movimento maschile, dal momento che sono moltissimi i giovani che desiderano prendere parte a un’iniziativa con queste caratteristiche.
Infatti si può dire che, in Libano, fino a oggi i cristiani facevano politica nella prospettiva di una Chiesa al servizio del paese, ma noi vogliamo una nazione al servizio della Chiesa e della gloria della santissima Trinità.
a cura di
Marco Invernizzi