Continuano le repressioni del regime sandinista nicaraguense nei confronti della Chiesa e della popolazione civile, mentre il dittatore Daniel Ortega consolida il suo potere con una riforma costituzionale
di Stefano Nitoglia
Fonti dell’opposizione in esilio hanno riferito, il 14 novembre scorso, che il presidente della conferenza episcopale del Nicaragua, monsignor Carlos Herrera, vescovo della diocesi di Jinotega, nel nord del Nicaragua, è stato espulso dal Paese e ora si trova in Guatemala. Secondo i media in esilio, monsignor Herrera sarebbe stato espulso per aver criticato il rumore proveniente dall’ufficio del sindaco di Jinotega mentre celebrava la Messa nella cattedrale, che è proprio accanto al municipio, lo scorso 10 novembre.
Salgono così a quattro su nove i vescovi diocesani del Paese centroamericano espulsi dal regime sandinista di Daniel Ortega. Quattro diocesi sono senza pastore: mons. Silvio Báez, vescovo ausiliare di Managua, esiliato dopo essere stato minacciato di morte; mons. Rolando Álvarez, vescovo di Matagalpa e amministratore apostolico di Estelí, arrestato, condannato senza processo a 26 anni di reclusione, che ora si trova a Roma dopo le pressioni della Santa Sede; mons. Isidoro Mora, vescovo di Siuna, arrestato ed esiliato; infine, mons. Herrera.
Il 25% dei sacerdoti sono dovuti andare in esilio oppure sono stati deportati e non possono far ritorno in Nicaragua. Lo ha denunciato il Collettivo per i diritti umani Nicaragua Nunca Más. Dal 2022, 74 sono stati detenuti e torturati, 63 sono stati esiliati e 35 hanno perso la cittadinanza. Il tutto senza processo. Il regime sandinista, inoltre, ha confiscato proprietà e beni delle organizzazioni religiose, chiudendo circa 5.600 ONG. Dal febbraio 2023 circa 450 politici, uomini d’affari, giornalisti, intellettuali, attivisti per i diritti umani e religiosi sono stati espulsi dal Nicaragua e privati della loro nazionalità.
In un comunicato la Nicaragua Freedom Foundation a proposito dell’espulsione di monsignor Herrera, scrive: «Chiediamo alla comunità internazionale e alle organizzazioni per i diritti umani di denunciare questo oltraggio e di esigere rispetto per la fede e i suoi rappresentanti nel Paese». Dal canto suo l’oppositore Lesther Alemàn, in esilio negli Stati Uniti, ha twittato su X che si tratta di un «atto vile della dittatura contro la Chiesa», mentre l’”Alleanza universale nicaraguense” scrive: «L’ esilio di Monsignor Herrera in modo arbitrario e clandestino continua a mostrare la persecuzione di cui è vittima la Chiesa cattolica da parte della dittatura».
Ma le proteste non fermano Ortega, in quale, anzi, per consolidare il suo potere e la dittatura, il 20 novembre ha presentato al Congresso, controllato dal “Fronte sandinista di liberazione nazionale”, una riforma della Costituzione per ottenere il controllo totale di tutti i poteri insieme a sua moglie, il vicepresidente Rosario Murillo, che assumerebbe la carica di co-presidente, estendendo il mandato presidenziale da 5 a 6 anni, in modo da permettere ai due coniugi di coordinare, tra gli altri, gli organi del potere legislativo, della magistratura e dell’autorità elettorale, stabilendo, altresì, controlli sui media e sulla Chiesa affinché, sottolinea il testo della riforma costituzionale, «non rispondono a interessi stranieri».
Commentando la riforma di Ortega, il presidente dell’Associazione interamericana della stampa – IAPA, José Roberto Dutriz, ha affermato che il regime di Daniel Ortega «riporta il Nicaragua all’età della pietra con una riforma costituzionale che promuove e formalizza il controllo sui media».
L’ex-guerrigliero Ortega, di 79 anni, ha governato il Nicaragua durante la prima dittatura sandinista negli anni ‘80 ed è tornato al potere nel 2007 senza lasciarlo più, nonostante le proteste che agitano il Paese.
Mercoledì, 27 novembre 2024