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Petizione per la concessione dell’asilo politico ai sei fratelli albanesi Popa

29 Settembre 1988 - Autore: Alleanza Cattolica

Cristianità n. 161 (1988)

 

Promossa dal Comitato per i Diritti Umani in Albania, ha raccolto l’adesione di numerosi esponenti del corpo sociale ed è stata presentata nel corso di una conferenza stampa.

 

A Roma, il 5 luglio 1988

Petizione per la concessione dell’asilo politico ai sei fratelli albanesi Popa

 

Martedì 5 luglio 1988, a Roma, presso la sede del Centro Studi Russia Ecumenica, si e svolta una conferenza stampa indetta dal Comitato per i Diritti Umani in Albania per presentare una petizione indirizzata al presidente del Consiglio, Ciriaco De Mita, e al ministro degli Esteri, Giulio Andreotti, affinché venga concesso l’asilo politico ai sei fratelli albanesi Popa, dal 12 dicembre 1985 rinchiusi nell’ambasciata italiana di Tirana. 

La campagna per la liberazione dei Popa comincia nei giorni immediatamente successivi la pubblicazione della notizia che si sono rifugiati nella sede diplomatica dell’Italia nella capitale albanese: per iniziativa di Alleanza Cattolica e della CIRPO-Italia vengono organizzate decine di manifestazioni davanti alle prefetture dei principali capoluoghi di provincia e si svolgono pubblici incontri sulla storia e sulla condizione attuale della nazione .balcanica, con la partecipazione di Zef Margjinaj, esponente degli Albanians for Human Rights e testimone della resistenza anticomunista negli anni fra la fine della seconda guerra mondiale e l’immediato dopoguerra. Numerosi consigli comunali, provinciali e regionali fanno propria la richiesta di concessione dell’asilo politico ai Popa e deliberano in tal senso appelli al governo, spesso votati all’unanimità. Nell’estate del 1986 quarantatrè deputati di diversi partiti presentano sul caso un’interrogazione Parlamentare — primo firmatario l’on. Antonio Parlato — rivolta al ministro degli Esteri, ma quest’ultimo osserva un inspiegabile rigoroso silenzio, facendo sapere — in modo discreto — che sono in corso trattative con il governo albanese e che ogni iniziativa propagandistica e qualsiasi pressione potrebbero pregiudicarle.

Dopo aver atteso inutilmente, per mesi, il felice esito di tali trattative, nell’aprile del 1987 si costituisce a Lecce il Comitato per i Diritti Umani in Albania. che inizia una raccolta di firme a sostegno della petizione presentata alla stampa appunto il 5 luglio. La sottoscrivono le LL. EE. mons. Michele Mincuzzi, arcivescovo metropolita di Lecce, mons. Giuseppe Casale, vescovo di Vallo della Lucania, mons. Aldo Garzia, vescovo di Nardò-Gallipoli, mons. Vincenzo Franco, arcivescovo di Otranto, mons. Salvatore De Giorgi, arcivescovo di Taranto, mons. Mario Miglietta, vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, mons. Armando Franco, vescovo di Oria, mons. Ennio Appignanesi, arcivescovo di Matera-Irsina, mons. Nicola Riezzo, arcivescovo emerito di Otranto, mons. Alberico Semeraro, vescovo emerito di Oria, e monsignor Angelo Catarozzolo, vicario generale di Brindisi-Ostuni; i magistrati Piero Pajardi, presidente della Corte d’Appello di Milano e Francesco Mario Agnoli, componente del Consiglio Superiore della Magistratura: i docenti universitari Cesare Pedrazzi e Cesare Ribolzi, dell’Università Bocconi di Milano, Vittorio Enzo Alfieri, dell’Università di Pavia, Giulio Soldani, Marco Tangheroni e Giorgio Varanini, dell’Università di Pisa, Antonino Asta, dell’Università di Palermo, Rosario Assunto, dell’Università di Roma, Raffaello Franchini, dell’università di Napoli, Carlo Corbato e Matteo Matemini, dell’Università di Trieste, Mauro Ronco, dell’Università di Cagliari, e Giovanni Melzi, dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia; l’accademico dei Lincei Silvio Ranzi; padre Roberto Busa S.J., dell’Aloisianum di Gallarate; la professoressa Rita Calderini, segretaria del CNADSI, Giovanni Cantoni, reggente nazionale di Alleanza Cattolica; il dottor Ettore Ribolzi, segretario della CIRPO-Italia, e lo studioso ticinese professor Romano Amerio.

Questa mobilitazione di esponenti — a diverso titolo significativi — del corpo sociale non basta a far breccia nel sostanziale disinteresse dei mass media per la sorte dei sei fratelli albanesi. Alla conferenza stampa di Roma sono presenti le tre principali agenzie giornalistiche italiane, ANSA, Italia e ADS-Kronos, ma pochi quotidiani raccolgono la notizia, ripresa invece con risalto dalla Radio Vaticana — che la trasmette in tutte le edizioni in lingua italiana del radiogiornale del 6 luglio e in quella in lingua albanese dello stesso giorno — e dai quotidiani presenti con loro inviati, il Giornale e il Secolo d’Italia, nonché da Avvenire e dalla Gazzetta del Mezzogiorno.

Nei giorni precedenti la conferenza stampa di Roma, il Comitato per i Diritti Umani in Albania aveva promosso numerosi volantinaggi di sostegno alla petizione in diverse città italiane: fra gli altri, a Roma davanti all’ambasciata della Repubblica Popolare Socialista d’Albania, a Milano e a Lecce nei pressi del Palazzo di Giustizia, e, ancora, di fronte alle Prefetture di Torino, Brescia, Napoli e Potenza.

Nonostante tutto questo, il ministero degli Esteri continua a tacere non degnando di una risposta la petizione e i suoi firmatari. Né si hanno notizie della commissione italo-albanese che — secondo informazioni diffuse dalla stampa — avrebbe dovuto essere costituita, né della ventilata visita in Albania del presidente della Repubblica, in occasione della quale si sarebbe dovuta sbloccare la situazione. Il ministero non parla neppure delle eventuali difficoltà insorte nel corso della trattativa, né di quali mosse siano state effettivamente fatte per ottenere la liberazione dei fratelli Popa. Su tutta la vicenda sembra essere caduto un silenzio, drammatico per le vittime e certo non qualificante per il governo dello Stato italiano che è il maggior partner economico occidentale dell’Albania, mentre la retorica sui «diritti umani» si spreca.

 

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