Marco Invernizzi, Cristianità n. 292-293 (1999)
Plinio Corrêa de Oliveira, Note sul concetto di Cristianità. Carattere spirituale e sacrale della società temporale e sua «ministerialità», a cura di Giovanni Cantoni, Thule, Palermo 1998, pp. 60, £ 12.000
Esiste una diffusa difficoltà a concepire un rapporto corretto e fecondo fra il servizio offerto da società quali la famiglia, gli altri corpi intermedi e lo stesso Stato e il fine soprannaturale perseguito dalla Chiesa cattolica. Tale difficoltà produce conseguenze profondamente negative nel corpo sociale, in particolare in quella parte della società contemporanea definita «mondo cattolico», la grande maggioranza del quale è composta dai laici, che spesso non riescono a cogliere l’aspetto santificante e sacrale del loro operare, nella famiglia, nella politica, nella cultura, nel mondo del lavoro, in genere nella società.
A questa difficoltà il Magistero della Chiesa ha cercato di porre rimedio, in particolare durante tutto il secolo XX, con diversi interventi quali l’enciclica Quas primas di Papa Pio XI (1922-1939), dell’11 dicembre 1925, numerosi discorsi di Papa Pio XII (1939-1958) dedicati al laicato e il decreto sull’apostolato dei laici del Concilio Ecumenico Vaticano II Apostolicam actuositatem, promulgato da Papa Paolo VI (1963-1978) il 18 novembre 1965, interventi continuati da Papa Giovanni Paolo II soprattutto con l’esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, del 30 dicembre 1988.
Nei primi anni 1950, il pensatore e uomo d’azione brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) dedica alcune pagine a questo tema, ma tali pagine mai pubblicate sono finalmente edite nel 1998 dalla casa editrice palermitana Thule, a cura di Giovanni Cantoni, con le stesse caratteristiche di abbozzo non portato a compimento dall’autore e con il titolo — cancellato dall’autore stesso, ma non sostituito — Note sul concetto di Cristianità. Carattere spirituale e sacrale della società temporale e sua «ministerialità».
Tali note — alle quali il curatore fa seguire una Nota bio-bibliografica (pp. 45-47), con un primo tentativo di catalogare i principali testi di letteratura primaria e secondaria in lingua italiana relativi al maestro brasiliano, Per una bibliografia in lingua italiana (pp. 49- 55) — sono state stese dall’autore in seguito alle riflessioni provocate dalla lettura, nel numero 26 del 1953 della rivista parigina La Penseé Catholique, di due studi sui rapporti fra Chiesa e Stato, rispettivamente del card. Alfredo Ottaviani (1916-1979) e del sacerdote francese don Luc Lefèvre (1895-1987). Inoltre — le notazioni sono del curatore — contribuiscono «[…] a una migliore conoscenza della sua visione del mondo nonché della sua prospettiva operativa» (p. 7) e si possono considerare «argomentata premessa di ciò che è contenuto nella sua stessa opera principale, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, nella parte I, al capitolo X, La cultura, l’arte e gli ambienti nella Rivoluzione, così illuminando con qualche estensione quanto è ivi espresso in modo sintetico, quasi aforismatico» (ibidem).
Le osservazioni di Corrêa de Oliveira partono dalla constatazione che, nel mondo moderno, si considera la società come funzionale ai bisogni materiali dell’uomo, prescindendo completamente dal fatto che l’uomo è composto di anima e di corpo e che i rapporti fra queste due realtà non possono essere posti sullo stesso piano, perché le finalità delle operazioni dell’anima, spirituale ed eterna, sono più importanti delle finalità delle azioni del corpo. Si tratta quindi di ristabilire un equilibrio andato perduto nel mondo moderno, ma previamente si deve «[…] indagare in che consista, con la massima esattezza, la parte dello spirituale nella vita condotta dall’uomo in società» (p. 14). Come l’angelo realizza il suo servizio contemplando e comunicando quanto apprende di Dio e da Dio, così le attività dell’ uomo sono destinate «[…] alla conoscenza della verità e alla pratica del bene» (p. 20), in cielo, nell’eternità, quando «la nostra lode e il nostro servizio saranno senza macchia né debolezza» (p. 21), ma anche in terra, dove però la nostra attività di contemplazione e di trasmissione risente di numerose imperfezioni.
Ma in che cosa consiste l’attività del contemplare? L’autore risponde in questi termini: l’uomo che contempla, «[…] cioè fissa l’attenzione su un determinato oggetto, prende conoscenza di quanto in esso vi è di vero o di falso, di buono o di cattivo, accetta, consente, in qualche modo assimila nella sua stessa anima la verità e il bene» (p. 21), ma è spinto dalla sua stessa natura «[…] alla contemplazione di quanto l’universo ha di più essenziale: gli altri uomini» (p. 23). Per questo Dio diede ad Adamo una compagna, perché «non è bene che l’uomo sia solo» (Gen. 2, 18) e in questa propensione naturale dell’uomo si trova l’«autentica necessità della vita sociale» (p. 24).
Ma — ancora — come si realizzano queste operazioni, si chiede Corrêa de Oliveira? Attraverso la contemplazione, come si è visto, che è conoscenza, ma anche amore, che è propriamente tale soltanto quando si rivolge a esseri della nostra stessa specie o, a maggior ragione, all’Essere assoluto, a «Colui che è», a Dio. Ma la contemplazione è anche assimilazione fra i due esseri che si amano, da cui nasce l’imitazione che — se orientata verso persone degne e senza pretendere d’ imitare l’ inconfondibile di una persona — costituisce uno dei mezzi privilegiati di progresso personale e sociale: «Imitare, servire da esempio, sono obblighi di ogni uomo, operazioni essenziali al perfezionamento dell’anima, inerenti in profondità alla vita sociale delle anime. Sono modalità disposte dalla Provvidenza stessa e dotate da essa di rilevante efficacia per l’esercizio delle potenze dell’anima, per lo sviluppo dello spirito e per la conquista di quella perfezione che è abito nuziale con il quale ci prepariamo al perfetto banchetto spirituale costituito dalla perpetua contemplazione di Dio» (p. 26).
L’influenza di una persona non si esercita soltanto sui suoi simili, ma anche sull’ambiente che la circonda, cioè su tutti quegli oggetti materiali che accompagnano la vita dell’uomo — dal vestito all’ arredamento, dal linguaggio alla scelta dei colori o dei suoni — che vengono scelti o comunque adattati alle scelte della persona. E, in questo senso, Corrêa de Oliveira propende per la possibilità che esistano ambienti cristiani, laddove lo spirito collettivo di una famiglia o di una società risulta profondamente impregnato dai princìpi evangelici e dall’insegnamento della Chiesa. Queste convinzioni comuni costituiscono l’«anima collettiva» (p. 33) o «cultura» di una società (ibidem), mentre civiltà sarebbe «l’insieme delle istituzioni, delle leggi, dei costumi, infine tutto il modo d’essere collettivo in quanto segnato dalla “cultura”» (p. 34), mentre, con il termine«stile» (ibidem), il pensatore brasiliano indica «le manifestazioni artistiche, in quanto segnate dalla “cultura” e, quindi, necessariamente affini alla “civiltà”» (ibidem). E l’impressione d’insieme esercitata da questi tre fattori, la cultura, la civiltà e lo stile, va a costituire quanto Corrêa de Oliveira chiama «“ambiente” sociale» (ibidem).
Naturalmente, l’uomo che esercita questa influenza sulla cultura e sulla civiltà deve essere consapevole che, nelle scelte che compie, due sono gli attributi, entrambi essenziali, che un oggetto deve possedere: la sua utilità pratica e la sua influenza sull’anima. In questo senso, un armadio deve servire a custodire gli abiti ma anche esercitare un’influenza benefica sull’anima attraverso il suo aspetto. Quanto vale per un mobile, vale anche per un palazzo, un vestito, un quadro o una statua, e se insorgesse un conflitto fra i due servizi, quello al corpo e quello all’anima, «[…] benché pesi a certa mentalità moderna, è più importante per un paese avere una cultura propria, uno stile proprio, costumi, istituzioni, leggi in consonanza con l’ambiente nazionale che una perfetta canalizzazione di acque e di fognature» (p. 38).
Risulta evidente, a questo punto della trattazione di Corrêa de Oliveira, come la società temporale contribuisca a determinare non soltanto il benessere temporale degli uomini, ma possa anche facilitarne la salvezza eterna collaborando con la Chiesa — nei paesi cattolici — «[…] in una posizione ministeriale in relazione allo spirituale, soprannaturale, eterno; il fine prossimo in relazione al fine ultimo» (p. 40). Così, infine, la società temporale è chiamata, come la famiglia, ma con modalità sue proprie, a «[…] una funzione di apostolato nella propria sfera temporale, sotto l’ ispirazione e il magistero della Chiesa» (p. 41), proprio in ragione della profonda influenza che una società naturale, sia essa la famiglia, o una società professionale o ricreativa, oppure la società temporalevero nomine, può esercitare, nel bene o nel male, sul singolo uomo anche in ordine alla sua salvezza e santificazione.
Al termine di queste argomentazioni, Corrêa de Oliveira può tentare una descrizione sintetica della società temporale e della sua ministerialità, quasi una definizione: «La società temporale, voluta da Dio, ordinata a Lui, realizzando in se stessa un’opera di santificazione, è una società santa, che ha una funzione sacra. Società completamente naturale come la famiglia, ma come essa lavorata in profondità dalla vita soprannaturale che germoglia nei suoi membri. Società santa e sacra come la famiglia cristiana, alla quale conviene così bene l’indicazione di santa che perfino il suo vincolo costitutivo è un sacramento istituito dallo stesso Gesù Cristo» (p. 43).
Marco Invernizzi