Categoria:Saggi
Autore:Eugenio Capozzi
Pagine: 208
Prezzo: € 17,00
Anno: 2018
Editore:Marsilio, Padova
ISBN: 9788831742504
L’espressione che dà il titolo al libro è ormai entrata nell’uso comune, non solo in campo giornalistico. Ma, quando la si usa, non sempre si è consapevoli della realtà cui rimanda. In realtà ‒ come esprime il sottotitolo del volume ‒ non si tratta solo della rigida “ortodossia” valoriale che oggi vige nello spazio della comunicazione pubblica, ossia di un atteggiamento invalso, bensì di una ideologia dal profilo ben preciso, che Capozzi disegna egregiamente. In che consiste e dove nasce questa “nuova” ideologia?
L’autore — ordinario di Storia Contemporanea all’Università “Suor Orsola Benincasa di Napoli” — osserva come, dopo la Prima guerra mondiale (1914-1918), e specialmente dopo la Seconda (1939-1845), la cultura dell’Occidente cada in una crisi d’identità sempre più grave, in essa sorgano i primi dubbi sul valore della civiltà di matrice europea e tante sue pagine storiche vengano lette non più come gloriose, ma come ingiustizie inflitte ai popoli e alle culture extra-europei dominati.
Questo rovesciamento di prospettiva si sviluppa e si intreccia con fenomeni come le contro-culture giovanili degli anni 1960, il Sessantotto “dei desideri”, la Rivoluzione sessuale, l’ecologismo spinto e l’autodeterminazione assoluta. La miscela di complessi di colpa e di pulsioni disordinate che ne deriva produce quindi un cambiamento profondo nell’autocoscienza delle élite e dei popoli occidentali. E da qui emergono quei “precetti” e quelle censure nel pensiero, e nel linguaggio scientifico e comunicativo, che colpiscono qualunque asserzione che urti contro princìpi e “valori” predeterminati e assolutizzati, o comunque ogni affermazione “forte”, giacché sempre “escludente”.
Il libro si articola in cinque capitoli. Il primo, L’ideologia dell’Altro (pp. 15-48), fa da introduzione. A ciascuno dei seguenti corrisponde poi uno degli ambiti in cui si possono distinguere le forme del “politicamente corretto”: il multiculturalismo in L’Occidente è sempre colpevole (pp. 49-92); il primato del desiderio in Ogni desiderio è un diritto (pp. 93-138); l’ecologismo in L’uomo non è necessario (pp. 139-166); e l’auto-determinazione anche in materia etico-biologica in Puoi essere quello che vuoi (pp. 167-200).
L’analisi dei molteplici fenomeni storico-culturali in cui questi grandi aggregati si scompongono è quanto mai accurata e multi-dimensionale. Particolare attenzione viene prestata a quelle manifestazioni della sfera pre-razionale ‒ le pulsioni, le estetiche, le forme artistiche ‒ che grande importanza hanno rivestito e rivestono come motori del cambiamento soprattutto a livello popolare.
Lo studio è importante non solo perché consente di scomporre un fenomeno complesso e multiforme, ma anche perché spiega bene la “virata” che le forze progressiste hanno attuato dopo il crollo dell’ideologia comunista nel 1989 con l’abbandono del progetto socialcomunista di un “mondo nuovo”, da realizzarsi specialmente attraverso la sfera dei rapporti socio-economici, e con il rilancio ‒ portando alle estreme conseguenze il trinomio “libertà, uguaglianza, fraternità” attraverso i metodi della democrazia pluralista ‒ della spinta residuale e del personale della Rivoluzione culturale avvenuta intorno al 1968 un po’ in tutto il mondo occidentale. Il passaggio dalla fase “emancipatrice” a quella impositiva, di cui l’attuale “ortodossia” è espressione, segna il culmine e il successo di questa operazione.
È un lavoro da tenere sempre presente quando si analizza la cultura del nostro tempo ‒ e ciò che di tangibile ne deriva ‒, il suo stato di salute e le spinte che si rilevano al suo interno.