Luis Mendonça de Freitas, Cristianità n. 3 (1974)
Traduzione dell’articolo A previdencia estatal, comparso su Catolicismo, Campos, settembre 1952, n. 21.
Forma attenuata di socialismo dì Stato
Durante i secoli XIX e XX, nel campo della civiltà materiale si è realizzato un progresso senza precedenti. Tale progresso è così generale che molti sono tentati di trasporre sul piano sociale e morale quanto osservano in campo materiale.
Questo atteggiamento porta a credere che tutte le istituzioni sociali contemporanee siano il prodotto di una evoluzione permanente attraverso i tempi. Pertanto questo sarebbe il caso degli attuali strumenti di previdenza sociale, che oggi si troverebbero al vertice del loro sviluppo, con i moderni istituti pensionistici che hanno migliaia di associati e che manovrano fortune calcolate in miliardi.
Questa concezione è vera soltanto in parte. L’organizzazione sociale non segue sempre una linea di progresso ininterrotto. Sappiamo, per esempio, che l’Impero Romano è finito in un caos socialista che la civiltà cristiana medioevale ha respinto.
Nel secolo XIII la società era costituita in gruppi gerarchicamente organizzati, dei quali gli individui erano cellule viventi.
Ai nostri giorni la società è stata livellata verso il basso. Ha cessato di essere un corpo organico per trasformarsi in un cumulo meccanico di enormi masse di individui.
Abbiamo progredito? Siamo al culmine di una evoluzione? No. Abbiamo regredito al punto di partenza della civiltà cristiana, allo stadio che i romani avevano raggiunto e il Medioevo superato: al socialismo di Stato.
Sarebbe compito troppo arduo trattare in un articolo di tutti i fattori di disgregazione che ancora oggi operano per rovinare i fondamenti della civiltà cattolica e le sue istituzioni ispirate al diritto naturale. Metteremo a fuoco soltanto un aspetto di questo processo: l’annientamento della parte svolta dalla famiglia con i suoi caratteri di previdenza.
LA FAMIGLIA E LA PREVIDENZA NEL MEDIOEVO
Famiglia non comporta soltanto l’idea di parentela tra persone viventi, unite tra loro da legami di consanguineità o di affinità. Questo è il concetto moderno di famiglia, ed è troppo ristretto. Famiglia include non soltanto le generazioni presenti ma anche gli antenati. Nel Medioevo questo tutto costituiva un autentico Stato in miniatura, con il suo re – il padre, rappresentante nella sua sfera l’autorità divina -, con le sue tradizioni, i suoi costumi, i suoi obiettivi particolari, che si perpetuavano nei discendenti non solo con la trasmissione delle sue qualità morali, ma anche del suo patrimonio economico integralmente conservato.
I manuali di storia, ispirati a principi rivoluzionari, cercano di screditare una tale concezione, affermando che solo la nobiltà si curava dei suoi antenati e delle sue tradizioni. Non ci si deve meravigliare venendo a sapere che nella nobiltà questo spirito si trova più vivo. Infatti è la classe destinata per eccellenza a servire da modello a tutte le altre. In essa dobbiamo cercare l’esempio di tutte le virtù portate al più alto grado. Ma questo non vuol dire che anche nel popolo tale organizzazione familiare non fosse sviluppata. Chi, avendo tra mani oggetti confezionati da artigiani europei, non si è reso conto che un certo legatore di libri lavora secondo segreti che sono stati scoperti dai suoi antenati, molte generazioni fa, e accuratamente trasmessi di padre in figlio fino a lui? Che un certo ebanista, pittore, fabbricante di strumenti musicali, ecc., conserva il ricordo di suoi antenati spesso molto lontani nel tempo, che sono stati precursori, nelle loro città, delle professioni che loro oggi esercitano? Gli esempi potrebbero essere moltiplicati e basterebbe un poco di pazienza per trovarli a iosa.
Famiglie numerose e unite, ecco il mezzo con cui si perpetuavano queste tradizioni. Quando i genitori invecchiavano, avevano i loro ultimi giorni confortati dalla presenza di numerosi figli che li potevano mantenere senza difficoltà.
La creazione di un patrimonio consolida questo mode di vita. Ma il padre di famiglia potrà creare questo patrimonio senza la proprietà di beni duraturi trasmissibili per eredità ai suoi figli? La proprietà è il complemento necessario della famiglia e la sua maggiore difesa contro le sorprese della cattiva sorte, come ha affermato Leone XIII. Sopprimerla o lavorare per la sua soppressione significa lottare per l’avvento del socialismo, poiché essa soltanto fornisce garanzie contro la tirannia dello Stato centralizzatore; “[…] ed è ingiustizia ed inumanità esigere dai privati, sotto nome di imposte, più del dovere“, come si legge nella Rerum novarum.
Si trasmetteva di generazione in generazione non solo l’insieme delle conoscenze professionali, ma anche il patrimonio laboriosamente accumulato. A ogni nuova generazione toccava conservare e aumentare con il suo lavoro questo capitale che costituiva un potente sostegno per la vecchiaia.
L’OPERA DELLA RIVOLUZIONE
Ma il movimento rivoluzionario che si è abbattuto sulla civiltà occidentale ha finito per ridurla in una ben miserevole condizione. Sulla società magnificamente strutturata in gruppi organici che il Medioevo aveva costruito è passato il rullo compressore della Rivoluzione.
Che cosa è successo alla organizzazione familiare così solidamente costituita? Se ne sono minati i fondamenti. Si sono create condizioni che hanno obbligato gruppi considerevoli di popolazione a trasferirsi dalle campagne alle città, a emigrare verso altri continenti. Le grandi metropoli sono diventate il ricettacolo di questi gruppi umani. La persona si dissolve nel tutto collettivo, le sue azioni diventano il riflesso di un essere gigantesco e capriccioso, la massa, incapace di moto proprio, ma suscettibile di essere manovrata dall’esterno.
Che sorte toccò alla organizzazione professionale corporativa, che aveva tanto sostenuto, per secoli, gli artigiani e gli operai? Fu soppressa, dal momento che lo Stato illuminato non aveva bisogno di intermediari tra sé e i suoi sudditi.
Tutto questo è finito o sta per scomparire. L’individuo è rimasto solo di fronte allo Stato onnipotente. La necessità di mantenersi a un certo livello sociale lo costringe a una lotta continua che assorbe tutte le sue energie e lo trasforma in quello che oggi chiamiamo un “uomo dinamico”, cioè in un automa.
LA PREVIDENZA SOCIALE, VIA VERSO IL SOCIALISMO
Per le persone che si conformano a questi tratti caratteristici dei nostri giorni, la previdenza sociale si presenta come la più efficiente o la più comoda forma di garanzia per il futuro.
Indicarla come l’unica soluzione è errato.
Altre epoche della storia hanno conosciuto soluzioni più compatibili con la dignità umana. Facendo questo riferimento abbiamo presente il periodo aureo della civiltà cristiana, il secolo XIII. In questa epoca, benché non esistessero enti pensionistici, gli individui non restavano senza protezione. Al contrario, la famiglia, fortemente appoggiata sulla proprietà privata, e il sistema delle corporazioni di mestiere costituivano vigorosi “sistemi” di previdenza creati senza l’intervento dello Stato.
Dobbiamo considerare la previdenza sociale come una soluzione provvisoria, forse anche necessaria in un mondo quasi senza classi, ma mai come un ideale, perché l’azione dello Stato in questo campo, come in diversi altri che non sono di sua specifica pertinenza, deve essere suppletiva, ossia manifestarsi soltanto dove l’iniziativa dei privati si sia dimostrata insufficiente.
La previdenza sociale è una forma attenuata di socialismo di Stato. Serve a preparare il terreno per la sua instaurazione, in due modi: togliendo lo stimolo alla acquisizione della proprietà privata; e abituando gli individui a vedere nello Stato il signore onnipotente e provvidente di tutta la società.
Non ignoriamo le difficoltà che si presentano per l’applicazione concreta dei principi della dottrina sociale cattolica al mondo attuale. Una organizzazione sociale non può essere fatta su misura. La vita, generalmente, non si adatta agli schemi preparati a tavolino. Ma se è impossibile creare da un giorno all’altro una civiltà ispirata agli insegnamenti della Chiesa, è d’altro lato possibile impedire che i nemici di Dio approfittino della situazione attuale per instaurare nel mondo una società pagana. Perciò è necessario che il cattolico cosciente delle sue responsabilità sia intransigente nella difesa dei principi del diritto naturale, fondamenti necessari di qualsiasi società cristiana. Tra questi emerge per importanza il diritto alla proprietà privata, base e sostegno della solidarietà economica della famiglia, e devono perciò essere denunciate e combattute a tempo l’azione nociva delle imposte crescenti sulla proprietà e le leggi restrittive del diritto di eredità.
LUIZ MENDONÇA DE FREITAS