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Prime riflessioni sul dopo-elezioni

28 Maggio 2019 - Autore: Marco Invernizzi

di Marco Invernizzi

Ci sarà tempo per un’analisi accurata delle elezioni europee e dei flussi elettorali rispetto alle votazioni precedenti. Soprattutto, trattandosi di consultazioni europee, sarà necessario capire che cosa è accaduto anche nei Paesi europei diversi dall’Italia e quindi verificare quali saranno le alleanze politiche fra i parlamentari eletti nei diversi partiti, che al momento non sono ancora chiare.

Per adesso è possibile limitarsi solo a poche considerazioni, sull’Italia.

1. Il voto ha confermato che esiste una maggioranza conservatrice, il cosiddetto Centro-destra, che supera il 40% dei voti senza Forza Italia e che sfiora il 50% con il partito di Silvio Berlusconi. Si tratta di circa 13 milioni di italiani che, quanto meno, sui princìpi fondamentali del bene comune, vita, famiglia e libertà di educazione e libertà religiosa, non sembrano pregiudizialmente ostili all’insegnamento proprio della dottrina sociale della Chiesa Cattolica. È una base di partenza importante per ogni possibile ri-evangelizzazione della società.

2. Rimangono invece profondi pregiudizi ideologici nei confronti dei princìpi cosiddetti “non negoziabili”, accresciuti con l’avvento di Nicola Zingaretti alla segreteria nel Partito Democratico, il quale vanta di avere ottenuto un buon risultato elettorale perché temeva di subire un tracollo di voti, ma che in realtà ha poco di cui gioire. Ha infatti perso oltre 100mila voti rispetto alle elezioni politiche del 2018, passando da 6.176.325 a 6.050.351 voti (secondo i dati Ipsos-Corriere della Sera diffusi il 28 maggio). La Sinistra ha quindi perso voti, eppure rimane alla guida di molte città dove rappresenta un potere antico, esprimendo gli interessi di certi settori delle classi facoltose, degli intellettuali e dei giornalisti. A Roma, per esempio, prende voti nei quartieri “in”, mentre arretra nelle borgate a vantaggio della Lega.

3. La nostra società è “liquida” anche in politica. Soltanto il 37% degli elettori che hanno votato nelle consultazioni politiche del 2018 ha confermato il proprio voto un anno dopo. Non solo l’Italia non vive più l’epoca delle ideologie, quando gli spostamenti elettorali erano minimi perché si votava per appartenenza ideologica, ma il cambiamento del voto è divenuto una costante proprio perché non si vota scegliendo chi si avvicina di più alla propria visione del mondo, ma si sceglie in base a un interesse, per quanto legittimo. Il caso del MoVimento5Stelle (M5S), che in un anno ha perso oltre 6 milioni di voti, è emblematico. In realtà ci si può però chiedere: che cosa significa votare M5S, se non dare voce a una forma generica di protesta o affermare l’importanza dell’“onestà”, come se quest’ultima fosse appannaggio di una forza politica, anzi di una sola forza politica, e così bastasse per ben governare, salvo poi essere inevitabilmente contraddetti anche da qualche proprio esponente?

Molte altre osservazioni andranno fatte su quell’importante “sondaggio dei poveri” (cioè di chi non può permettersene di veri) che sono le elezioni. Quanto meno però le elezioni europee hanno confermato che c’è ancora buon senso nel Bel Paese, e che vi rimane anche un certo senso religioso, per quanto minoritario e forse confuso. Di questo è auspicabile che si renda conto anzitutto chi questi voti ha ricevuto con il “mandato” di arginare la deriva libertaria e radicale, proseguita anche nella Legislatura in corso.

Come ho fatto notare ai pastori della nostra Chiesa, una parte non trascurabile dei non molti fedeli che partecipano alla Messa della domenica vota per questi partiti “conservatori”: questi fedeli vanno coltivati, non abbandonati, secondo l’ottica dell’«odore delle pecore» insegnata proprio ai pastori da Papa Francesco. Verosimilmente sono persone che credono in alcuni princìpi: se deluse potrebbero perdere ogni riferimento ed entrare in una forma di “disperazione politica” che già oggi porta molti, soprattutto fra i giovani, a non andare a votare.

Questi italiani rappresentano un patrimonio umano non piccolo di cui tenere conto per fermare l’offensiva ideologica la quale potrebbe riuscire nei prossimi mesi a legalizzate per esempio l’eutanasia. Ma sono anche persone con cui ripartire per invertire la rotta culturale dell’Italia, purché non si dia per scontato che il mondo vada inesorabilmente verso la “dittatura del relativismo”, quasi fosse un destino non evitabile.

Martedì, 28 maggio 2019

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