Il 13 e 14 marzo 2007 il Senato della Repubblica Italiana ha discusso e approvato la risoluzione presentata dalla 14a Commissione permanente sul programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per l’anno 2007 e sul programma di 18 mesi delle Presidenze tedesca, portoghese e slovena (Doc. XVIII, n. 2). Nel corso dell’esame l’Assemblea ha respinto due ordini del giorno miranti a impegnare il Governo ad adoperarsi perché nel Trattato per la Costituzione d’Europa fosse introdotto un riferimento — fra i valori dell’Unione Europea — alle radici cristiane.
Vengono riportati l’intervento in discussione del sen. Massimo Polledri (cfr. Senato della Repubblica, XV legislatura, Assemblea-Resoconto stenografico, 122a seduta, 13 marzo 2007), il testo degli ordini del giorno respinti e di quelli ritirati, i pareri contrari espressi su di essi dal relatore, sen. Giorgio Mele, e dal professor Giampaolo Vittorio D’Andrea, sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le Riforme Istituzionali, e gl’interventi per dichiarazione di voto dei senn. Maurizio Eufemi, Polledri e Gaetano Quagliariello (cfr. Senato della Repubblica, XV legislatura, Assemblea-Resoconto stenografico, 124a seduta [pomeridiana], 14 marzo 2007). Titolo redazionale.
SENATO DELLA REPUBBLICA
XV LEGISLATURA
122a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
STENOGRAFICO
MARTEDÌ 13 MARZO 2007
Presidenza del presidente
MARINI,
indi del vice presidente CALDEROLI
e del vice presidente ANGIUS
Massimo Polledri
Lega Nord Padania
Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevole Ministro, colleghe e colleghi, se chiedessimo qual è l’immagine che c’è sull’euro probabilmente nessuno di noi se la ricorderebbe.
C’era un tempo in cui la moneta rappresentava il volto dell’imperatore; in qualche modo era un volto dell’Europa. Ci siamo interrogati prima e in questi anni su quale sia il volto che vogliamo dare all’Europa. Vi è sicuramente un comune sentire, un sentirsi a casa in Europa e non solo, ma non ci sono un volto e un’anima. Questi ultimi non traspaiono dal Trattato e forse è per questo che esso è stato rigettato dai popoli.
Pertanto, Presidente, noi ci sentiamo — per ritornare al contributo che vogliamo dare con l’ordine del giorno in esame — di sottoscrivere le parole del presidente Napolitano, pronunciate il 20 novembre [2006], in occasione della visita ufficiale al Sommo Pontefice: “Siamo convinti che molto possa fare per la causa della pace e della giustizia nel mondo l’Europa unita, parlando con una sola voce e riconoscendosi in grandi valori condivisi, che riflettono il ruolo storico e la sempre viva lezione ideale del Cristianesimo”.
Inoltre, signor Presidente, ci riconosciamo nelle parole del presidente Ciampi, che affermò, in più occasioni, in forma ufficiale: “L’Europa è definita da confini ideali e politici, più che geografici. Veniamo da una comune eredità umana e cristiana”, affermava il Presidente della Repubblica; in base a tale eredità dobbiamo “rivendicare una cultura ed uno spirito genuinamente europeo” per evitare che il patrimonio spirituale dell’Europa del XXI secolo si riduca a un sito archeologico.
Giuliano Amato, allora vice presidente della Convenzione europea, pubblicamente riconosceva il valore identitario per l’Europa della religione cristiana e l’opportunità della sua inclusione come principio fondante nel testo della nascente Costituzione, alla cui natura aveva direttamente contribuito insieme al presidente Fini. Si tratta di argomenti importanti, Presidente.
L’Europa non è sicuramente un continente geografico, nel senso che non è un insieme di terre emerse circondate dall’oceano. Se volessimo definirla, potremmo affermare che essa è una penisola del continente asiatico; non c’è un’unità etnica. Abbiamo conosciuto invasioni dal V secolo avanti Cristo fino al XVIII secolo dopo Cristo e quindi alla base vi è un principio di cultura, la quale, come afferma Giovanni Paolo II “non riguarda solo gli uomini di scienza, così come non deve rinchiudersi nei musei”. Anzi, essa “è la dimora abituale dell’uomo, ciò che caratterizza tutto il suo comportamento e il suo modo di vivere, persino di abitare e di vestirsi, ciò ch’egli trova bello, il suo modo di concepire la vita e la morte, l’amore, la famiglia e l’impegno, la natura, la sua stessa esistenza e la vita associata degli uomini”.
A questo principio e a queste radici comuni cristiano-giudaiche dobbiamo molto della nostra cultura laica, del principio di separazione fra Stato e Chiesa e nel campo dell’arte con l’Europa delle basiliche e delle cattedrali; ad esse dobbiamo molto del principio del rispetto della dignità e della libertà umana e, Presidente, del rispetto della dignità di tutti gli uomini.
Il principio di uguaglianza tra tutti gli uomini è un principio che nasce comunemente con la cultura cristiana e l’Europa sopravvive all’Impero romano sulle strade stesse di quella che era Roma, portando questo nuovo fattore di unità. In un momento di disgregazione, in qualche modo la religione cristiana costituisce un collante e un continuo della storia romana e quindi un continuo di una storia di civiltà.
Signor Presidente, come si è parlato di Magna Grecia, qualcuno oggi parla in qualche modo di Magna Europa, come se all’Europa geografica e continentale potessero sommarsi degli altri elementi di Europa presenti nelle altre culture. Sono i concetti di Magna Europa di Henri Brugmans ed anche di un processo di orgoglio di queste radici europee; un processo che è stato forse messo in discussione dal processo di colonizzazione, in quanto tutti noi nutriamo ancora un senso di colpa e sentiamo di doverne scontare il retaggio.
Il processo di decolonizzazione, che ha avuto il suo momento più alto nella Conferenza di Bandung del 24 aprile 1955 per poi esaurirsi negli anni Settanta, deve portare al riconoscimento che l’Europa ha seminato anche un’”eredità di civiltà”. Di questa eredità, probabilmente, avremmo provato un maggiore orgoglio se non si fosse verificato quanto ci ha caratterizzato, cioè il processo dell’Europa nazione e degli Stati nazionali.
Noi oggi stiamo cercando di ricomporre questa diaspora degli Stati nazionali attorno ad un grande progetto: il progetto dell’Europa della CECA, e dei Trattati di Roma. Si sta cercando di realizzare quanto per secoli non abbiamo avuto; superando l’Europa delle divisioni, dei modelli nazionali, delle varie Italie. Si tratta di sette, dieci Europe riproducenti queste divisioni in giro per il mondo.
Se oggi ripensiamo alla storia, dovremmo ripensarla come alcuni pensatori e storici. Cito lo svizzero Gonzague de Reynold che ha rivisitato la storia del colonialismo e che afferma: “L’avventura, il dramma dell’epoca moderna, fu di aver conquistato il mondo dopo aver distrutto nella stessa Europa il principio di unità che avrebbe adesso permesso di organizzare la sua conquista. Un’Europa unita attorno al principio cristiano avrebbe potuto fare opera civilizzatrice: un’Europa divisa in nazioni poteva fare solo opera colonizzatrice. Proiettando nelle altre parti del globo le sue divisioni religiose, i suoi conflitti politici, le sue rivalità economiche e, infine, le sue idee rivoluzionarie, l’epoca dell’uomo ha fallito il suo destino. Che errore di prospettiva, quando si dimentica di far entrare nelle storie dell’elemento coloniale la storia della stessa Europa!”.
Signor Presidente, questo ordine del giorno forse avrebbe meritato una più attenta discussione e, magari, miglior oratore e miglior perorazione. Ritengo, però, che questo sentimento sia condiviso in modo trasversale. Quest’ordine del giorno fa il paio con una mozione da noi depositata, la 1-00009, con la quale si chiedeva al Governo di far riferimento nelle sedi opportune, nei Consigli europei che potevano decidere del futuro Trattato, alla possibilità di riconsiderare l’attenzione alle radici cristiano-giudaiche dell’Europa. Avevo depositato la medesima mozione, come primo firmatario, nella passata legislatura ma non vi è stato modo di discuterla.
Certamente il dibattito in quest’Aula è ampio e, probabilmente, si parla di molti argomenti. C’è bisogno, però, e per questo confidiamo in una discussione e in un’approvazione da parte del Ministro e dell’Aula, anche di un riconoscimento, senza vergogna ma con orgoglio, delle nostre radici cristiane. Queste radici hanno consentito all’Europa di essere grande, di realizzare la parità fra uomo e donna, di attuare non la divisione in censo ma il principio di uguaglianza di fronte alla legge e, prima ancora, di fronte a Dio.
Per questo, signor Presidente, raccomandiamo all’Aula di considerare la centralità del Senato italiano e l’opportunità di un atto, se pur piccolo, che sia tassello per la costruzione di un’Europa davvero unita, che possa riconsiderare la propria storia senza provarne vergogna. L’Europa è stata oggetto di una crescita artistica, democratica, umana che, in qualche modo, signor Presidente, vediamo minata da questa nuova religione laicista e relativista. Essa vorrebbe porre solamente il desiderio e nessuna affermazione di nessuna verità o di nessun valore, come unico collante di questo convivere.
Noi ci sentiamo umilmente di ricordare a quest’Aula chi eravamo, la grandezza di quanto abbiamo seminato; certo, vi è la necessità di correggere alcuni errori, ma anche di poter sviluppare, nella continuità, un grande futuro per l’Europa, non solo in questo continente ma nel resto del mondo. (Applausi dai Gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia e dei senatori Eufemi e Baldassarri).
124a SEDUTA PUBBLICA
(Pomeridiana)
RESOCONTO
STENOGRAFICO
MERCOLEDÌ 14 MARZO 2007
Presidenza del vice presidente
CALDEROLI
Ordine del giorno G2
Eufemi
Respinto
Il Senato,
premesso che:
con la legge n. 57 del 7 aprile 2005 di ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, l’Italia ha confermato il proprio impegno nel processo di unificazione europea tendente a realizzare, prima di tutto, un’unione tra i popoli europei rispettosa delle differenti culture e sensibilità nazionali;
tale processo di unificazione europea è stato interrotto dall’esito negativo del referendum celebrato in Francia e in Olanda;
l’occasione delle celebrazioni del Cinquantesimo anniversario dei Trattati stipulati a Roma il 25 marzo 1957 può costituire un grande momento per rilanciare il processo di unificazione dell’Europa, anche alla luce delle indicazioni che emergeranno al vertice di Berlino, riprendendo un cammino più intenso;
il Trattato, la cui definizione ha comportato l’esigenza di addivenire a compromessi, interviene in materie particolarmente delicate come il diritto alla vita e la tutela della famiglia;
in tali materie, a livello europeo, non vi è ancora un comune sentire; pertanto anche al fine di rafforzare la condivisione di valori fondamentali occorre rappresentare adeguatamente le tradizioni costituzionali dei diversi Stati membri;
gli articoli II-62 e II-63, che intervengono sul diritto alla vita e sul diritto all’integrità della persona, sono parziali rispetto alla tutela già accordata nelle applicazioni della biologia e della medicina alla vita prenatale e all’embrione da Convenzioni internazionali come la Convenzione per la protezione dei diritti umani e della dignità dell’essere umano riguardo le applicazioni della biologia e della medicina, firmata a Oviedo nel 1997;
gli articoli II-69, relativo al diritto di sposarsi e costituire una famiglia, e II-93, in materia di vita familiare e vita professionale, non sono coerenti con i princìpi rinvenibili negli atti internazionali in materia di diritti umani e nella tradizione costituzionale italiana; in particolare, la formulazione adottata dall’articolo II-69 secondo la quale il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia è assicurato a chiunque, si discosta da quella comunemente accettata in sede internazionale secondo cui “uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi” (cfr. articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani, proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, articolo 23 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 16 dicembre 1966 e articolo 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950);
il ruolo della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, riconosciuto dall’articolo 29 della Costituzione italiana, è negli stessi termini presente negli atti internazionali richiamati, ma non è esplicitato nel testo del Trattato;
anche se formalmente la disciplina delle citate materie è lasciata dal Trattato agli Stati membri, vi sono competenze attribuite alle istituzioni dell’Unione europea che possono avere una diretta incidenza su di esse e quindi una ricaduta sugli ordinamenti nazionali. A titolo di esempio si possono ricordare gli articoli III-248 e seguenti in materia di ricerca e sviluppo tecnologico in base ai quali si possono legittimare finanziamenti a carico del bilancio comunitario a ricerche che comportano l’uso di cellule staminali embrionali, o l’articolo III-269 sulla cooperazione giudiziaria in materia civile, che consente al Consiglio, su proposta della Commissione, di disciplinare con legge-quadro europea gli aspetti del diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali. Per tale decisione è prevista l’unanimità, ma è bene sottolineare che sulla base del Trattato la decisione viene assunta dal rappresentante del Governo italiano in Consiglio senza passare dal Parlamento;
la presenza di clausole interpretative di chiusura in materia di diritti fondamentali, contenute negli articoli II-112 e II-113, non rappresenta idonea garanzia in quanto esse fanno riferimento ad elementi troppo generici, come le tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, la cui ricognizione non è certo agevole. Recentemente nelle sedi istituzionali dell’Unione europea sono state assunte posizioni che dimostrano tali difficoltà e l’esigenza per gli Stati di riservare le scelte su questioni così delicate alle sedi di rappresentanza democratica come il Parlamento nazionale,
impegna il Governo:
a promuovere e sostenere nelle competenti sedi e con gli atti coerenti con il diritto internazionale una interpretazione del Trattato che ribadisca i seguenti princìpi:
a) le materie concernenti la famiglia e la vita sono di esclusiva competenza degli Stati membri le cui tradizioni costituzionali devono essere rispettate;
b) l’interpretazione dell’articolo II-69 e la sua applicazione devono essere fatte in relazione all’articolo 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950;
a presentare in Parlamento la sua posizione prima dell’adozione di atti normativi comunitari che abbiano un impatto sul diritto alla vita e sulla famiglia nelle more di una puntuale disciplina nazionale sulle procedure di partecipazione dell’Italia all’Unione europea;
a proseguire, in coerenza con quanto avvenuto in sede di Convenzione, nell’impegno di introdurre — tra i valori dell’Unione — le radici giudaico-cristiane nelle prossime modifiche del Trattato per la Costituzione d’Europa e in generale nel diritto dell’Unione a partire dalla Dichiarazione di Berlino del 25 marzo 2007.
Ordine del giorno G3
Polledri, Galli
Ritirato
Il Senato della Repubblica,
esaminato il programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2007 e il programma di 18 mesi della Presidenza tedesca, portoghese e slovena;
constatato che esiste una volontà di rilanciare il processo costituzionale comunitario, già arenatosi dopo la bocciatura popolare in due Paesi dell’Unione soprattutto a causa della complessità e del tecnicismo del testo proposto, lontano dalla sensibilità e dalle reali esigenze dei popoli dell’Europa;
ritenendo che un trattato costituzionale debba segnare un momento fondante dell’identità europea, e debba anzitutto fissare i principi morali e spirituali sul cui edificare il futuro dell’Unione;
riconoscendo che le comuni radici cristiane dei popoli europei hanno influito in maniera determinante sullo sviluppo di un’identità europea e sulla formazione di ideali e principi comuni in tema di riconoscimento della dignità della persona umana, della famiglia come unione naturale tra uomo e donna, di solidarietà sociale verso gli innocenti e i più deboli, della conoscenza della natura come opera divina affidata all’uomo e alle sue capacità di interagire con essa, di morale naturale e cristiana,
impegna il Governo:
ad adoperarsi in ogni futuro vertice a livello intergovernativo affinché il processo costituzionale europeo, qualunque direzione esso prenda nel prossimo futuro, riconosca e valorizzi le radici cristiane dell’Europa quale elemento caratterizzante della storia, dell’identità e della cultura dei popoli europei.
Ordine del giorno G4
Polledri, Galli
Ritirato
Il Senato della Repubblica,
esaminato il programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2007 e il programma di 18 mesi della Presidenza tedesca, portoghese e slovena;
constatato che esiste una volontà di rilanciare il processo costituzionale comunitario, già arenatosi dopo la bocciatura popolare in due Paesi dell’Unione soprattutto a causa della complessità e del tecnicismo del testo proposto, lontano dalla sensibilità e dalle reali esigenze dei popoli dell’Europa;
prendendo spunto dal preambolo del trattato costituzionale, che afferma che tutti gli europei sono di fatto “abitanti giunti a ondate successive fin dagli albori dell’umanità”. Pur comprendendo il fascino di immagini mitologiche e di terminologie politicamente corrette questa è anche un’implicita allusione ad una mancanza di un vero radicamento originario al territorio, affermazione assolutamente falsa e deviante e colpevolmente aperta a nuove “ondate” future di popoli estranei alle origini europee;
ritenendo invece che esista nei Popoli europei un fortissimo attaccamento al proprio territorio e che ai territori che formano l’Europa, e che non coincidono con gli Stati nazionali, corrispondono tradizioni, culture, lingue e linguaggi, forme di relazione sociale e di convivenza rispettosa;
osservando che l’Unione europea, che vorrebbe porsi quale erede storica dell’impero romano e del Sacro romano impero, non riconosce e non tutela, al di là di pochi slogan di facciata, le diversità dei popoli europei, che pensano all’Europa come ad un’area di libertà e di reciproco rispetto nella quale confrontarsi ed esprimersi, bensì, al contrario, cerca di livellare, incardinare ed uniformare le differenze creando un ibrido culturale senza anima, nel quale i popoli non riescono a riconoscersi,
impegna il Governo:
a lavorare ed impegnarsi in tutte le sedi opportune perché la ripresa del processo costituente vada in direzione di un’Europa dei popoli e delle culture.
Ordine del giorno G5
Calderoli
Respinto
Il Senato della Repubblica,
preso atto della risoluzione della 14ª Commissione permanente sugli atti comunitari nn. 7 e 8,
impegna il Governo a sostenere, nelle sedi competenti, le radici cristiane dell’Europa.
Giorgio Mele
relatore L’Ulivo
Signor Presidente, già nella replica avevo anticipato alcuni elementi di apprezzamento o meno sugli ordini del giorno.
Do subito un giudizio favorevole sull’ordine del giorno G1, presentato dal senatore Zanone e da altri senatori, perché mi sembra un modo positivo per poter avvicinare, attraverso il referendum sul Trattato, l’Europa ai cittadini.
Esprimo invece parere contrario sull’ordine del giorno G2. Il senatore Eufemi aveva presentato questo ordine del giorno già in una precedente occasione, quando stavamo discutendo specificamente dei Trattati, numerati come è scritto qui. Oggi siamo nella fase di un Trattato “congelato”; quindi, da questo punto di vista è forse opportuno evitare elementi di difficoltà per la discussione. Al contempo, le materie da lui indicate sono comunque riconosciute dal Trattato come di competenza nazionale. Quindi, l’ordine del giorno mi sembra pleonastico e rischia di creare difficoltà; inoltre, rispetto all’impegno richiesto al Governo, rischia di essere strumentale nell’imporre discussioni che sono ad oggi elemento di dibattito all’interno del nostro Paese, più che dell’Europa.
Ho risposto precedentemente, anche per quanto riguarda gli altri ordini del giorno inerenti a tale aspetto, in merito all’impegno di introdurre le radici giudaico-cristiane. Mi sembra che la discussione sia stata già fatta. Nello stesso tempo, nel preambolo della scorsa Costituzione, ma mi sembra anche nella attuale Dichiarazione di Berlino, si parla di ispirazione alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa. Mi rifaccio alle parole del senatore Baccini, che ho condiviso molto, in particolare quando ha detto che l’Europa si basa fondamentalmente sulla civiltà classica, sull’eredità religiosa giudaico cristiana e sulle grandi culture del Rinascimento, dell’Umanesimo e dell’Illuminismo.
È quindi evidente — e riconosco in questo un elemento di verità profonda — che l’Europa si fonda su questi grandi filoni. Proprio per tale motivo, utilizzare oggi solo questo riferimento mi sembra, da un certo punto di vista, strumentale anche rispetto a chi crede. Nello stesso tempo, penso che la questione sia stata già risolta in Europa, perché è chiaro che in Europa dobbiamo mettere insieme la Francia laica, le nostre tradizioni, ma anche la Polonia. È evidente che la formula adottata “le eredità culturali, religiose ed umanistiche” è risolutiva. Pertanto, esprimo parere contrario all’ordine del giorno G2.
Di conseguenza, esprimo parere contrario anche sugli ordini del giorno G3 e G4, nonché sull’ordine del giorno G5 a sua firma, Presidente, proprio in questo senso: non perché ci sia un riconoscimento relativo, ma perché ci deve essere un riconoscimento più complessivo delle radici culturali dell’Europa.
In particolare, l’ordine del giorno G4, dei senatori Galli e Polledri, mi sembra — come emerso anche nel corso della sua illustrazione — più che altro una proposta contro l’ampliamento dell’Europa, che noi invece dobbiamo costruire. Ricordo ancora l’intervento del senatore Baccini e del collega Mantica, che secondo me puntano invece non tanto a un’Europa ibrida ma ad un’Europa plurale, diversa e molteplice, come ha detto anche la Merkel, in maniera molto forte; e quando ella ha affermato che l’Europa dev’essere molteplice, diversa e plurale ha detto che la tolleranza è il vero valore su cui fondarsi.
Queste sono le motivazioni del mio parere sugli ordini del giorno.
Giampaolo Vittorio D’Andrea
sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali
Signor Presidente, a nome del Governo esprimo ovviamente parere favorevole alla risoluzione elaborata dalla 14a Commissione, ringraziando anche il relatore, il Presidente e i componenti della Commissione per il lavoro approfondito che è stato fatto. Ci ritroviamo infatti nell’impostazione che la Commissione ha evidenziato e che è riferita soprattutto all’attivo contributo dell’Italia alla stesura della Dichiarazione di Berlino del 25 marzo e anche all’idea di sviluppare un’adeguata campagna di sensibilizzazione, indispensabile per rilanciare in positivo i valori dell’integrazione europea nel nostro Paese.
Ci sono poi gli ordini del giorno. L’ordine del giorno G1, a firma Zanone, che è trasversale e raccoglie il consenso di larga parte dei Gruppi di questa nostra Assemblea, è accolto dal Governo.
Esso fa riferimento essenzialmente alla necessità di valorizzare questo ulteriore cammino di rilancio della prospettiva europea.
È un’impostazione che ci vede assolutamente favorevoli e che sta impegnando il Governo anche in questi mesi, in questo — devo dire — anche in continuità con le azioni svolte dal precedente Governo. Vorrei ricordare a tal proposito, signor Presidente, onorevoli senatori, che il Trattato per una Costituzione europea, che fu qui presentato per la ratifica dal precedente Governo nella passata legislatura, peraltro in coincidenza con la Presidenza di turno dell’Italia dell’Unione Europea, ha trovato numerose occasioni di discussione in Senato.
Anche alcuni dei temi che sono oggetto specificamente degli ordini del giorno ulteriori G2, G3, G4 e G5 sono stati affrontati in quella sede, nonché in sede di Convenzione europea. Fino a poco fa era presente il presidente Dini, che è stato uno dei protagonisti di quella discussione.
Alla fine abbiamo convenuto, come Italia, con una larghissima maggioranza parlamentare, sulla ratifica di quel Trattato, del progetto di Costituzione europea (che tra l’altro in Italia è stato approvato anche dagli elettori attraverso il referendum), certamente consapevoli — lo dico al senatore Eufemi, in particolare — del carattere di mediazione che il testo del Trattato aveva, ma anche consapevoli del fatto che nell’insieme alcuni elementi che noi avevamo evidenziato nel corso del dibattito, inclusi quelli sui quali si è soffermato poco fa il relatore senatore Mele, avevano trovato un adeguato accoglimento nel progetto di Costituzione europea.
A partire da questo dato vorrei rivolgere un appello ai proponenti degli ordini del giorno. È di fronte a noi un’iniziativa molto delicata di rilancio del Trattato costituzionale europeo. Essa viene portata avanti dal Presidente di turno del Consiglio europeo, il Cancelliere tedesco, anche collegando tale iniziativa ai cinquant’anni dei Trattati di Roma, che ci accingiamo a celebrare.
Nell’iniziativa del Cancelliere tedesco si sta compiendo ogni sforzo per evitare che, prima che prenda forma la bozza di risoluzione che dovrà essere sottoposta all’approvazione del Summit di Berlino, emergano qua e là voci dissonanti o tentativi di veto rispetto all’ulteriore cammino di questo progetto.
È un lavoro diplomatico molto delicato, che il Governo italiano si è impegnato ad assecondare in tutte le forme, sia per tener fede alla sua tradizione di Paese europeista e tra i fondatori dell’Europa Unita, sia per salvaguardare, in coerenza con i suoi atti parlamentari precedenti e con il voto degli elettori italiani, il più possibile la prospettiva della Costituzione europea.
Al Governo sembrerebbe molto inopportuno in una sede come questa inserire, invece, una qualche specificazione, un qualche condizionamento rispetto all’ulteriore cammino, che indebolirebbero l’azione del Governo italiano, in ciò interprete della generalità delle volontà del nostro Parlamento e del nostro popolo, e che probabilmente costituirebbero un ostacolo per la stessa iniziativa del cancelliere tedesco.
Allora, più che essere un parere contrario di merito, che non avrebbe senso perché ci sono parti dei documenti che noi condividiamo (alcuni li possiamo anche condividere nel loro insieme), il nostro è un invito al ritiro con una riserva che possiamo mantenere. Pertanto, se e quando dopo la Dichiarazione di Berlino ripartirà il processo per la nuova Costituzione europea o per il rilancio del testo che è già stato sottoscritto dai Paesi membri e che è stato sottoposto al referendum, potremo discutere in sede parlamentare delle modalità attraverso le quali puntare, se sarà possibile, ad ulteriori precisazioni.
In questa fase, onorevoli senatori, il Governo ritiene però che un’iniziativa limitante l’azione del Cancelliere tedesco e del Governo, di pieno supporto alla stessa, sarebbe lesiva degli interessi del nostro Paese, e soprattutto correrebbe il rischio di vanificare lo sforzo che si sta compiendo.
Questa è la ragione per la quale il Governo invita i proponenti al ritiro degli ordini del giorno G2, G3, G4 e G5 e diversamente è costretto a suggerire all’Aula un voto contrario.
Maurizio Eufemi
Unione dei Democraticicristiani e di Centro
Signor Presidente, vorrei motivare le ragioni per le quali intendo insistere per la votazione dell’ordine del giorno che ho presentato e chiedo, anzi, a quindici colleghi il sostegno per il voto elettronico.
Come si fa, signor Presidente, a dire — come ha fatto il sottosegretario D’Andrea — che, dopo Berlino, potremo discutere in sede parlamentare? Abbiamo bisogno di dare oggi un’indicazione ai rappresentanti del Governo, perché Berlino sia uno snodo in cui essi possano farsi interpreti delle ragioni che emergeranno in quest’Aula.
Come si fa a dire che, in questa fase, un’iniziativa limitante sarebbe lesiva e rischierebbe di vanificare lo sforzo che si sta compiendo? Ora respingiamo le argomentazioni addotte, che fanno parte di un certo equilibrismo: quando sono in gioco valori, non bisogna avere incertezze. Non stiamo facendo, signor Presidente, un gioco d’Aula; qui non dovrebbe essere in gioco il rapporto maggioranza Governo né la vita di quest’ultimo sull’ordine del giorno di cui stiamo parlando: qui stiamo difendendo principi che dovrebbero essere comuni.
Allora, vogliamo difendere le ragioni, l’anima, l’idea dell’Europa; insomma, quello che viene richiamato da Angela Merkel. Dov’è lo scandalo, nell’aver richiamato, appunto, il suo coraggio di creare un’alleanza per la famiglia e la difesa della natalità? Come si fa a dire che Berlino non sarà la tappa per fare il punto della ripresa del cammino europeo?
Come si fa a non prevedere una sollecitazione al nostro Governo su questo punto specifico, che è, appunto, quello del riaffermare le radici giudaiche e cristiane dell’Europa? Saranno certo le elezioni europee — esse stesse — un referendum e potranno — quelle del 2009 — tenere sveglie le coscienze, obbligando l’Europa a reagire. Riteniamo, signor Presidente, di essere impegnati nella ripresa del cammino europeo, riprendendo i riferimenti espliciti alle radici cristiane dell’Europa: un’Europa con una precisa identità culturale; un’Europa dei valori (che non nasce, quindi, da un relativismo senza princìpi, ma da valori che hanno plasmato l’identità europea nel corso dei secoli).
Massimo Polledri
Lega Nord Padania
Signor Presidente, intendo ritirare l’ordine del giorno G3 e chiedo ai colleghi del mio Gruppo, così come a quelli della Casa delle Libertà, di appoggiare il G5, da lei presentato. Questo perché il collega relatore ha detto che nelle premesse vi sono elementi non chiari e che erano contrari all’allargamento. Forse sono stato male interpretato: nessun impedimento all’allargamento. Quando poi il senatore Zanda parla di provocazione, ebbene, dico di sì. Questa è una provocazione nel senso di chiamare tutti a favore di un pronunciamento. Riconoscere che una delle radici nel bosco dell’Europa è quella cristiana mi sembra un atto lapalissiano. Se poi, per qualche problema interno alla maggioranza, questo non può essere accettato perché c’è una sorta di scandalo, il problema è vostro.
Ma allora era provocatore anche il presidente della Repubblica Napolitano quando recentemente, il 20 novembre [2006], ha parlato al Sommo Pontefice e ha detto: “Siamo convinti che molto possa fare per la causa della pace e della giustizia nel mondo l’Europa unita, parlando con una sola voce e riconoscendosi in grandi valori condivisi, che riflettono il ruolo storico e la sempre viva lezione ideale del Cristianesimo”. Questo non è Polledri, né Calderoli o Eufemi, ma è il presidente Napolitano. Lo stesso presidente Ciampi affermava: “Veniamo da una comune eredità umana e cristiana. […] L’Europa è definita da confini ideali e politici, più che geografici”. Giuliano Amato riconosceva il valore identitario per l’Europa della religione cristiana e l’opportunità della sua inclusione. Ma sono tutti provocatori, o sono provocatori solamente perché non riuscite a dare una risposta semplice?
Signor Presidente, si sono inventati questo dibattito perché non avevano alcun argomento da portare in Aula. Ora questo dibattito sta prendendo una piega seria. Non voglio provocare e andare ad eccitare l’ala cattolica, per carità, e non voglio dire come debba votare questa parte, che risponderà alla propria base politica e alla propria coscienza. Non accettiamo però che tutte le volte che l’opposizione pone un argomento serio ci venga detto dagli eredi di Stalin che siamo dei provocatori. Questo deve essere ben chiaro! (Applausi dai Gruppi LNP, FI, Alleanza Nazionale, Unione Democraticicristiani e di Centro e Democrazia Cristiana-Partito Repubblicano Italiano-Indi pendenti-Movimento per l’Autonomia). Voi non potete non sottoporvi ad un dialogo e ad un giudizio anche costituzionale e democratico.
Pertanto, signor Presidente, ritiriamo gli ordini del giorno e convergiamo su una dichiarazione semplice finalizzata a riconoscere, nei luoghi opportuni che voi sceglierete (la sede del Partito Comunista o la Casa del popolo), una semplice verità: l’eredità cristiana qualche cosa ha fatto per il nostro Continente. (Applausi dai Gruppi LNP, FI, AN, UDC e DC-PRI-IND-MPA).
Gaetano Quagliariello
Forza Italia
Signor Presidente, vorrei annunciare il voto favorevole del Gruppo Forza Italia agli ordini del giorno presentati dai colleghi Eufemi, Polledri e soprattutto a quello del senatore Calderoli. Le ragioni addotte contro l’opportunità di questo ordine del giorno infatti non ci convincono né da un punto di vista culturale né da un punto di vista politico.
Colleghi, affermare i fondamenti di un fenomeno non significa affermare che quel fenomeno, se culturale, poi non si possa ibridare e produrne degli altri. Affermare le radici giudaico-cristiane dell’Europa assieme alle radici greco-romane non significa negare l’importanza dell’Umanesimo, dell’Illuminismo e di quanto è seguito. Si tratta di un fatto, non di un’opinione, che chiunque e con qualunque fede politica dovrebbe avere la forza di riconoscere.
Da un punto di vista politico non credo vi siano difficoltà o che si metta in pericolo la presidenza del cancelliere Angela Merkel nel momento in cui si afferma che vogliamo ripartire da questo dato. Significa solamente chiarire la consapevolezza dei motivi per i quali l’Europa fino ad ora è fallita.
La cancelliera Merkel, intervenendo il 30 novembre 2005, si è così espressa: “Se rinunciassimo ai nostri valori, rinunceremmo a noi stessi”. E l’11 marzo 2006 ha ribadito il concetto: “L’Europa si deve rifondare a partire da se stessa e mostrare in modo sempre più competitivo e globalizzato di sapere plasmare la politica secondo i propri valori”.
Presidente, quello che noi dobbiamo affermare qui, oggi, è che le Costituzioni non cadono dal cielo; le Costituzioni rispondono a precise culture e solo se rispettano queste culture riescono a resistere quando qui sulla terra i tempi si fanno turbolenti. Siamo in tempi turbolenti. Se non troviamo la forza di riconoscere noi stessi ci troveremo, ancora una volta, a dover riconoscere di aver perso un’altra occasione. (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LNP. Congratulazioni).