Firmato a Roma il 5 maggio 1988, è comparso in Présent del 22 giugno con il titolo Le protocole d’accord du 5 mai. La traduzione è redazionale
Protocollo di accordo fra la Santa Sede e la Fraternità Sacerdotale San Pio X
I. Testo della Dichiarazione dottrinale
Io, Marcel Lefebvre, Arcivescovo-Vescovo emerito di Tulle, e i membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X da me fondata:
1. Promettiamo di essere sempre fedeli alla Chiesa Cattolica e al Romano Pontefice, suo Sommo Pastore, Vicario di Cristo, Successore del Beato Pietro nel suo primato e Capo del Corpo dei Vescovi.
2. Dichiariamo di accettare la dottrina contenuta nel numero 25 della Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano I1 sul Magistero ecclesiastico e l’adesione che è a esso dovuta.
3. A proposito di certi punti insegnati dal Concilio Vaticano II o concernenti le riforme posteriori della liturgia e del diritto, e che ci sembrano difficilmente conciliabili con la Tradizione, ci impegniamo ad avere un atteggiamento positivo di studio e di comunicazione con la Sede Apostolica, evitando ogni polemica.
4. Dichiariamo inoltre di riconoscere la validità del Sacrificio della Messa e dei Sacramenti celebrati con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa e secondo i riti indicati nelle edizioni tipiche del Messale e dei Rituali dei Sacramenti promulgati dai Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II.
5. Infine, promettiamo di rispettare la disciplina comune della Chiesa e le leggi ecclesiastiche, specialmente quelle contenute nel Codice di Diritto Canonico promulgato da Papa Giovanni Paolo II, fatta salva la disciplina speciale concessa alla Fraternità con una legge particolare.
II. Questioni giuridiche
Tenendo conto del fatto che la Fraternità Sacerdotale San Pio X è stata concepita da 18 anni come una società di vita comune — e a partire dallo studio delle proposte formulate da S.E. Mons. Marcel Lefebvre e dalle conclusioni della Visita Apostolica effettuata da Sua Eminenza il Cardinale Gagnon —, la figura canonica più adatta è quella di una Società di vita apostolica.
1. Società di vita apostolica
Si tratta di una soluzione canonicamente possibile, con il vantaggio di inserire eventualmente nella Società clericale di vita apostolica anche laici (per esempio Fratelli coadiutori).
Secondo il Codice di Diritto Canonico promulgato nel 1983, canoni 731-746, questa Società gode di una piena autonomia, può formare i suoi membri, può incardinare i chierici, e assicura la vita comune dei suoi membri.
Nei suoi Statuti, con flessibilità e possibilità inventiva in rapporto ai modelli noti di queste Società di vita apostolica, si prevede una certa esenzione nei confronti dei vescovi diocesani (cfr. can. 591) per quanto concerne il culto pubblico, la cura animarum e le altre attività apostoliche, tenuto conto dei canoni 679-683. Quanto alla giurisdizione sui fedeli che si rivolgono ai sacerdoti della Fraternità, essa sarà conferita a questi sia dagli Ordinari dei luoghi che dalla Sede Apostolica.
2. Commissione romana
A cura della Santa Sede sarà costituita una commissione per coordinare i rapporti con i diversi Dicasteri e i vescovi diocesani, e anche per risolvere i problemi eventuali e il contenzioso, e provvista delle facoltà necessarie per trattare le questioni sopra indicate, (per esempio l’apertura di un luogo di culto, a richiesta dei fedeli, ove non vi è casa della Fraternità, ad mentem can. 383 par. 2).
Questa commissione sarà composta da un Presidente, da un Vicepresidente e da cinque membri, di cui due della Fraternità.
Essa avrà inoltre la funzione di vigilanza e di sostegno per consolidare l’opera di riconciliazione e per risolvere le questioni relative alle comunità religiose aventi un legame giuridico o morale con la Fraternità.
3. Condizioni delle persone legate alla Fraternità
3.1. I membri della Società clericale di vita apostolica (sacerdoti e fratelli coadiutori laici): sono retti dagli Statuti della Società di diritto pontificio.
3.2. Gli Oblati e le Oblate, con o senza voti privati, e i membri del Terz’ordine legati alla Fraternità appartengono a un’Associazione di fedeli legata alla Fraternità nei termini del canone 303, e collaborano con essa.
3.3. Le Suore (cioè la Congregazione fondata da Mons. Lefebvre) che fanno voti pubblici: costituiranno un vero Istituto di vita consacrata con la propria struttura e autonomia, anche se si può prevedere una certa forma di legame per l’unità della spiritualità con il Superiore della Fraternità. Questa Congregazione — almeno all’inizio — dipenderà dalla commissione romana, invece che dalla Congregazione per i Religiosi.
3.4. I membri delle comunità viventi secondo la regola di diversi Istituti religiosi (carmelitani, benedettini, domenicani, ecc.) e che sono legati moralmente alla Fraternità: è opportuno accordare loro caso per caso uno Statuto particolare che regoli i loro rapporti con il loro rispettivo Ordine.
3.5. I sacerdoti che, a titolo individuale, sono moralmente legati alla Fraternità, riceveranno uno statuto personale che tenga conto delle loro aspirazioni e nello stesso tempo degli obblighi derivanti dalla loro incardinazione. Gli altri casi particolari dello stesso genere saranno esaminati e risolti dalla commissione romana.
Per quanto concerne i laici che chiedono l’assistenza pastorale alle comunità della Fraternità: restano sottoposti alla giurisdizione del vescovo diocesano, ma — soprattutto in ragione dei riti liturgici delle comunità della Fraternità — possono rivolgersi a esse per l’amministrazione dei sacramenti (per i sacramenti di battesimo, cresima e matrimonio restano necessarie le notifiche d’uso alla propria parrocchia; cfr. can. 878, 896, 1122).
Nota: Si deve tenere presente la particolare complessità:
1. della questione del ricevimento da parte dei laici dei sacramenti di battesimo, cresima, matrimonio nelle comunità della Fraternità;
2. della questione delle comunità che praticano — senza appartenervi — la regola di questo o di quell’Istituto religioso.
Spetterà alla commissione romana risolvere questi problemi.
4. Ordinazioni
Per le ordinazioni, bisogna distinguere due fasi:
4.1. immediatamente:
Per le ordinazioni previste a breve scadenza, Mons. Lefebvre sarà autorizzato a conferirle oppure, se non lo potesse fare, sarà autorizzato un altro vescovo a lui accetto.
4.2. dopo l’erezione della Società di vita apostolica:
4.2.1. Nella misura del possibile, e a giudizio del Superiore generale, va seguita la via normale: rimettere le Lettere dimissorie a un vescovo che accetti di ordinare i membri della Società.
4.2.2. In ragione della particolare situazione della Fraternità (cfr. infra): ordinazione di un vescovo della Fraternità che, fra altri compiti, avrebbe anche quello di procedere alle ordinazioni.
5. Problema del vescovo
5.1. A livello dottrinale (ecclesiologico), la garanzia di stabilità e di conservazione della vita e dell’attività della Fraternità è assicurata dalla sua erezione in Società di vita apostolica di diritto pontificio e dall’approvazione degli Statuti da parte del Santo Padre.
5.2. Ma, per ragioni pratiche e psicologiche, pare utile la consacrazione di un vescovo membro della Fraternità. Perciò, nel quadro della soluzione dottrinale e canonica della riconciliazione, suggeriamo al Santo Padre di nominare un vescovo scelto nella Fraternità, su presentazione di Mons. Lefebvre. Sulla base del principio sopra indicato (5.1.), questo vescovo di norma non è Superiore generale della Fraternità. Ma sembra opportuno che sia membro della commissione romana.
6. Problemi particolari (da risolvere con decreto o con dichiarazione)
– Revoca della suspensio a divinis di Mons. Lefebvre e dispensa dalle irregolarità in cui è incorso a causa delle ordinazioni.
– Previsione di una «amnistia» e di un accordo per le case e i luoghi di culto della Fraternità eretti — oppure utilizzati — fino a ora senza autorizzazione dei vescovi.
Joseph Card. Ratzinger
Marcel Lefebvre