Da Avvenire del 5/07/2024
«I taleban sono nostri alleati nella lotta al terrorismo ». «Todo cambia», tutto cambia, direbbe Mercedes Sosa. La Russia, come gli Usa e l’Ue, considerano gli ex studenti coranici un «gruppo terroristico » e non riconoscono il regime da loro instaurato dal ritorno a Kabul, il 15 agosto 2021. I miliziani sono nelle formazioni contenute nella lista nera di Mosca con cui, tra l’altro, l’inimicizia è antica. Risale ai tempi dell’Urss quando i mujaheddin combattevano gli invasori sovietici. Acqua passata, pare. Putin sembra non solo non considerarli più una minaccia ma addirittura li ritiene alleati nella lotta al terrorismo. La dichiarazione, pronunciata ad Astana, non è un fatto estemporaneo. Va letta con quanto dichiarato dall’inviato russo, Vasilij Nebenzya, al primo vertice ufficiale tra l’Onu e i taleban a Doha. Mentre le Nazioni Unite hanno escluso qualunque rientro nella comunità internazionale senza l’abrogazione dei decreti che escludono le donne dalla vita civile e pubblica, il delegato ha manifestato la disponibilità della Russia a valutare la revoca delle sanzioni nei confronti dell’Emirato. «Che vi piaccia o no, questo movimento sta governando il Paese. Non si può semplicemente ignorarlo», ha affermato. Un’apertura sottolineata dal rappresentante taleban, Zabiullah Mujahid. Ora Putin l’ha rilanciata. «In generale, dobbiamo partire dal fatto che il movimento taleban controlla il potere nel Paese e in questo senso è sicuramente nostro alleato nel contrasto al terrorismo. Abbiamo ripetutamente ricevuto segnali che sono pronti a lavorare con noi», ha detto il leader russo, il quale, non a caso, ha impiegato la parola «movimento ». La rimozione dall’elenco dei gruppi terroristici sembra, dunque, ormai una mera formalità. Finora solo il Nicaragua di Daniel Ortega ha riconosciuto l’Emirato. La Cina, però, ha realizzato ingenti investimenti nel Paese, aggiudicandosi lo sfruttamento dei minerali strategici di cui è ricco. La Russia non vuole essere da meno. Resta da capire che cosa farà il resto della comunità internazionale, incapace di andare oltre la politica del tutto o niente.