Riflessioni a margine di un articolo di Ernesto Galli della Loggia e della risposta dell’on. Giorgia Meloni
di Luca Basilio Bucca
L’editoriale di Ernesto Galli della Loggia «La destra moderna che serve», pubblicato sul Corriere della Sera del 29 marzo 2021, ha il merito di avere aperto – o almeno riportato in auge – la riflessione sul conservatorismo e l’identità della destra italiana.
Non che l’argomento sia nuovo o inesplorato: lo stesso Galli della Loggia se n’è interessato più volte nel tempo – in epoche diverse, verrebbe da scrivere -, per esempio nel libro Intervista sulla destra (a cura di Lucio Caracciolo), edito da Laterza nel 1994. Questa volta lo fa interpellando direttamente Fratelli d’Italia, il partito che si pone in diretta continuità con i partiti di destra che l’hanno preceduto, il Movimento Sociale Italiano-Destra nazionale prima e, successivamente alla “svolta di Fiuggi” del 1995, Alleanza Nazionale, che abbandonò contestualmente il riferimento ideale all’esperienza del fascismo.
Il giorno successivo all’articolo di Galli della Loggia, ancora una volta attraverso il Corriere della Sera, Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, ha rivendicato al suo partito la titolarità a rappresentare il conservatorismo in Italia e in Europa. Il tema presenta almeno due note di positività e tre tracce di approfondimento.
Per quanto riguarda le note positive, queste sono rappresentate dal fatto stesso che si cominci a discutere di conservatorismo senza darne un significato pregiudizialmente negativo e che, per altro verso, si faccia rientrare in un orizzonte di normalità l’esistenza di una destra, alla quale si riconosce una piena legittimità. Andando alle tracce da approfondire, queste riguardano il significato di conservatorismo, le origini storiche della destra e le caratteristiche di una destra moderna.
Iniziamo dalla prima. Qual è la definizione di conservatore, che cosa vuol dire essere conservatori, che cosa bisogna conservare? Il vero conservatore non è un antiquario, né il custode di un museo, che espone antichità che non si usano più, né un imbalsamatore che conserva animali morti: il vero conservatore conserva ciò che è ancora vivo, che è ancora utile. In questo sta una delle differenze più evidenti tra il conservatore e il progressista: mentre quest’ultimo ritiene che nel trascorrere del tempo il futuro riservi sempre la prospettiva migliore, il conservatore, invece, pur non rifiutando il progresso, porta con sé tutto ciò che di buono viene dal passato e che può ancora essere utile o necessario. Il conservatore porta con sé il fuoco, la speranza, ha un compito, un po’ come il protagonista del romanzo di Corman McCarthy La Strada (Einaudi, 2007):
«“Ce la caveremo, vero, papà?”
“Sì, ce la caveremo”.
“E non succederà niente di male”.
“Esatto”.
“Perché noi portiamo il fuoco”.
“Sì. Perché noi portiamo il fuoco”».
Il conservatore porta il fuoco, la luce dove c’è buio. Scriveva il politico spagnolo Antonio Aparisi y Guijarro (1815-1872): «Vengo da molto lontano, ma vado molto avanti. Voglio conservare i principi immortali dei nostri padri, il fuoco sacro della società. Ricevo l’eredità dei nostri padri con beneficio d’inventario; il buono è mio, il male lo scarto; ma anche quando hanno sbagliato, voglio imitare i figli buoni di Noè che coprirono pietosamente le nudità del loro padre, senza dimenticare gli errori per non cadere in essi». Un autore spesso citato in alcuni ambienti di destra, invece, Julius Evola (1898-1974), invitava a «tenersi in piedi in un mondo di rovine», ma questo al vero conservatore non basta, non può bastare, perché su queste rovine – che non sono resti materiali delle epoche passate, ma uomini e donne, ognuno di noi, colpiti interiormente ed esteriormente dal disordine dominante – bisogna inginocchiarsi per ricostruire, per mettere ordine dove oggi impera il disordine.
Andando al secondo tema, l’origine della destra, questa non può essere ricondotta al fascismo, perché lo precede storicamente e ne è estranea sul piano ideale, nella misura in cui il fascismo è stato un fenomeno rivoluzionario e composito, all’interno del quale vi fu coesistenza di più anime (tra di esse, certamente, anche quella conservatrice), ma la cui origine fu a sinistra. Più correttamente, le origini di una destra conservatrice vanno ricercate nel periodo della Rivoluzione francese, quando nell’Assemblea Nazionale del 1789, così come negli Stati Generali, si votava ponendosi alla sinistra del presidente per esprimere voto favorevole a una mozione e alla destra per esprimere voto contrario. Bene, in quel frangente invalse la consuetudine per i rivoluzionari di sedere stabilmente a sinistra, mentre a destra si posero i fautori dell’ordine tradizionale, contrari alle idee rivoluzionarie. Successivamente, in tutte le assemblee legislative scaturite dal modello della Rivoluzione Francese, si mantenne quest’uso, con rivoluzionari e progressisti seduti a sinistra e controrivoluzionari e conservatori seduti a destra. Questo schema non rappresentava evidentemente solo una modalità di raggruppamento omogeneo delle forze politiche, ma anche una diversa e spesso opposta visione dell’uomo e della società. Rispetto a questa ripartizione, nel trascorrere del tempo, verso il centro si posizionarono quelle forze provenienti dall’area conservatrice che, cedendo in questo o quel punto, si avvicinavano alle posizioni rivoluzionarie, facendo nascere una molteplicità di destre o “pseudo-destre”, dal liberalismo conservatore al conservatorismo rivoluzionario, dal socialismo nazionale alla destra laicista ed altre ancora.
Come riconoscere, dunque, nel XXI secolo, le caratteristiche di una destra moderna che non tradisca, però, le sue origini? La risposta a questa domanda si trova percorrendo la terza traccia di approfondimento sopra enunciata: i temi. Se il trinomio Dio-Patria-Famiglia, mazziniano più e prima che fascista, può ingenerare equivoci, si può parlare di tre temi, inerenti alla Persona, alla Famiglia e alla Comunità.
Persona, la cui dignità va preservata per garantirne libertà – di pensiero, espressione, religione, iniziativa economica, ecc., come enuncia anche la Costituzione della Repubblica Italiana – e per approcciare correttamente le grandi questioni bioetiche del tempo attuale.
Famiglia, da sostenere e difendere perché fondamento della società, ambiente privilegiato per l’accoglienza della vita, principale realtà responsabile dell’educazione delle nuove generazioni, primo luogo di socializzazione e relazione.
Comunità, fatta di persone e famiglie, che formano i popoli e le patrie, all’interno della quale si sviluppano i corpi intermedi; regolata dai principi di solidarietà e sussidiarietà, custode della propria sovranità e arbitra della sovranità che deciderà, eventualmente, di cedere a suo maggior beneficio.
Sono soltanto tre temi, che possono qualificare una destra moderna e autenticamente conservatrice e avviare un percorso di approfondimento da seguire strutturalmente, non solo occasionalmente, per poterne sempre meglio definire e rafforzare l’identità culturale e politica.
Viviamo in un tempo post-moderno che ha lasciato alle spalle le ideologie per iniziare una nuova stagione dominata dal relativismo. In questo contesto, le appartenenze ideologiche e politiche sono diventate sempre più sfumate e poco coinvolgenti rispetto all’epoca della Modernità (1789-1989). “Destra”, “sinistra”, “conservatore” e “progressista” spesso appaiono, soprattutto ai giovani, come definizioni poco comprensibili. Tuttavia, nella misura in cui possono aiutare a favorire una riflessione seria sull’identità e sul bene comune, proviamo a utilizzarle in punta di piedi, con equilibrio e parsimonia, consapevoli che viviamo in un’epoca in cui quasi tutto è andato perduto e i valori fondamentali devono essere riproposti come l’unica vera novità. In questo senso, il conservatore assomiglia a un missionario, che annuncia la speranza dove domina la disperazione e porta la luce che, se accolta, può squarciare le tenebre.
Giovedì, primo aprile 2021