Włodzimierz Rędzioch, Cristianità n. 404 (2020)
Da quando il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo è diventato un museo, si può visitare l’appartamento che fino al pontificato di Benedetto XVI (2005-2013) i Papi utilizzavano durante i loro soggiorni estivi. È accessibile anche la cappella privata, addobbata da tre particolari quadri durante il pontificato di Pio XI (1922-1939). Sopra l’altare si trova un’icona ben conosciuta in tutto il mondo grazie a san Giovanni Paolo II (1978-2005): è la copia della veneratissima icona della Madonna Nera di Czestochowa; sulla destra, un grande quadro del pittore polacco Jan Rosen (1854-1936) mostra la difesa del monastero di Jasna Góra, che ospita il quadro della Madonna, nel 1655 assediato per settimane dagli svedesi senza successo, durante l’invasione della Polonia passata alla storia come «Diluvio svedese» (1655-1660). Invece, sulla parete di sinistra vi è un dipinto dello stesso artista che mostra una scena della battaglia di Varsavia, nel 1920, nota come «miracolo sulla Vistola». Per gli storici fu una delle più importanti battaglie nella storia dell’Europa, anche se è poco conosciuta, quando non sottaciuta per motivi ideologici (1). Vale la pena ricordare questo importante episodio storico.
1. La Polonia, in seguito alle tre spartizioni avvenute fra il 1772 e il 1795 ad opera dei tre potenti Stati confinanti — russo, prussiano e austriaco —, sparì dalla mappa dell’Europa. Riottenne la sovranità nazionale il 18 novembre 1918, dopo la Prima Guerra Mondiale (1914-1918), ma l’indipendenza del Paese fu subito minacciata: il pericolo veniva sempre dall’est ma questa volta dalla Russia che, dopo la Rivoluzione d’Ottobre, era divenuta un Paese comunista. Già nel novembre del 1918 il Consiglio dei Commissari del Popolo (il governo bolscevico) aveva preso la decisione di formare nell’ambito dell’Armata Rossa la cosiddetta Armata Occidentale, che doveva servire a realizzare lo scopo strategico dei bolscevichi, i comunisti sovietici, cioè la Rivoluzione in Europa e nel mondo. Il 10 marzo del 1920, a Smolensk, ebbe luogo una riunione dei capi dell’Armata Rossa, del Fronte Occidentale e dei commissari comunisti, fra cui anche il segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica Iosif Vissarionovič Džugašvili «Stalin» (1878-1953). In quell’occasione venne presa la decisione di attaccare la Polonia e poi tutta l’Europa.
2. Nell’estate del 1920 l’Armata Rossa avanza minacciosamente verso il fiume Vistola fino alle porte di Varsavia, la capitale. In questa drammatica situazione i vescovi polacchi, per smuovere le coscienze di tutti, si rivolgono alla nazione, agli episcopati del mondo intero e al Papa, chiedendo a Benedetto XV (1914-1922) preghiere e benedizioni per la Polonia minacciata dai bolscevichi. La lettera ai vescovi di tutto il mondo, del mese di luglio, è di grande importanza, perché analizza l’ideologia che i comunisti volevano imporre all’Europa e al mondo con le armi già soltanto tre anni dopo la Rivoluzione d’Ottobre (2). I vescovi polacchi chiariscono: «Per il nemico che ci combatte la Polonia non è affatto l’ultimo scopo delle sue conquiste; essa è soltanto la prima tappa ed il ponte per la conquista del mondo […].
«[…] il bolscevismo ha avvolto persino le Nazioni più lontane dalla Russia con una rete di propaganda ed intrighi […].
«Oggi tutto è già preparato per la conquista del mondo. Le schiere organizzate in tutti i paesi aspettano soltanto la parola d’ordine per iniziare la battaglia; dappertutto si preparano continuamente scioperi per paralizzare la vita organica delle nazioni. La lotta di classe si trasforma nel parossismo dell’odio e col mezzo dell’influenza internazionale si ostacola abilmente ogni sana reazione dell’opinione pubblica ed ogni autodifesa nazionale». I vescovi vogliono rendere tutti coscienti che in questa situazione «la Polonia è rimasta l’ultimo baluardo che impedisce la marcia trionfale del bolscevismo, e: se il baluardo viene infranto le ondate si spanderanno per tutto il mondo. Queste ondate che minacciano il mondo, incutono un vero terrore poiché il bolscevismo è la rifioritura di tutti i principi negativi che nell’ultimo secolo covavano nel sottosuolo della vita».
I presuli sottolineano che per la Chiesa il bolscevismo è il primo nemico: «Accanto alla dottrina e all’azione il bolscevismo porta nel suo petto un cuore pieno d’odio. Il suo odio si rivolge prima di tutto contro il Cristianesimo, del quale è la vera negazione: si rivolge contro la croce di Cristo e contro la sua Chiesa. […]
«In verità, il bolscevismo è la viva incarnazione e la manifestazione sulla terra dello spirito dell’Anticristo». Parole chiare e vere che non tutti in Occidente volevano sentire.
In quella situazione di minaccia mortale, la Chiesa svolge un ruolo capitale mobilitando la popolazione in difesa della Patria. Grazie ai suoi appelli la gente si arruola massicciamente nell’esercito. Chi non può combattere e rimane a casa, prega perché grande è la paura dell’occupazione dei bolscevichi; paura alimentata dalle notizie delle crudeltà commesse nelle zone già occupate. Anche i sacerdoti sono al fianco dei soldati polacchi. Alla storia è passato soprattutto uno di loro, don Ignacy Skorupka (1893-1920), cappellano del 236° reggimento di fanteria, composto da volontari. Don Skorupka partecipa alla battaglia di Varsavia vestito sempre con la talare. Il suo reggimento subisce perdite importanti e a un certo momento il cappellano si rende conto di essere l’unico ufficiale in vita e di dover prendere sulle proprie spalle la responsabilità di duecentocinquanta soldati: con la croce in mano come unica arma guida i giovani volontari al contrattacco contro le linee nemiche e muore nel combattimento.
3. Non si può parlare della battaglia di Varsavia senza menzionare gli eroici combattenti polacchi e il principale artefice della vittoria, il maresciallo Józef Klemens Piłsudski (1867-1935). Questo grande statista polacco si rende conto del pericolo mortale che per l’Europa è il comunismo e sa che, difendendo la patria, difende la civiltà europea da un gravissimo rischio. Ma il capo del giovane esercito polacco si trova in una situazione difficilissima, perché le truppe si ritirano lungo un fronte di cinquecento chilometri davanti all’avanzata dei sovietici. I suoi consiglieri gli suggeriscono di organizzare la linea di difesa lungo la Vistola intorno a Varsavia per mantenere a ogni costo il controllo della capitale. Ma il maresciallo sa bene che per fermare quasi due milioni di bolscevichi ci vogliono tantissimi soldati, che lui non ha a disposizione. Elabora, quindi, un altro piano, tanto rischioso quanto geniale, perché non previsto dai comandanti russi: con i resti dell’esercito forma sei divisioni che attaccano il fianco scoperto dell’armata bolscevica a sud di Varsavia. Per compiere questa manovra deve privare la capitale della difesa, ma la manovra riesce pienamente: i soldati russi, sorpresi completamente da questo audace attacco, cominciano a perdere terreno e vengono sconfitti, ancora prima di potersi riorganizzare. In questo modo Piłsudski consegue la vittoria passata alla storia come «il miracolo sulla Vistola».
Sorge a questo punto una domanda: come mai Pio XI ha voluto far decorare la propria cappella privata nella nuova residenza di Castel Gandolfo con i quadri attinenti alla storia della Polonia e particolarmente con l’immagine del Miracolo sulla Vistola che raffigura il valoroso don Skorupka mentre, con la croce in mano, guida i soldati all’attacco? I legami di mons. Achille Ratti con la Polonia risalivano al 1918: il 25 aprile di quell’anno — ancor prima dell’indipendenza della Seconda Repubblica, nata l’11 novembre successivo — Benedetto XV aveva nominato l’allora prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, mons. Ratti appunto, visitatore apostolico per la Polonia. Diventato poi, nel 1919, primo nunzio nella Polonia rinata, in estate fu nominato dal Papa arcivescovo e consacrato il 28 ottobre 1919 dall’arcivescovo di Varsavia, il cardinale Aleksander Kakowski (1862-1938), durante una solenne celebrazione con «grande concorso di popolo», come raccontano le cronache del tempo. Per questo motivo Pio XI diceva spesso di essere «un vescovo polacco» (3).
Nei mesi terribili dell’estate 1920 con i bolscevichi a pochi chilometri da Varsavia mons. Ratti svolge un ruolo importantissimo. Il nunzio vaticano è l’unico diplomatico che nell’agosto del 1920 non lascia la capitale, mentre tutto il corpo diplomatico fugge spaventato. Mons. Ratti partecipa alle preghiere organizzate durante la battaglia sulla Vistola. Compie anche un gesto molto coraggioso e simbolico, che solleva il morale dei combattenti: si reca a Radzymin, a nord-est di Varsavia, sulla linea del fronte, per far sentire la propria vicinanza ai soldati. Dicendo che «un angelo delle tenebre conduceva una gigantesca battaglia con l’angelo della luce» sa bene qual è la vera posta in gioco della guerra: per lui la Polonia sarebbe sempre rimasta «antemurale dell’Europa e del cristianesimo». Questo atteggiamento gli procurerà grande stima sia fra i governanti sia presso il popolo polacchi. Mons. Ratti lascia la Polonia il 4 giugno 1921, perché il Papa lo nomina arcivescovo di Milano e lo crea cardinale. Nessuno pensa allora che nemmeno un anno dopo, il 6 febbraio 1922, il card. Ratti diventerà il nuovo Papa. Da pontefice egli non si scorderà mai della Polonia, che rimarrà per sempre nel suo cuore. Non potrà nemmeno dimenticare quell’epico scontro fra i bolscevichi russi e i polacchi, che salvarono l’Europa del comunismo e di cui fu testimone oculare. E i quadri nella cappella di Castel Gandolfo testimoniano quei legami del Pontefice con la Polonia.
Nell’estate del 1920, mentre mons. Ratti rimane a Varsavia, Benedetto XV segue dal Vaticano, non senza preoccupazione, gli eventi in terra polacca: si rende conto benissimo di quale sia la posta in gioco di questo scontro epico fra la Polonia, da sempre antemurale Christianitatis, e l’armata bolscevica che voleva conquistare l’Europa al comunismo. Per questo motivo la notizia della vittoria dell’esercito polacco il giorno dell’Assunta è accolta dal Pontefice con grande sollievo e gioia. Il Papa aspetterà un po’ di tempo prima d’inviare un suo messaggio ai polacchi perché voleva essere sicuro della sconfitta definitiva dei bolscevichi. L’epistola Cum de Poloniae, scritta l’8 settembre, festa della Natività della Beata Vergine Maria, «sulla cessazione delle ostilità nel Paese» sarà indirizzata al card. Aleksander Kakowski (1862-1938), arcivescovo di Varsavia, al card. Edmondo Dalbor (1869-1926), arcivescovo di Gniezno e di Poznań, e agli altri vescovi della Polonia. Oggi, celebrando il centesimo anniversario del Miracolo sulla Vistola, vale la pena ricordare quella importante e poco conosciuta lettera di Benedetto XV: «Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.
«Quando eravamo ancora preoccupati e in apprensione per la situazione della Polonia, abbiamo appreso con grande gioia la notizia delle brillanti azioni svoltesi costà, in forza delle quali è felicemente mutata all’improvviso la condizione della vostra patria, e tanto più Ce ne rallegriamo in quanto — ammirando in ciò tangibilmente manifesto l’intervento di Dio — riteniamo che tale aiuto sia da attribuire anche alle preghiere che avevamo comandato fossero levate a Lui da tutto il mondo cattolico a favore della Polonia. Infatti, non abbiamo mai dubitato un istante che Dio non avrebbe guardato con benevolenza alla vostra nazione, la quale nel corso dei secoli ha così ben meritato della religione; per questa ragione Noi indicemmo pubbliche suppliche quando pressoché ovunque si disperava della salvezza della Polonia, e gli stessi nemici, esaltati dal loro numero e dalla vittoria, parevano stoltamente chiedersi l’un l’altro: “Dov’è il Dio di costoro?”. Ora, dunque, gli eventi hanno apertamente dimostrato che “Dio è in Israele”, e fu per suo volere che quel pericolo così minaccioso cominciò ad allontanarsi circa nello stesso periodo in cui Noi, insieme con i fedeli cristiani, mentre tutta la Polonia combatteva strenuamente in difesa dei suoi altari e dei suoi focolari, come una volta Mosè, tendevamo al cielo le mani supplichevoli. Se ne deve concludere che non fu intempestiva la Nostra esortazione alle pubbliche preghiere. Tale beneficio del soccorrevole Iddio giovò mirabilmente non solo alla vostra gente, ma anche agli altri popoli; chi ignora infatti che a nessun altro scopo ultimo mirava il cieco furore bellico dei nemici se non alla distruzione della nazione polacca, baluardo dell’Europa, e insieme del nome e della civiltà cristiana attraverso la martellante propaganda di scellerate dottrine? Occorre dunque che il popolo polacco, nel rendere incessanti grazie a Dio per tale evento, faccia solenne promessa di difendere anche in futuro, sotto la guida dei Vescovi, la fede cattolica, con quella grande concordia di animi che gli ha consentito or ora di recuperare la libertà della patria. Né il popolo cristiano avrà alcunché da temere, poiché “se Dio è con noi, chi potrà essere contro di noi?”. Per questo il compito più glorioso della vostra nazione, diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, sarà quello d’impegnarvi con ogni mezzo perché una vera pace, tanto desiderata, si attesti stabilmente ovunque. Nulla contribuirà meglio a tale obiettivo quanto l’attenersi, da parte dei vostri connazionali, a quei princìpi di carità, di prudenza, di cristiana moderazione che già più volte Noi stessi abbiamo raccomandato e che soli potranno far cessare l’odio fra i popoli. E nella fiducia che la nobilissima nazione polacca saprà offrire tale esempio di magnanimità, impartiamo con affetto a voi, diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, e a tutto il gregge a ciascuno di voi affidato, la Benedizione Apostolica, come auspicio dei doni celesti e insieme come pegno della Nostra particolare benevolenza» (4).
A cento anni di distanza, anche Papa Francesco, in occasione dell’udienza generale del mercoledì, ha voluto ricordare ai fedeli polacchi «il centenario della storica vittoria dell’esercito polacco, chiamata “Miracolo sulla Vistola”, che i vostri avi attribuirono all’intervento di Maria» (5).
Note:
1) Fra le poche eccezioni, cfr. Giovanni Cantoni (1938-2020), Così la Polonia cristiana fermò Lenin, in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale, Roma 13-8-1995.
2) Cfr. la traduzione italiana della lettera in Le cause della guerra russo-polacca, in La Civiltà Cattolica, anno 71, n. 1687, Roma 2-10-1920, pp. 86-96 (pp. 93-96).
3) Pio XI nel trentesimo della morte (1939-1969). Raccolta di studi e memorie, Opera diocesana per la Preservazione e Diffusione della Fede, Milano 1969, p. 189.
4) Cfr. il testo nel sito web <http://www.vatican.va/content/benedict-xv/it/letters/1920/documents/hf_ben-xv_let_19200908_cum-poloniae.html>, consultato il 23-9-2020.
5) Francesco, Udienza generale, del 12-8-2020.