Iconografia del primo concilio di Nicea tra Oriente e Occidente
di Michele Brambilla
Nel 2025 si festeggiano i 1700 anni del concilio di Nicea, a dire il vero il Concilio Niceno I (325 d.C.), dato che nella stessa località dell’Anatolia si celebrò un secondo concilio nel 787 per combattere l’iconoclastia. Entrambi i concili furono incentrati sulla natura umana di Cristo: nel primo caso perché l’eretico Ario (256-335) riteneva che fosse l’unica, nel secondo perché implicitamente negata nel rifiuto di dargli una raffigurazione.
Come è noto, l’icona è un elemento portante della pietà e della liturgia bizantine. Nei Paesi di tradizione bizantina non è raro veder raffigurati anche i primi quattro concili ecumenici (Nicea, Costantinopoli I, Efeso e Calcedonia), celebrati tra il IV e il V secolo d.C., paragonati dalle Chiese orientali ai quattro Vangeli canonici per la loro singolare importanza nell’indagare la doppia natura (umana e divina) del Redentore.
Nella copia del Menologio di Basilio II, imperatore di Costantinopoli (976-1025), risalente al 1613 e conservata in Vaticano (Vat. Gr. 1613. Fol. 108), abbiamo la raffigurazione canonica del Concilio Niceno I. I padri conciliari sono seduti a semicerchio, come accadeva nei presbiteri bizantini fino al Quattrocento. Ai loro piedi di scorge subito Ario, prostrato a terra in posa di supplice: è l’unico personaggio senza aureola. Al centro appare una croce con due braccia trasversali: rimanda ai contenuti dei canoni conciliari, ovvero al riconoscimento della doppia natura di Cristo.
Si noterà immediatamente che l’imperatore Costantino (312-337), benché all’epoca ancora catecumeno, siede sugli stessi scranni dei vescovi: in Oriente l’imperatore ha sempre conservato il titolo di “uguale agli apostoli” (isoapostolos) e la tendenza del potere civile a subordinare quello religioso è tutt’ora evidente, oltre che uno dei principali ostacoli al superamento dello scisma del 1054. La Croce al centro, però, permette di “sfumare” l’intrusione.
Ci sono versioni della stessa iconografia che pongono Costantino aureolato al centro della scena, allineato con il Vangelo aperto e, al di sopra, un baldacchino nel quale appare il Cristo (eucaristico), ovvero l’oggetto della discussione a Nicea, come è riscontrabile in un affresco del XVI secolo, opera di Teofane di Creta (?-1559), che riportiamo. Costantino è tutt’ora venerato come santo dalle Chiese bizantine, benché in realtà fosse circondato da simpatizzanti di Ario e, successivamente, si facesse battezzare da un ariano perseguitando i vescovi ortodossi. Nell’affresco si notino due figure, ai lati, non aureolate esattamente come Ario: sono Eusebio di Cesarea (260-339) ed Eusebio di Nicomedia (?-341), semiariani, determinanti nell’indirizzare Costantino a favore degli eretici. L’iconografo non sta facendo, però, una lezione di storia (anche perché dovrebbe togliere immediatamente l’imperatore dal piedistallo), ma vuole cogliere la sostanza e la santità della dottrina del concilio. Le aureole non vogliono indicare necessariamente una santità ultraterrena delle persone nimbate, ma l’ispirazione divina, lo Spirito Santo che avvolge tutti coloro che accolgono la dottrina ortodossa e la confessano.
In Occidente il concilio iconograficamente più rappresentato è quello di Trento (1545-1563): prima di allora non si era quasi mai pensato di rappresentare un’assemblea ecclesiale, forse per una maggiore considerazione della peccaminosità umana. Siamo vasi di coccio che trasportano l’oro di una dottrina purissima: si preferiscono la professione verbale e la concretizzazione degli enunciati di fede. Quando si raffigura un concilio, l’unica aureola è attorno alla colomba dello Spirito Santo.
In Vaticano abbiamo, nel Salone Sistino della Biblioteca Apostolica, un affresco dedicato al Concilio Niceno I. E’ opera di Cesare Nebbia (1536-1614) del 1560, quindi in piena epoca tridentina, ed infatti l’assemblea è presieduta dal legato papale, affiancato da due cardinali, mentre l’imperatore, per quanto loricato, incoronato e intronizzato, è posto ai margini della scena. In un evento ecclesiale la protagonista è la Chiesa e in effetti, storicamente parlando, l’apporto di Costantino è stato spesso sopravvalutato per motivi ideologici, cioè per squalificare l’esito del concilio, dato che nella realtà dei fatti fu poco determinante. Al centro dell’aula conciliare ci sono le Scritture, ma nella corretta interpretazione che ne dà la Chiesa: chiaramente una risposta al “nuovo Ario”, Martin Lutero (1483-1546), che sicuramente avrebbe sottoscritto i dogmi di Nicea, ma non riconosceva più l’autorità del Corpo mistico di Cristo, ovvero la compagine ecclesiale. A leggere i canoni e la professione di fede è un diacono assiso sul pulpito.
Sono quindi riconoscibili alcuni elementi fondanti dell’ecclesiologia latina: distinzione del clero dal laicato, fondamento scritturale della dottrina cattolica, il Primato petrino come servizio all’unità della Chiesa e garanzia della retta dottrina.
Sabato, 2 agosto 2025


