Giovanni Cantoni, Cristianità n. 240 (1995)
«Requiem» per un suicidio: la fine del «popolarismo»
«Eventi recentissimi e dolorosi hanno condotto ad un’ulteriore e più grave frattura nella rappresentanza politica che fa riferimento all’ispirazione cristiana. È andato così ancora più avanti e sembra praticamente giunto a compimento quel processo che, nell’arco di alcuni anni, ha visto declinare l’impegno unitario organizzato dei cattolici italiani in ambito politico» (1): con queste parole lunedì 27 marzo 1995, a Loreto, S. Em. il card. Camillo Ruini, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha recitato il requiem per il democratismo cristiano che, con diverso nome dopo il primo e dopo il secondo conflitto mondiale, negli ultimi settantacinque anni ha egemonizzato la rappresentanza politica del mondo cattolico italiano.
1. Nel 1919 Antonio Gramsci pubblicava un articolo intitolato I popolari in cui — dopo aver sentenziato in via di principio che «la costituzione del Partito popolare equivale per importanza alla Riforma germanica, è l’esplosione inconscia irresistibile della Riforma italiana» (2) —, quanto ai fatti, scriveva: «Il cattolicismo democratico fa ciò che il comunismo non potrebbe: amalgama, ordina, vivifica e si suicida» (3).
2. Il 2 maggio 1982, in occasione del XV Congresso della Democrazia Cristiana, celebrato a Roma dal 2 al 6 maggio di quell’anno, a consuntivo dell’«opera di amalgama, di ordine e di vivificazione» l’on. Flaminio Piccoli affermava con orgoglio: «Quel grande processo di trasformazione — che in Europa è stato realizzato sotto prevalente egemonia socialdemocratica o laburista — è stato ottenuto in Italia sotto la prevalente guida di un partito democratico cristiano: è un grande fatto storico, se si pensa che il processo di modernizzazione, altrove collaudato dallo “spirito capitalistico” originario dell’“etica protestante” o da quello illuministico della rivoluzione francese o da quello socialista, marxista-leninista, della Rivoluzione d’ottobre, in Italia affonda nella tradizione cristiana propria dei cattolici democratici, rovesciando, contro i luoghi correnti, le previsioni sia “laiche ” sia “socialiste” della storia e del progresso moderni» (4).
3. Dopo il tempo dell’«opera di amalgama, di ordine e di vivificazione», evocato a merito della DC dall’on. Flaminio Piccoli, la corretta previsione gramsciana ipotizzava quello del «suicidio», che si è puntualmente presentato — dico, con ogni evidenza, soltanto quanto ai passaggi ultimi — nel gennaio del 1994, quando, negli stessi giorni, dal partito democristiano sconvolto da Tangentopoli sono nati il 22 il Partito Popolare Italiano e il 23 il Centro Cristiano Democratico. E il resto, quanto al PPI, è cronaca — anche giudiziaria — in corso.
4. Sempre nell’occasione ricordata il card. Camillo Ruini ha esposto considerazioni di carattere generale, quasi programmatiche: «La duplice esigenza, chiaramente espressa nella costituzione conciliare Gaudium et spes […] è da una parte quella di non dare spazio ad alcuna confusione tra la Chiesa e la comunità politica, dall’altra quella di non ridurre la fede all’ambito privato e di non condannarla all’irrilevanza per la vita sociale (cfr GS, 75-76).
«Entrambe queste esigenze hanno una validità permanente e nello stesso tempo chiedono di essere modulate storicamente, all’interno di una realtà che cambia. Con la fine progressiva dell’impegno unitario organizzato dei cattolici in politica l’obiettivo di non confondere Chiesa e politica è diventato, almeno apparentemente, più facile, sebbene in realtà non sia affatto assicurato in maniera automatica: rimane infatti tuttora necessario — anzi, lo diventa a più forte ragione — evitare, da parte del clero e delle varie realtà ed espressioni ecclesiali, iniziative o pronunciamenti che possano rappresentare un coinvolgimento con l’una o con l’altra parte politica, sia pure rifacentesi all’ispirazione cristiana; ciò anche per non trasferire all’interno della Chiesa divisioni di carattere politico. Resta sempre salvo, naturalmente, il dovere e il diritto della Chiesa di “dare il suo giudizio morale, anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime” (GS, 76).
«Per mantenere nella nuova situazione la rilevanza sociale e pubblica della fede — ha proseguito — è necessaria anzitutto la comune adesione ai contenuti dell’antropologia e dell’etica cristiana, espressi nella dottrina sociale della Chiesa. Ai cattolici comunque collocati politicamente è richiesto, specialmente ora, di non operare indebite selezioni fra tali contenuti, sottolineandone alcuni e trascurandone altri, e di dimostrare in concreto la volontà di farli prevalere sulle logiche di schieramento, per innervare con essi la dialettica democratica» (5).
5. Quindi, quanto alla genesi degli avvenimenti che hanno interessato la DC e vengono interessando il PPI, il porporato ne ha attribuito le cause i«[…] a un complesso di fattori che hanno agito in maniera concomitante»: «Tra questi il passaggio al sistema elettorale maggioritario — forse non percepito abbastanza tempestivamente nelle sue concrete implicazioni e conseguenze — e, a un livello più profondo, l’indebolimento di quella rappresentanza politica, causato a sua volta sia dal contesto sociale e culturale sempre più secolarizzato del nostro paese sia dall’affievolirsi, all’interno di essa, di un ’adesione vissuta e coerente all’ispirazione cristiana e ai valori etici, fino a giungere a forme gravissime di controtestimonianza. Ed è giusto riconoscere, fra i motivi di un tale affievolirsi, anche la disattenzione o addirittura il rifiuto che, in un certo periodo, hanno serpeggiato anche in ambienti ecclesiali verso l’insegnamento sociale della Chiesa e verso un impegno politico che ad esso facesse riferimento» (6).
Credo che l’ultima causa, «la disattenzione o addirittura il rifiuto che, in un certo periodo, hanno serpeggiato anche in ambienti ecclesiali verso l’insegnamento sociale della Chiesa e verso un impegno politico che ad esso facesse riferimento», sia indubbiamente la più importante; essa è, fra l’altro, ben più remota di quanto lasci intendere l’espressione «in un certo periodo»; è stata poi il motore del processo di secolarizzazione, «quel grande processo di trasformazione […] ottenuto in Italia — al dire dell’on. Flaminio Piccoli — sotto la prevalente guida di un partito democratico cristiano» (7), anche della forza politica in questione, prima motore e poi vittima di esso, a conferma della tesi del «suicidio». Tutto questo ha pure inciso sul piano della morale individuale e sull’accettazione acritica — «per cambiare» e, dunque, per «continuare a contare» — del regime elettorale maggioritario.
Per una ricostruzione dei fatti sempre più aderente alla dinamica dei principi conviene rileggere alcune parole pronunciate a Loreto, nel 1985, da Papa Giovanni Paolo II: «I cristiani mancherebbero ai loro compiti se non si impegnassero a far sì che le strutture sociali siano o tornino ad essere sempre più rispettose di quei valori etici, in cui si rispecchia la piena verità sull’uomo» (8), anch’esse richiamate dal presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Giovanni Cantoni
Note:
(1) CARD. CAMILLO RUINI, Rafforzare le radici morali e spirituali della convivenza riproponendo a tutti il Vangelo della fraternità umana. Prolusione ai lavori della sessione primaverile del Consiglio Episcopale Permanente della Conferenza Episcopale Italiana tenuta a Loreto, del 27-3-1995, n. 5, in L’Osservatore Romano, 27/28-3-1995.
(2) ANTONIO GRAMSCI, I popolari, in L’Ordine Nuovo, anno I, n. 24, 1-11-1919, in L’Ordine Nuovo. 1919-1920, Einaudi, Torino 1954, p. 284.
(3) Ibid., p. 286.
(4) FLAMINIO PICCOLI, Una DC più forte per una democrazia più moderna, relazione, del 2-5-1982, in Il Popolo, 3-5-1982.
(5) CARD. C. RUINI, doc. cit.
(6) Ibidem.
(7) F. PICCOLI, doc.cit.
(8) GIOVANNI PAOLO II, Per iscrivere la verità cristiana sull’uomo nella realtà della nazione italiana. Loreto, 11 aprile 1985, Cristianità, Piacenza 1985, p. 18.