Plinio Corrêa de Oliveira, Cristianità n. 124-125 (1985)
La grande alternativa del nostro tempo
«Rossi» oppure «morti» nella prospettiva del messaggio di Fatima
La prefazione del professor Plinio Corrêa de Oliveira alla prima edizione nordamericana – uscita a New York nei primi mesi del 1985 – dell’opera Le apparizioni e il messaggio di Fatima secondo i manoscritti di suor Lucia, di Antonio Augusto Borelli Machado (4ª ed. it., Cristianità, Piacenza 1982). La traduzione dall’originale in portoghese e il titolo sono redazionali.
As aparições e a mensagem de Fátima conforme os manuscritos da Irmã Lúcia esce ora in edizione nordamericana (1). Pubblicato in Brasile nel 1967, dove ha raggiunto le venti edizioni (2), il libro ha avuto circolazione anche in Portogallo con una edizione locale, così come nel mondo iberico attraverso quattordici edizioni in lingua castigliana e in Italia, con quattro edizioni (3). Ha varcato anche le soglie del mondo anglo-sassone, dove è stato tradotto sulle riviste Cruzade for a Christian Civilization di New York e TFP Newsletter di Johannesburg. Auguro una accoglienza ugualmente eccellente a questa edizione.
Infatti, l’opera dell’ingegnere Antonio Augusto Borelli Machado è basata su un esame molto vasto di fonti e su una analisi penetrante delle stesse. Con i dati così ottenuti e selezionati, essa costituisce una raccolta intelligente, snella ed efficace di tutto quanto è realmente compreso nel messaggio di Fatima. E, inoltre, presenta una interpretazione, nello stesso tempo acuta e prudente, di diversi aspetti di esso.
L’autore e la casa editrice hanno voluto che io facessi precedere l’edizione nordamericana da una prefazione.
Accondiscendendo al gentile invito, mi è parso che niente avrebbe potuto interessare maggiormente l’uomo contemporaneo – e soprattutto il lettore nordamericano – del mettere in rapporto il contenuto del messaggio con i problemi della pace e della guerra considerati dal punto di vista della crudele alternativa: «Better red than dead? Better dead than red?», «Meglio rossi che morti, oppure meglio morti che rossi?».
È quanto cercherò di fare di seguito.
Per una grande maggioranza di nostri contemporanei è assolutamente chiaro che questa è l’alternativa fondamentale di fronte alla quale ci troviamo tutti.
Il messaggio di Fatima ci fa conoscere con chiarezza soprannaturale la soluzione proposta dalla Provvidenza di questi quesiti angoscianti.
Nel 1917, pochi mesi prima che il comunismo andasse al potere in Russia e vent’otto anni prima che la prima bomba atomica esplodesse a Hiroshima, il messaggio della Madonna trasmesso al mondo attraverso tre pastorelli della Cova da Iria contiene gli elementi per una risposta cristallina a queste gravi domande.
Da un canto, il messaggio parla degli «errori della Russia» – il comunismo – e indica il mezzo attraverso il quale la sua diffusione può essere evitata. Infatti, esso indica nel comunismo il grande castigo al quale l’umanità è esposta in ragione del decadimento religioso e morale dei popoli. Pertanto esso appare chiaramente come un flagello della Provvidenza per castigare i popoli, e specialmente quelli dell’Occidente. E gli uomini possono evitare questo flagello se si emendano dalla irreligione e dalla immoralità in cui sono impantanati, e tornano a professare la vera fede e ritornano alla pratica effettiva della morale cristiana.
In termini più precisi, perché fosse compiuta la volontà della Madonna, non sarebbe bastato – secondo il messaggio – un grande numero di conversioni personali. Era necessario che le diverse nazioni, ciascuna come un tutto, principalmente quelle dell’Occidente – a suo modo anch’esso così devastato dalla irreligione e dalla immoralità – ritornassero alla professione della vera fede e alla pratica dei perenni precetti morali del Vangelo.
Quindi, il messaggio non si limita a segnalare il pericolo, ma indica il modo per ovviare a esso. Questo modo non consiste nel morire, e ancora meno nell’accettare di diventare comunista: consiste nel seguire la volontà di Dio e nell’ottemperare al messaggio della Madre di Dio e di tutti noi.
Tra queste condizioni – non lo si deve dimenticare – sta la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria, nei termini in cui la Madonna l’ha chiesta.
Ma il messaggio va ancora più avanti: ammonisce che se questo non sarà fatto, la giustizia di Dio non tratterrà più il castigo imminente: «Se si ascolteranno le mie richieste, la Russia si convertirà e si avrà pace; diversamente, diffonderà i suoi errori nel mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa; i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre dovrà soffrire molto, diverse nazioni saranno annientate; infine, il mio Cuore Immacolato trionferà» (4).
Importa notare che il messaggio non afferma che, una volta adempiuto quanto la Regina del Cielo e della Terra desidera per placare la collera di Dio, il flagello del comunismo sarà allontanato dal mondo senza lotta, almeno incruenta. Esso lascia piuttosto intravvedere mirabili interventi della Provvidenza negli accadimenti umani, che assicurino la vittoria sul flagello comunista.
Ma, nello stesso tempo, lascia aperta la porta alla ipotesi che gli uomini debbano dare il loro contributo in questa lotta, partecipando anche loro, eroicamente, alle grandi battaglie nelle quali l’aiuto sovrano e decisivo della Vergine otterrà la vittoria.
Infatti, il messaggio esclude l’ipotesi di una vittoria definitiva del comunismo: se gli uomini risponderanno all’appello della Vergine, il comunismo sarà vinto senza castigo per loro; se non risponderanno a questo appello, il comunismo colpirà gli uomini come un flagello, ma finirà ugualmente per essere vinto.
Nell’una o nell’altra ipotesi la vittoria sarà della Madre di Dio.
Si deve notare che, nella prospettiva di Fatima, non sono principalmente gli armamenti, per quanto potenti siano, a evitare il castigo. La dissuasione eventualmente ottenuta con l’armamento delle nazioni dell’Occidente può essere un mezzo legittimo e necessario per prevenire la guerra e, quindi, per conseguire il prolungarsi della pace.
Tuttavia, l’espansione del comunismo è descritta dalla Madonna come una punizione derivante dai peccati degli uomini; e questa punizione non sarà evitata se gli uomini non si convertiranno.
Piuttosto può succedere che uno dei mezzi attraverso i quali il castigo si abbatta sugli uomini impenitenti venga a essere una avversione assoluta agli armamenti, di carattere puramente emotivo, e quindi imprevidente, che stimoli ogni sorta di aggressioni e di attacchi da parte di un avversario sempre più armato.
Tuttavia – lo si noti bene – il modo preferito dalla Provvidenza per fare cessare il flagello comunista non consiste assolutamente in una guerra: consiste nella emendazione degli uomini, nel compimento di quanto il messaggio chiede e nella conversione della Russia.
Può darsi che la Provvidenza si voglia servire di una guerra per preparare le condizioni per una conversione della Russia, ma questo nel messaggio non è affermato. In ogni caso, la semplice vittoria militare sulla Russia non risolverà il problema, non allontanerà gli uomini dalla alternativa «red – dead», «rossi oppure morti». La Provvidenza vuole andare più avanti, vuole convertire la Russia.
E per la conversione della Russia la Provvidenza non ha bisogno di una guerra. Nella ipotesi di una conversione dell’Occidente, sembra più probabile che la Provvidenza preferisca realizzarla attraverso mezzi pacifici, persuasivi, religiosi. Evidentemente il messaggio promette la conversione della Russia alla religione cattolica, con la conseguente posizione fermamente anticomunista che la gerarchia cattolica assumeva in modo compatto al tempo in cui il messaggio di Fatima è stato dato agli uomini.
Qual è il rapporto tra questa autentica conversione della Russia e la estinzione del flagello comunista? Evidentemente, poiché il principale focolaio di propaganda comunista è al Cremlino, la conversione della Russia porterebbe con sé la paralisi di questa forza.
Inoltre, una Russia convertita si aprirebbe prontamente e completamente all’Occidente. Allora sarebbe possibile a tutti gli uomini conoscere molto più obiettivamente e profondamente di ora l’abisso di mali, di natura spirituale e temporale, nei quali questi numerosi e lunghi decenni di applicazione del regime comunista hanno gettato l’infelice Russia e i suoi satelliti. E questo fatto aprirebbe molto di più gli occhi dei popoli dell’Occidente su quanto vi è di falso nella propaganda comunista, immunizzandoli contro di essa.
Infine, e ancora una volta, insisto sul fatto che, nella prospettiva di Fatima, la conversione della Russia ha come condizione previa una conversione dell’Occidente. Da questa conversione sincera e profonda, come ovviamente la desidera la santissima Vergine, deriverà che l’Occidente sarà, già di per sé, totalmente refrattario al comunismo.
Fatima non ci parla della Cina, del Vietnam, della Cambogia, né della disgrazia degli altri popoli sotto il giogo comunista. Ma ovviamente la Madonna, che così mirabilmente avrà protetto un Occidente convertito, non permetterà che queste grandi e disgraziate nazioni rimangano ai margini della effusione di grazie che convertiranno l’Occidente e la Russia con i suoi satelliti, dal momento che questi non potranno restare in regime comunista all’interno di una Europa convertita.
Anche per gli altri popoli, per le nazioni non menzionate nelle rivelazioni di Fatima, la virtù della speranza cristiana ci offre – direi, ci impone – la certezza che verranno a essi forniti i mezzi per spezzare i propri ceppi, così come per conoscere e praticare la vera fede.
È prevedibile che queste diverse considerazioni susciteranno in certi spiriti un atteggiamento di scetticismo e di sdegno.
Gli uomini senza fede – e i loro fratelli, cioè quelli che hanno poca fede – sorrideranno davanti a quanto sembrerà loro una semplificazione sconcertante e perfino infantile dei problemi attuali, che spingono l’Occidente verso il comunismo ed eventualmente verso la guerra. Cercarne la soluzione nel candido messaggio annunciato a tre pastorelli analfabeti, sembrerà loro ridicolo, forse più che ridicolo, demenziale.
Non nego le complessità inestricabile dei problemi contemporanei. Penso, al contrario, che questa complessità sia tale da sembrarmi insolubile per mano umana.
E questo tanto più in quanto l’intervento degli uomini senza fede, oppure di poca fede, nelle inchieste e nei dibattiti destinati a risolvere tali problemi, li complica ancora di più.
Superficialità? Mi sembra sia presente. Ma non nel nostro campo, ma proprio in quello degli scettici.
Li vedo, infatti, impegnati in una concezione il più delle volte profondamente ignorante, e sempre aprioristica e superficiale, di cosa sia la religione, della sua funzione nella vita delle società, degli uomini e degli individui, e nella valutazione delle sue potenzialità e delle sue virtualità, fortissime e insostituibili, per la soluzione dei problemi che gli scettici cercano invano di risolvere.
Non è questa l’occasione per esporre ancora di più un tale vastissimo argomento.
Ma non resisto al desiderio di mostrare a eventuali lettori scettici qualcosa di queste insostituibili possibilità della religione, di mettere alla loro portata quasi un buco di serratura attraverso il quale intravvedano qualcosa di questo vastissimo orizzonte.
Sant’Agostino traccia il profilo della società veramente cristiana – la Città di Dio – e dei benefici che ne derivano per lo Stato: si immagini – scrive – «un esercito costituito da soldati come li forma la dottrina di Gesù Cristo, governanti, mariti, sposi, padri, figli, maestri, servi, re, giudici, contribuenti, esattori di imposte come li vuole la dottrina cristiana! E osano ancora [i pagani] dire che questa dottrina si oppone agli interessi dello Stato! Al contrario, devono riconoscere senza esitazione che essa è una grande salvaguardia per lo Stato, quando fedelmente osservata» (5).
La dottrina cattolica mostra che, a causa dell’infelice dinamismo della natura umana decaduta in conseguenza del peccato originale, come per l’operato del demonio e dei suoi agenti terreni, nella misura in cui l’uomo si allontana dalla fede, tende verso un modo di essere e di agire opposto a quello che la fede insegna. Quanto maggiore è la distanza, tanto maggiori sono le trasgressioni. Qualcosa come la legge di Newton. D’altronde, l’esperienza lo conferma, e in modo molto particolare ai nostri giorni.
Qual è la scuola politica, sociale oppure economica che potrebbe evitare, senza l’aiuto della religione, la finale esplosione di una società che, spinta dal dinamismo stesso della miscredenza e della corruzione, giungesse a trasgredire totalmente i principi sui quali si fonda la Città di Dio descritta da Sant’Agostino?
Se gli uomini non ritornano a questi principi salvifici, non vi è modo di evitare – per gli individui e per le società – un deterioramento globale, di natura e di proporzioni indefinibili, ma tanto più temibili quanto abbia maggiore durata e profondità il processo di degenerescenza.
Niente di più giusto del fatto che gli uomini oppure le nazioni meno colpite da questo deterioramento vogliano difendersi contro gli assalti degli uomini e delle nazioni più colpite, che a questo scopo si armino in un atteggiamento vigile, convincente e amico della pace, ma anche con un atteggiamento pronto alla legittima difesa vigorosa e vittoriosa.
Ma tali uomini, tali nazioni non riusciranno a porre fine soltanto in questo modo ai fermenti di distruzione posti nelle loro viscere dal neopaganesimo moderno che hanno ingerito.
Si tratta di una affermazione implicita in tutto il messaggio di Fatima.
Davanti a questa considerazione si coglie meglio un aspetto dei castighi: il loro carattere risanatore, rigeneratore e riordinatore. Intervenendo nel corso di un inesauribile processo di degradazione tanto individuale quanto collettivo, che espone ai maggiori rischi la salvezza di innumerevoli anime, il castigo muta la situazione, apre gli occhi degli uomini sulla gravità dei loro peccati, li eleva fino alle alte vette della contrizione e della emendazione. E, finalmente, dà loro la vera pace.
Quanti periranno, purtroppo! Ma avranno migliori possibilità di morire in grazia di Dio, come ha scritto san Pietro a proposito di quanti erano morti durante il diluvio (6).
Morire, ahimè! Ma le anime nobili sanno che la morte non è necessariamente il male maggiore. Lo ha detto Giuda Maccabeo: «È meglio per noi morire in guerra che vedere i mali del nostro popolo e delle nostre cose sante» (7).
In termini attuali, è meglio morire piuttosto che diventare rossi.
Ma meglio ancora è vivere. Sì, vivere della vita soprannaturale della grazia su questa terra, per poi vivere eternamente, nella gloria di Dio.
Queste ultime sono considerazioni di buon senso, facilmente accessibili agli spiriti non prevenuti ed equi.
Troveranno qualche fondamento nel messaggio? Non mi sembra.
Questo narra quanto farà Dio per punire i peccati di una umanità tenacemente impenitente durante i sette decenni in cui il messaggio è risuonato attraverso il mondo senza convertire gli uomini. Più specificamente, senza convertire i cattolici, poiché è sulle loro preghiere, sulle loro penitenze e sulla loro emendazione di vita che la Vergine santissima conta in modo tutto speciale per ottenere dal divino Figlio la sospensione degli effetti della sua collera, e l’avvento del Regno di Lei. Il messaggio non dice niente di quanto la Provvidenza farà a favore dei giusti – di quanti opteranno per la fedeltà alle promesse della Madonna – durante i giorni terribili della punizione, né cosa desidera da loro in questa occasione.
Chiaramente, faccio qui riferimento soltanto alla parte pubblica del messaggio. Non conosco nessuna congettura assolutamente indiscutibile su quanto realmente contiene la parte segreta del messaggio, che solo la Santa Sede conosce.
Mi sia lecito esternare in questa occasione quanto lascia tristi e perplessi innumerevoli fedeli, fra i più devoti fra i devoti di Fatima, cioè la eventualità che gli uomini possano non venire a conoscenza di questa parte ancora non rivelata, anche quando essa potrebbe presumibilmente dare entusiasmo ai giusti e contrizione ai traviati.
Infatti, non è facile comprendere come la Madre della Misericordia, così impegnata ad aiutare attraverso il messaggio tutti gli uomini, non abbia avuto una particolare parola di affetto, di stimolo e di speranza per coloro ai quali Ella ha riservato l’ardua e gloriosa missione di restarle fedeli in questa terribile congiuntura.
Niente impedisce di ammettere che queste parole si trovino nella parte ancora non rivelata del segreto di Fatima.
Questa ultima considerazione mi ha allontanato dal corso della esposizione che venivo seguendo. Resta poco da dire su di essa.
Continuando ad approfondire l’ipotesi della impenitenza degli uomini e del castigo, il contesto del messaggio ci induce a pensare che, nel caso si verifichino, i castighi saranno almeno di due ordini: guerre – e pensiamo che tra esse si debbano includere non solo i conflitti tra popoli, ma anche le guerre civili di fazione contro fazione, all’interno di uno stesso popolo – e cataclismi accaduti nella natura stessa.
Queste guerre intestine avranno carattere ideologico? Costituiranno una lotta tra fedeli e infedeli di ogni genere: eretici oppure scismatici, larvati oppure dichiarati, gruppi oppure correnti di professione non cristiana, atei e così via? Oppure saranno guerre senza connotazione ideologica, almeno ufficiale, come il conflitto franco-prussiano del 1870 oppure la prima guerra mondiale?
La distinzione tra guerre e cataclismi sembrava molto chiara nel 1917, quando il messaggio fu comunicato agli uomini. Infatti allora si immaginava fosse impossibile che gli uomini provocassero cataclismi, che sembravano chiaramente destinati a derivare da semplici atti della Provvidenza operante in modo da fare giustizia sui diversi elementi della natura.
In realtà, questa distinzione rimane valida, ma purché si faccia la riserva che, con la dissociazione dell’atomo, l’uomo ha acquisito la possibilità di provocare cataclismi di proporzioni incalcolabili, senza avere acquisito, nello stesso tempo, il potere di frenare questi cataclismi.
Di conseguenza, la catastrofe atomica, provocata eventualmente da una guerra figlia del peccato, produrrebbe solo di per sé castighi cosmici che il messaggio lascia intravvedere. Ma è anche possibile che agli effetti della ecatombe atomica si uniscano altre perturbazioni naturali ordinate da Dio.
Mi appresto a presentare ancora un osservazione finale.
All’interno della prospettiva di Fatima, la vera garanzia contro catastrofi che desolino l’umanità consiste molto meno – e, in una certa prospettiva, non consiste assolutamente … – in misure di disarmo, in trattati di pace, e così via, di quanto non stia nella conversione degli uomini.
Ossia, se questi non si convertono i castighi verranno, per quanto gli uomini si sforzino di evitarli con mezzi diversi da questa conversione.
Al contrario, se si emendano, Dio non solo allontanerà da loro la pienezza della sua collera vendicatrice, ma si verificheranno fra loro tutte le condizioni atte a promuovere una pace vera e durevole: la pace di Cristo nel Regno di Cristo, e più specificamente la pace di Maria nel Regno di Maria.
Spero che queste varie riflessioni, ponendo in rapporto con il messaggio di Fatima problemi di somma attualità, aiutino il lettore a trarre tutto il vantaggio possibile dalla raccolta di dati su Fatima, della più evidente attualità, che l’ingegnere Antonio Augusto Borelli Machado ci presenta nel suo studio, già tanto conosciuto in Brasile e nel mondo ibero-americano, e che merita di esserlo in tutto il mondo.
Plinio Corrêa de Oliveira
Note:
(1) Cfr. ANTONIO AUGUSTO BORELLI MACHADO, Our Lady at Fatima: Prophecies of Tragedy or Hope for America and the World?, con JOHN R. SPANN, Fatima: Explanation and Cure for the Contemporary Crisis, e una introduzione di PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, Dead? or Red? The Great Dilemma of Our Time in the Perspective of the Fatima Message, American Society for the Defense of Tradition, Family and Property, New York 1985, pp. 128 (ndr).
(2) Cfr. IDEM, As aparições e a mensagem de Fátima conforme os manuscritos da Irmã Lúcia, 20ª ed., Vera Cruz, San Paolo 1985, pp. 96 (ndr).
(3) Cfr. IDEM, Le apparizioni e il messaggio di Fatima secondo i manoscritti di suor Lucia, con una prefazione di Plinio Corrêa de Oliveira, 4ª ed. it., Cristianità, Piacenza 1982, pp. 88 (ndr).
(4) Ibid., p. 37.
(5) SANT’AGOSTINO, Epist. 138 al. 5 ad Marcellinum, cap. I, n. 15.
(6) Cfr. 1 Pt. 3, 20.
(7) 1 Mac. 3, 59.