di Antonella Mariani da Avvenire del 03/10/2020
La Regione Piemonte mette paletti sull’aborto farmacologico: con una circolare indirizzata alle Aziende sanitarie locali e ospedaliere (Asl e Aso) ha stabilito che l’interruzione volontaria di gravidanza con la pillola Ru486 non può avvenire nei consultori. Ampiamente annunciato, il divieto ‘piemontese’ assesta un colpo alle linee guide nazionali approvate lo scorso agosto dal ministro della Salute Speranza e subito contestate, tra le altre cose, per il coinvolgimento dei consultori nella procedura abortiva, esplicitamente vietato anche dalla Legge 194/1978. La circolare della Regione Piemonte, frutto di un lavoro di verifica di conformità delle nuove linee ministeriali con la legge nazionale, non contesta invece l’ampliamento dei termini dell’Ivg farmacologica a 9 settimane dal concepimento. E nemmeno superano del tutto l’altro punto contestato della linee guide, cioè la somministrazione delle pillole in day hospital, quindi senza permanenza della donna in ospedale: la soluzione trovata dal Piemonte infatti prevede che le modalità di ricovero siano «va- lutate dal medico e dalla direzione sanitaria». Non un «liberi tutti» come prevede il ministro Speranza, ma nemmeno un richiamo alla necessità del ricoverotout court delle donne fino alla completa espulsione del feto. Il passaggio forse più promettente della circolare è un altro: richiamandosi all’art. 2 della Legge 194, il più trascurato e negletto (la tutela e l’aiuto alle donne), dispone che all’interno degli ospedali piemontesi siano attivati sportelli informativi gestiti da «idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato», che possono «anche aiutare la maternità difficile dopo l a nascita ». A titolo di esempio, vengono citati il Progetto Gemma di sostegno prenatale a distanza e il servizio telefonico Sos Vita, entrambe emanazioni del Movimento per la vita.
La circolare è il frutto di una consultazione tra il presidente Alberto Cirio, gli assessori alla Sanità e agli Affari Legali, con il coinvolgimento di altri soggetti, tra i quali su due fronti contrapposti il ginecologo Silvio Viale e il Movimento per la vita del Piemonte. Da una parte, spiega la Regione, con le nuove disposizioni si garantiscono la libertà della donna di scegliere l’aborto o gli aiuti per proseguire la gravidanza, e nello stesso tempo «pratiche abortive rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna, della sua dignità personale e meno rischiose per l’interruzione di gravidanza».
Le nuove linee guida del ministro Speranza sull’aborto farmacologico avevano suscitato molte preoccupazioni, registrate anche su queste pagine. La Pontificia Accademia per la Vita, in una nota del 14 agosto, aveva fatto presente che ricondurre l’aborto al day hospital, depotenziare la funzione di prevenzione e tutela dei consultori e l’estensione del limite a nove settimane di gravidanza «vanno nella direzione di un più forte confinamento nella sfera privata di un gesto di grande rilevanza emotiva, sociale e morale» e hanno l’effetto di «far gravare in modo sempre più pesante sulle spalle della (sola) donna l’onere di un gesto che lascia profonde tracce nella sua biografia».
La circolare della Regione Piemonte è stata attaccata da alcuni esponenti del Movimento 5 stelle: la consigliera regionale Francesca Frediani (all’opposizione) parla di «blitz antiabortista» con «evidenti profili di illegittimità». L’assessore regionale agli Affari legali, Maurizio Marrone (Fratelli d’Italia), tra gli artefici della circolare, parla invece di «difesa del ruolo dei consultori rispetto ai tentativi di Speranza di trasformarli in luoghi di esecuzione dell’aborto».
Misurato il commento del presidente del Movimento per la Vita del Piemonte, Claudio Larocca, che adAvvenire dice di essere soddisfatto. «Ma non ci possiamo ritenere contenti: è un piccolo risultato nella difesa della donna e della vita nascente. Ora ci auguriamo di poter avviare una collaborazione utile per la tutela della maternità».
Foto da articolo