Ricordiamo questo importante anniversario pubblicando un messaggio del vescovo Dominique Rey, della diocesi di Fréjus-Toulon, consacrata allo Sposo di Maria
di Masha Ghiraldini
L’8 dicembre 1870, il beato Papa Pio IX (1846-1878), rispondendo alle numerose richieste giunte dal mondo intero, proclama san Giuseppe Patrono della Chiesa Universale con il decreto Quemadmodum Deus. Erano anni di grande tensione politica in tutta Europa. L’Italia veniva scossa da diversi movimenti rivoluzionari, Roma era stata conquistata dall’esercito italiano da due mesi, con la breccia di Porta Pia, e il Papa era prigioniero in Vaticano. Gli atti pontifici venivano sottoposti al controllo del governo italiano e per la proclamazione di san Giuseppe Patrono della Chiesa Universale il Pontefice sceglie di ricorrere a un decreto della Congregazione dei Riti anziché ad una bolla o lettera papale. Il documento è conciso ed afferma che «[…] poiché in questi tempi tristissimi la stessa Chiesa, da ogni parte attaccata da nemici, è talmente oppressa dai più gravi mali, che uomini empi pensarono avere finalmente le porte dell’inferno prevalso contro di lei, […] il Santissimo Signor Nostro Pio Papa IX, costernato per la recentissima e luttuosa condizione di cose, per affidare Sé e i fedeli tutti al potentissimo patrocinio del Santo Patriarca Giuseppe, volle soddisfare i voti degli Eccellentissimi Vescovi e solennemente lo dichiarò Patrono della Chiesa Cattolica […]».
Gli interventi magisteriali in favore di san Giuseppe erano già numerosi perché, come scrive lo stesso Pio IX in apertura della lettera apostolica Inclytum Patriarcham del 1874, «La Chiesa Cattolica giustamente onora con un culto sempre più diffuso e venera con un sentimento di profondo affetto, l’illustre benedetto patriarca Giuseppe, ora coronato di gloria e di onore in Cielo».
Continua il Pontefice: «Sulla terra, l’Onnipotente Dio, preferendolo a tutti i Suoi Santi, lo destinò ad essere il casto e vero sposo dell’Immacolata Vergine Maria così come il padre putativo del Suo Unigenito Figlio. Egli certamente lo arricchì e lo colmò di grazie uniche e sovrabbondanti, rendendolo capace di eseguire più fedelmente i doveri di un così sublime stato. Perciò, i Romani Pontefici, Nostri Predecessori, al fine di incrementare e stimolare ardentemente sempre più nel cuore dei fedeli Cristiani l’affetto e la devozione verso il santo patriarca, e di esortarli ad implorare la sua intercessione presso Dio con la massima confidenza, non hanno mancato di decretare nuove e sempre maggiori espressioni di venerazione pubblica verso di lui in tutte le occasioni propizie».
Pio IX ripercorre a questo punto alcuni interventi magisteriali e «Fra questi è sufficiente richiamare alla mente i Nostri predecessori di felice memoria, Sisto IV, che desiderò che la festa di San Giuseppe fosse inserita nel Messale Romano e nel breviario; Gregorio XV, che per mezzo di un decreto dell’8 maggio 1621, ordinò che la festa fosse celebrata in tutto il mondo con rito doppio di precetto; Clemente X, che il 6 dicembre 1670, accordò alla festa il rito di doppia di seconda classe; Clemente XI, che con decreto del 4 febbraio 1747, adornò la festa con Messa e ufficio interamente propri; e finalmente Benedetto XIII, che. con un decreto pubblicato il 19 dicembre 1726, ordinò che il nome del santo patriarca fosse aggiunto alle Litanie dei Santi».
Prima di concludere la Lettera apostolica confermando il precedente decreto del 1870 e disponendo di inserire i riferimenti a san Giuseppe nel Breviario e nel Messale Romano, Pio IX torna a fare riferimento al periodo che la Chiesa sta vivendo e alla devozione del popolo che cresce verso san Giuseppe con innumerevoli e ferventi richieste «[…] in questi ultimi tempi nei quali una mostruosa e abominevole guerra è stata dichiarata contro la Chiesa di Cristo […]».
Successivamente,nel 1961, san Giovanni XXIII (1958-1963),nella Lettera apostolica Le voci, affida alla protezione di san Giuseppe il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) e ripercorre la voce dei papi degli ultimi cento anni sulla figura dello sposo di Maria, il quale «oltre qualche sprazzo della sua figura ricorrente qua e là negli scritti dei Padri, rimane per secoli e secoli in un suo nascondimento caratteristico, quasi come figura di ornamento nel quadro della vita del Salvatore. E ci volle del tempo prima che il suo culto penetrasse dagli occhi nel cuore dei fedeli, e ne traesse elevazioni speciali di preghiera e di fiducioso abbandono. Queste furono le gioie fervorose riservate alle effusioni dell’età moderna: oh! quanto copiose ed imponenti; e di queste Ci è particolarmente gradito cogliere subito un rilievo ben caratteristico e significativo».
San Giuseppe riceve quindi nel 1989 un ulteriore omaggio con l’esortazione apostolica Redemptoris Custos di san Giovanni Paolo II (1978-2005). Il documento nasce dalla convinzione del Pontefice che riscoprire il sostegno dello Sposo di Maria «[…] consentirà alla Chiesa, in cammino verso il futuro insieme con tutta l’umanità, di ritrovare continuamente la propria identità nell’ambito di tale disegno redentivo, che ha il suo fondamento nel mistero dell’Incarnazione».
Un Messaggio su san Giuseppe e il mondo contemporaneo
Mons. Dominique Rey è il vescovo della Diocesi di Fréjus-Toulon, in Francia, consacrata a san Giuseppe.In un suo messaggio per il 150° anniversario invita i fedeli a riscoprire l’importanza di san Giuseppe nella società odierna, che pubblichiamo in una nostra traduzione (fonte: https://www.saintjosephcotignac.com/mgr-rey):
«150 anni fa, l’8 dicembre 1870, il beato Papa Pio IX proclamò San Giuseppe Patrono della Chiesa Universale. Per la nostra diocesi consacrata al “Padre verginale” di Gesù Bambino e al casto Sposo di Maria, quale bene spirituale possiamo trarne oggi?
San Giuseppe è per noi un modello su un triplo livello:
1) in mezzo alle crisi di paternità e autorità che sta attraversando il nostro mondo, il capo della Sacra Famiglia ci ricorda che l’autorità è un servizio: quello della crescita degli altri. La paternità di Giuseppe è il modello eloquente di un’autorità esemplare vissuta nell’amore, nella fedeltà e nel senso della responsabilità che Dio gli ha affidato;
2) in una società in connessione permanente, il maestro del silenzio e dell’interiorità rappresentato da san Giuseppe, “dottore del silenzio”, ci incoraggia a scavare in noi stessi un posto per il mistero, e in particolare per una relazione personale, con Dio in cui ci rendiamo presenti a Dio e dove Dio si unisce a noi;
3) ai margini di un mondo virtuale che si sta sviluppando sempre di più intorno a noi, con il rischio di trasformare il nostro modo di vivere e di pensare, la testimonianza dell’Incarnazione che fu San Giuseppe ci spinge ad incarnarci di più, come Cristo che ha voluto vivere tutta la nostra condizione umana, condividendo le nostre gioie e i nostri dolori, tranne il peccato.
Vivere con Giuseppe è così sperimentare la presenza del “luogotenente” di Dio, letteralmente “che tiene il posto” del Padre. Vivere con Giuseppe è quindi beneficiare della presenza guaritrice di chi ci aiuta a mettere ordine nella nostra vita e a crescere nell’interiorità del mistero. Vivere con Giuseppe significa finalmente incarnare la nostra vita diventando per Gesù “più umani”.
Possa San Giuseppe continuare a proteggere le nostre anime e le nostre famiglie come ha fatto per la Sacra Famiglia, e anche oggi per la grande famiglia dei cristiani».
Martedi, 8 dicembre 2020