di Marco Invernizzi
Il fedele cattolico gioisce quando può pregare un nuovo santo, canonizzato e quindi proposto dalla Chiesa come persona che ha esercitato eroicamente le virtù cristiane e attraverso la cui intercessione Dio ha compiuto almeno due miracoli, uno per la beatificazione e un altro per la canonizzazione.
La canonizzazione di Papa Paolo VI di domenica 14 ottobre dovrebbe così riempire di gioia tutti i battezzati, indipendentemente dalla loro cultura e dalla sintonia con alcune scelte del Pontefice che, appunto, non hanno messo in discussione la sua santità.
In questo senso, dovrebbe essere ulteriore motivo di gioia il fatto che venga canonizzato un Pontefice e che questo significhi che possiamo venerare come santi una serie lunghissima di Papi del Novecento, a partire da Pio X (1903-1914) per proseguire con Giovanni XXIII (1958-1963) e Paolo VI (1963-1978), e concludere con Giovanni Paolo II (1978-2005), ai quali si può in un certo modo aggiungere anche il Venerabile Pio XII (1939-1958).
Ma non tutti sembrano essere contenti di questa lunga striscia di santità pontificia. Per esempio Alberto Melloni, su la Repubblica del 12 ottobre, manifesta disagio per la canonizzazione di san Pio X voluta da Pio XII perché «forniva un modello di repressione [del modernismo] al quale Pacelli voleva ispirarsi» e definisce Paolo VI come «l’unico papa con una coscienza politica democratica matura», come dire che Pio XII, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II, non la ebbero (e chissà quali opinioni politiche lo storico attribuisce loro).
C’è un sapore di divisione in tutto questo. E, mi sia permesso, la presunzione intellettuale di volere giudicare tutto e tutti, compresi i Pontefici, che certamente vanno studiati e raccontati anche con i criteri della storia, ma forse anche con quella benevolenza che uno studioso che vuole essere cattolico non dovrebbe mai dimenticare, anche quando scrive su un quotidiano lontano dai princìpi cristiani come lo è la Repubblica.
Da fedele semplice, sono felice per la canonizzazione di Paolo VI e non faccio le distinzioni di Melloni, che naturalmente sa (e come potrebbe non sapere!) che Papa «Francesco non canonizza il Paolo VI della settimana nera del Concilio, della rimozione di Lercaro, del piano per dividere i gesuiti, della Lex ecclesia fundamentalis», ma invece canonizza il Papa «della Evangelii nuntiandi [anch’io] del viaggio in India [e perché no?], del bacio ai piedi di Melitone [anch’io], della esclusione degli ottantenni ultraconservatori, della riforma liturgica, del dialogo».
Da fedele semplice mi permetto di notare come distinguere per dividere invece che per unire faccia solo male alla Chiesa per la cui unità Papa Francesco chiede di pregare, contro il diavolo che vuole dividere, recitando l’esorcismo a san Michele di un altro grande Pontefice, Leone XIII (1810-1903), e una delle più antiche preghiere mariane.
Venerdì, 12 ottobre 2018