Marco Invernizzi, Cristianità n. 153-154 (1988)
A Roma, nei giorni 12 e 13 dicembre 1987, l’inaugurazione di un’iniziativa che costituisce una risposta organica, nel mondo cattolico italiano, alle reiterate sollecitazioni del Magistero del Santo Padre Giovanni Paolo II.
Nella prospettiva della sua «rivalutazione»
Scuola Popolare sulla Dottrina Sociale Cattolica
Con un seminario introduttivo, tenutosi a Roma nei giorni 12 e 13 dicembre 1987, è stata inaugurata la Scuola Popolare sulla Dottrina Sociale Cattolica promossa da una associazione appositamente costituita, l’Associazione per l’Educazione Permanente alla Dottrina Sociale Cattolica, di cui è presidente il sen. Lucio Toth e presidente onorario il professor Augusto Del Noce. Nel documento di base dell’iniziativa si legge che «l’Associazione nasce, nel solco della ricca tradizione di formazione sociale dei Cattolici nel nostro Paese, per contribuire a “diffondere a tutti i livelli la Dottrina Sociale cattolica e favorirne l’applicazione nella società”. (Art. 2 dello Statuto)», nella consapevolezza dell’attualità del Magistero sociale che ha accompagnato la storia della Chiesa e «per contribuire ad adempiere il compito che Giovanni Paolo II ha affidato alla Chiesa Italiana nel suo intervento al Convegno di Loreto». Nello stesso documento si ricorda che il «Concilio Vaticano II ha ampiamente confermato l’attualità di una Dottrina sociale cattolica» e che «i viaggi apostolici di Giovanni Paolo II ne stanno mostrando con vigore la ricchezza e la pertinenza di fronte alla situazione di ogni continente e paese»; quindi «appaiono definitivamente superate le obiezioni avanzate dai detrattori dell’idea stessa di Dottrina sociale e da coloro che hanno ritenuto di dover mutuare da altri sistemi filosofici e politici le soluzioni ai problemi strutturali delle diverse situazioni sociali».
Sempre in tale documento si sostiene anche che la dottrina sociale «è qualcosa di vivente e di affascinante, […] non è solo un insieme di principi riguardanti l’ordine naturale, ma è parte integrante dell’autocoscienza della Chiesa in cammino nella storia, prolungamento della presenza di Cristo “che solo può cambiare e cambia, trasfigurandoli, l’uomo e il mondo” (Giovanni Paolo II)».
Infine, si conclude auspicando l’applicazione del principio di sussidiarietà «proprio della Dottrina sociale cattolica», affinché si possa «ribaltare la logica di segno statalista che in questi anni ha caratterizzato il rapporto tra istituzioni e società civile», senza oscillare «tra gli estremi del neoliberismo da una parte e dello statalismo burocratico dall’altra».
Il seminario introduttivo
La Scuola Popolare sulla Dottrina Sociale Cattolica si articola in una serie di lezioni previste in circa settanta città italiane a partire dal mese di gennaio del 1988. Il seminario introduttivo svoltosi a Roma — a cui hanno partecipato anche militanti di Alleanza Cattolica — ha voluto inaugurare le attività della Scuola stessa concentrando in due giornate le lezioni che, nelle altre città, sono destinate a essere proposte singolarmente, con cadenza periodica. Il sen. Lucio Toth ha aperto il seminario nella mattinata di sabato 12 dicembre presentando le finalità dell’associazione; successivamente sono iniziati i lavori veri e propri — coordinati dal dottor Pietro Lorenzetti, direttore della Scuola — con le relazioni rispettivamente tenute dal professor Rocco Buttiglione — La Dottrina sociale nella prospettiva della nuova evangelizzazione —, da padre Georges Cottier O.P. — Dottrina sociale e libertà dell’uomo nelle società occidentali —, dal professor Gianfranco Morra — I diritti della persona e i principi ordinatori della società —, da monsignor Carlo Caffarra — La famiglia —, da monsignor Dionigi Tettamanzi — La vita e la sua dignità —, dal professor Adriano Bausola — Cultura, educazione, comunicazione sociale —, dal professor Marco Martini — Lavoro ed economia —, dal professor Gianfranco Garancini — Società, Stato e Comunità Internazionale — e infine dal professor Augusto Del Noce sul tema Cattolici e politica.
All’inizio dei lavori è intervenuto S.E. mons. Fernando Charrier, presidente della commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, che ha espresso apprezzamento e incoraggiamento anche a nome del presidente e del segretario della Conferenza Episcopale Italiana, S.E. il cardinale Ugo Poletti e S.E. mons. Camillo Ruini.
L’intervento di Rocco Buttiglione
I caratteri dell’iniziativa — soprattutto per quanto attiene alla sua collocazione nella storia culturale della nazione italiana — si ricavano in modo privilegiato dalle linee essenziali della relazione di apertura e di quella con cui si è concluso il seminario. Rocco Buttiglione ha iniziato il suo intervento cercando di rispondere alla domanda «Perché oggi si torna a parlare di “dottrina sociale della Chiesa” […]?», soprattutto a partire dal Magistero di Papa Giovanni Paolo II, ma senza escludere, per esempio, quello di Papa Paolo VI, in particolare la sua enciclica Populorum progressio, di cui cade nel 1988 il ventesimo anniversario.
Analizzando la cultura dominante negli anni Settanta, Rocco Buttiglione ha constatato come fosse caratterizzata dal «pensiero della totalità, nella sua versione hegelo-marxista» e da un «primato dell’analisi», che ha portato a un «curioso capovolgimento di atteggiamenti umani fondamentali», fra cui la necessità di «essere spietati» o di «massacrare o giustificare ideologicamente il massacro di intere popolazioni» per riuscire a «essere dalla parte della storia». Questo approccio ideologico alla realtà è fallito così che «oggi, invece, non è più proibito partire dall’uomo» e quindi si verifica una condizione favorevole a un rilancio della dottrina sociale della Chiesa.
La dottrina sociale cattolica, dunque, può oggi presentare i propri contenuti, affinché «l’alternativa al collettivismo […] non sia un puro e semplice tornare nel capitalismo» e la critica di quest’ultimo «non parta da un rifiuto a priori della realtà del mercato, dei suoi valori positivi e dello spirito della libera impresa, ma […] sappia difendere le ragioni dell’uomo contro le ragioni del sistema».
La dottrina sociale della Chiesa, ancora, si oppone non soltanto alle ideologie totalizzanti del passato — e fra esse a quella marxista-leninista in particolare —, ma anche all’«ideologia della morte delle ideologie che trova la sua espressione più chiara nel moderno neo-contrattualismo». Questa nuova espressione ideologica caratterizza l’attuale sistema dominante, i cui valori sono la «pura vitalità», il «successo» e il «potere»; la Chiesa viene accettata all’interno di questo sistema, purché si limiti a occuparsi delle diverse forme di emarginazione, senza mettere «in discussione il sistema di produzione dei valori socialmente condivisi». In sostanza, la Chiesa dovrebbe rinunciare all’«etica affermativa, l’etica che nasce dalla proposizione e dalla difesa disinteressata di un valore incontrato e riconosciuto come vero e meritevole di stima e di protezione in se stesso».
Nella seconda parte del suo intervento, Rocco Buttiglione ha accennato al modo di presentare la dottrina sociale da parte del Magistero attuale: «Una verità eterna, infatti, per essere veramente tale, deve rispondere alle domande ed ai bisogni dell’uomo in ogni momento storico». Così, nell’enciclica Laborem exercens e nel discorso di Loreto di Papa Giovanni Paolo II si trova «una sottolineatura molto energica del fatto che la dottrina sociale nasce da un radicale riorientamento del cuore verso Gesù Cristo, Signore del cosmo e della storia. Ciò d’altra parte non cambia in nulla il suo carattere di dottrina per sua natura razionale, accessibile a tutti gli uomini, anche prescindendo, in un certo senso, dalla rivelazione». La dottrina sociale — secondo Rocco Buttiglione — è una disciplina filosofica, ma «il suo cuore è teologico» ed è «a partire dalla presenza di Cristo nella storia che queste verità possono essere percepite ed affermate nella loro integralità».
Cristo è presente nella storia attraverso la Chiesa, che genera una «cultura nuova», di cui la dottrina sociale «è un lato […] ovvero la dimensione sociale della coscienza dell’uomo rinnovato dalla fede nella carità».
La dottrina sociale, così, trova nella Chiesa «il soggetto adeguato» che le impedisce di essere astratta o manipolabile, secondo le accuse che le sono state mosse da alcuni suoi avversari.
Oggi — ha rilevato ancora Rocco Buttiglione —, dopo la fine dell’epoca della Cristianità, viviamo il tempo di una nuova evangelizzazione dell’Europa e la Chiesa si trova aggredita dal nuovo laicismo che, a differenza di quello ottocentesco, «rifiuta alla Chiesa [stessa] il diritto anche a quel Magistero morale che, nel secolo precedente, veniva ancora sostanzialmente riconosciuto ed accettato»: per questo non è attualmente possibile proporre un insegnamento morale «senza radicarlo più fortemente e chiaramente in Cristo come luogo della rivelazione all’uomo della verità sull’uomo stesso».
In conclusione, il professor Buttiglione ha affrontato uno dei temi più importanti e di maggiore attualità per il mondo cattolico, cioè il legame fra la dottrina sociale e il giudizio sulla storia contemporanea.
La Chiesa, infatti, non può né rimanere indifferente alla storia limitandosi a giudicare il mondo «dal punto di vista di una verità eterna che rimane al di sopra della storia», né «può accettare il dissolvimento modernista della verità eterna nella storia», ma «deve piuttosto pensare la verità nella storia, come verità della storia, cioè come cammino della evangelizzazione»: così, la cultura cattolica saprà superare il complesso d‘inferiorità nei confronti della cultura moderna cessando di adottare interpretazioni della storia che non le appartengono e favorendo invece la riscoperta della memoria storica da parte dei singoli e delle nazioni.
Tutto questo potrà avvenire grazie all’opera di formazione e alla predicazione della Chiesa docente, ma anche attraverso la «presenza negli ambienti della vita» dei movimenti grazie ai quali «diventa visibile quella dimensione laicale della Chiesa a cui è affidata non solo l’applicazione (come si diceva una volta) ma anche la elaborazione concreta della dottrina sociale».
Così — ha concluso Rocco Buttiglione — la dottrina sociale è la risposta alle ideologie e al loro fallimento storico; essa prevede che l’uomo ricerchi nella santità quella realizzazione umana che le Rivoluzioni non hanno potuto e non possono dare, e da questo punto di vista, «non in un senso politico», si può definire come un fattore di Contro-Rivoluzione.
La relazione di Augusto Del Noce
Il professor Augusto Del Noce ha tenuto la relazione di chiusura del seminario, parlando sul tema Cattolici e politica.
Partendo dalla domanda «Chi prese il potere in Italia nel ’45?», l’illustre pensatore ha ripercorso la storia culturale della nostra nazione, cercando di fornire una spiegazione della progressiva scristianizzazione della cultura e del costume dopo la vittoria della Democrazia Cristiana nel 1948. In questa analisi storica ha portato l’attenzione sul Partito d’Azione che — scioltosi come partito politico immediatamente dopo la fine della guerra — passa a esercitare una grande influenza in senso laicista sulla cultura italiana: così, la cultura laicista, frutto dell’incontro fra «liberalismo e socialismo, le due forze emerse nella modernità», prevale e prevale naturalmente anche la sua interpretazione della storia intesa come contrapposizione fra progresso e reazione. Ma «quel che è peggio — ha continuato Augusto Del Noce — è che ha prevalso nella stessa pubblicistica democristiana e cattolica», portando molti cattolici al rifiuto della «tradizionale filosofia della storia cattolica già formata nell’Ottocento», quella che vedeva accomunati nella lotta contro l’ateismo uomini come Juan Donoso Cortés, Joseph de Maistre e Louis-Gabriel-Am- broise de Bonald, Antonio Rosmini e «pontefici come Leone XIII», nonché scrittori non cattolici come Fedor Dostoevskij e «i pensatori della sua scuola da Soloviev in poi». Contemporaneamente, «nella DC è sempre più prevalsa quella linea culturale che in apparenza distingue politica da religione, e in realtà è sottesa dall’accettazione di quell’interpretazione della storia contemporanea di cui abbiamo detto».
L’accettazione da parte del mondo cattolico della tesi della cultura laicista che definiva il fascismo come «male radicale» del nostro secolo porta molti cattolici a rifiutare la propria interpretazione della storia e favorisce «quegli errori che prepararono quel che avvenne tredici anni fa con la sconfitta della DC nel referendum sul divorzio, cioè la caduta dell’idea di riaffermazione della civiltà cristiana». Da qui — per Augusto Del Noce — la laicizzazione della Democrazia Cristiana attraverso la separazione fra cultura e politica, l’accettazione del processo di secolarizzazione, perché avrebbe «origini cristiane, in quanto è l’attuazione del dualismo tra lo spirituale ed il temporale», e la «scelta religiosa» dell’Azione Cattolica.
Nell’ultima parte del suo intervento, Augusto Del Noce ha esaminato le Rivoluzioni teorizzate nell’Ottocento e divenute realtà nel nostro secolo.
Anzitutto la Rivoluzione comunista, concepita da Karl Marx come passaggio «a una realtà “totalmente altra”, in cui l’uomo sarà liberato da ogni dipendenza e prima di tutto da quella di Dio».
In secondo luogo la Rivoluzione nazionalsocialista, rivoluzione contro un’altra rivoluzione, «replica al comunismo sovietico, subalterna ad esso in ognuno dei suoi caratteri. e perciò destinata alla sconfitta»: essa conferma la tesi di Joseph de Maistre secondo cui la Contro-Rivoluzione non e una rivoluzione di segno contrario, ma il contrario della Rivoluzione.
Infine la Rivoluzione fascista, che voleva essere «rivoluzione ulteriore a quella leninista, filosofia della prassi come la marxistica ma spiritualistica e non materialistica, anch’essa però nel giro dell’immanentismo».
Oggi — ha concluso Augusto Del Noce — la società tecnologica occidentale «chiude il ciclo portando all’estremo il momento materialistico del marxismo ed eliminando quello dialettico»: emerge così la verità della filosofia della storia cattolica che individua il «male radicale di questo secolo» non «in questa o in quella posizione politica, ma in qualcosa di assai più profondo e condizionante cioè appunto in quella espansione dell’ateismo di cui grandi pensatori dell’Ottocento avevano parlato, riconoscendo il carattere ateistico dell’idea rivoluzionaria e dicendo che la rivoluzione non indicava un semplice evento, ma definiva un’epoca».
Queste considerazioni mostrano lo stretto rapporto fra religione e politica, proprio mentre «la DC in alcuni suoi rappresentanti e negli intellettuali che li sostengono, dichiara ormai sorpassata l’idea di cristianità a riduce la religione a una vitalizzazione privata».
Lo sforzo per costruire un ponte fra il Magistero sociale della Chiesa e le diverse articolazioni del laicato cattolico è un fatto di grande importanza perché può permettere di «superare […] quella frattura tra Vangelo e cultura che è anche per l’Italia il dramma della nostra epoca» (1).
L’azione formativa e informativa a proposito della dottrina sociale, inoltre, è un gesto di riconoscenza del laicato cattolico verso la Chiesa docente, che non ha mai cessato di trasmettere questa dottrina (2) e che con il pontificato di Papa Giovanni Paolo II ne ha ulteriormente confermata l’importanza, in particolare con il discorso non pronunciato nel giorno drammatico dell’attentato, il 13 maggio 1981 (3),con l’enciclica Laborem exercens (4) e con il famoso discorso alla Conferenza Episcopale Italiana (5),sempre nel corso dello stesso 1981, per arrivare alla sistematica risposta ai diversi tentativi di vanificare la dottrina sociale contenuta nella quinta parte dell’istruzione Libertatis conscientia della Congregazione diretta dal cardinale Joseph Ratzinger (6).
Nel corso di tanti anni si è assistito a un tentativo pressante e abile di occultare ai cattolici una dottrina che offre le categorie per giudicare il «mondo» e per orientare l’azione nel «mondo».
Il tentativo si è verificato sia in America Latina, dove si è cercato di sostituire la dottrina sociale con un’analisi e con un’interpretazione della storia estranee e contrarie al cristianesimo, sia in Europa, dove si è provato a operare una sua riduzione cronologica — insinuando che la dottrina sociale è nata tardi, cioè soltanto dopo il marxismo —, contenutistica — limitandola a dottrina socioeconomica e non anche sociopolitica —, quindi morfologica — dimenticando il momento dottrinale e riducendola a una serie di interventi pastorali occasionali e non sistematici, attraverso la sostituzione del termine «dottrina» con quello di «insegnamento sociale».
Questa operazione riduzionistica ha avuto attori identificabili sia all’interno che all’esterno della Chiesa e ha almeno favorito, per esempio in Italia, quella «scelta religiosa» dell’Azione Cattolica che è costata tanto al mondo cattolico sia in campo culturale che sociale.
Oggi la «scelta religiosa» è stata abbandonata e gli interventi del Magistero rendono improponibile l’assenza di attenzione al momento politico e sociale da parte delle organizzazioni cattoliche. E però necessario vigilare sui principi che verranno trasmessi ai cattolici attraverso il termine dottrina sociale cattolica, che non può più essere abbandonato.
Si deve, in particolare, essere molto attenti al fine della dottrina sociale, cioè alla costruzione di una società a misura di uomo e secondo il piano di Dio, riconquistando la nozione e l’ideale di Cristianità, anche nel suo momento giuridico-istituzionale (7), e dedicando una considerazione specifica al momento politico dell’azione dei cattolici, per impedire che la dottrina sociale venga ridotta alla testimonianza di «nobili valori» da parte di cattolici subordinati a progetti culturali e politici altrui e perché si tenga conto che «l’ispirazione cristiana non è una parola vana, un vago ideale», ma si deve basare «sull’atteggiamento di Cristo, sulla dottrina sociale della Chiesa» (8).
Marco Invernizzi
Note:
(1) GIOVANNI PAOLO II, Per iscrivere la verità cristiana sull’uomo nella realtà della nazione italiana. Discorso, «Regina Coeli», omelia e saluto pronunciati a Loreto l’11 aprile 1985 in occasione del secondo convegno ecclesiale della Chiesa italiana su «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini» (9-13 aprile 1985), Cristianità, Piacenza 1985, 3a ed., p. 17.
(2) Per esempio, vale la pena di ricordare le parole pronunciate da Papa Paolo VI in occasione dell’inaugurazione della II Assemblea Generale dei vescovi dell’America Latina, a Bogotà, il 24-8-1968: in generale, il Santo Padre nota che «la fede […] è oggi insidiata dalle correnti più eversive del pensiero moderno. La diffidenza, che, anche negli ambienti cattolici, si è diffusa sulla validità dei principi fondamentali della ragione, ossia della nostra “philosophia perennis”, ci ha disarmati di fronte agli assalti, spesso radicali e capziosi, di pensatori di moda; […] siamo tentati di storicismo, di relativismo, di soggettivismo, di neo-positivismo, che nel campo della fede inducono uno spirito di critica sovversiva ed una falsa persuasione che, per avvicinare ed evangelizzare gli uomini del nostro tempo, dobbiamo rinunciare al patrimonio dottrinale, accumulato da secoli dal magistero della Chiesa»; per quanto riguarda in particolare la dottrina sociale, il Papa afferma «che la Chiesa ha elaborato in questi ultimi anni della sua secolare animazione della civiltà una sua dottrina sociale, consegnata in documenti memorabili, che faremo bene a studiare e a divulgare. Le Encicliche sociali del Pontificato Romano e gli insegnamenti dell’Episcopato mondiale non devono essere dimenticati, né devono mancare di pratica applicazione» (Insegnamenti di Paolo VI, vol. VI, pp. 417 e 422).
(3) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Discorso all’udienza generale, del 13-5-1981, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. IV, 1, pp. 1171-1176.
(4) Cfr. IDEM, Enciclica Laborem exercens, del 14-9-1981. Cfr. anche il commento di GIOVANNI CANTONI, Dottrina sociale e lavoro umano nel messaggio della «Laborem exercens», in Cristianità, anno IX, n. 78-79, ottobre-novembre 1981.
(5) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dalla Conferenza Episcopale italiana sul tema: Dalla «Rerum Novarum» ad oggi: la presenza dei cristiani alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa, del 31-10-1981, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. IV, 2, pp. 519-523.
(6) cfr. SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione su libertà cristiana e liberazione «Libertatis conscientia», del 22-3-1986. A proposito delle due istruzioni sulla «teologia della liberazione» e, in generale, della lotta per eliminare la dottrina sociale e del suo «rilancio», cfr. G. CANTONI, La «rivalutazione» della dottrina sociale della Chiesa, in Cristianità, anno XIV, n. 133, maggio 1986.
(7) Sul tema della Cristianità nel suo aspetto storico e istituzionale e come ordinamento sociale e giuridico valido in ogni tempo e modello per l’attività dei cattolici oltre che scopo della dottrina sociale della Chiesa, cfr. JEAN RUPP, L’idée de chrétienté dans la Pensée Pontificale des origines à Innocent III, Les Presses Modernes, Parigi 1939, pp. 125-127; LUIGI PROSDOCIMI, Cristianità medievale e unità giuridica europea, in AA. VV., Storia d’Italia. Dalla civiltà latina alla nostra Repubblica, De Agostini, Novara 1980, vol. IV, pp. 288-312, con ampia bibliografia; IDEM, Verso una storia globale della Cristianità. Discorso di apertura, in La Cristianità dei secoli XI e XII in Occidente: coscienza e strutture di una società. Atti della ottava Settimana internazionale di studio, Mendola, 30 giugno – 5 luglio 1980, Vita e Pensiero, Milano 1983, pp. XVII-XXV; ÉTIENNE GILSON, La filosofia nel Medioevo. Dalle origini patristiche alla fine del XIV secolo, trad. it., La Nuova Italia, Firenze 1983, pp. 304-312; sulla polemica a proposito dell’abbandono dell’ideale di una Cristianità, cfr. il mio Cattolici e cristianità: progetto da abbandonare oppure ideale da perseguire?, in Cristianità, anno XIII, n. 124-125, agosto-settembre 1985.
(8) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai rappresentanti dei Movimenti operai cristiani sulla tomba del cardinale Cardijn, a Bruxelles, del 19-5-1985, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VIII, 1, p. 1533.