L’antidoto all’idolatria post-moderna è l’umiltà della sequela
di Michele Brambilla
Papa Francesco il 6 gennaio ricorda a tutti i pellegrini dell’Angelus festivo che «oggi, solennità dell’Epifania, contempliamo l’episodio dei magi (cfr Mt 2,1-12). Essi affrontano un viaggio lungo e faticoso per andare ad adorare “il re dei Giudei” (Mt 2,2)», qualifica che, per Gesù, ritornerà in circostanze molto più dolorose. Anche a Betlemme abbiamo davanti un essere Signore e Messia “atipico”, e il Papa non lo nasconde: i magi «avrebbero potuto protestare: “Tanta strada, tanti sacrifici per stare davanti a un bambino povero?”. Eppure non si scandalizzano, non rimangono delusi. Non si lamentano. Cosa fanno? Si prostrano. “Entrati nella casa – dice il Vangelo –, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono” (Mt 2,11)».
«Pensiamo a questi sapienti venuti da lontano, ricchi, colti, conosciuti, che si prostrano, cioè si chinano a terra per adorare un bambino» allo stesso modo con il quale i popoli orientali erano abituati fin dai tempi dell’Impero persiano ad omaggiare gli imperatori. Sorprende perché «non è facile adorare questo Dio, la cui divinità rimane nascosta e non appare trionfante. Vuol dire accogliere la grandezza di Dio, che si manifesta nella piccolezza: questo è il messaggio. I magi si abbassano di fronte all’inaudita logica di Dio, accolgono il Signore non come lo immaginavano, ma così com’è, piccolo e povero».
La povertà del Signore, a ben vedere, scandalizza anche al giorno d’oggi. I magi non temono di omaggiare un Dio che si fa Bambino e, «compiendo questo gesto, i magi dimostrano di accogliere con umiltà Colui che si presenta nell’umiltà. Ed è così che si aprono all’adorazione di Dio. Gli scrigni che aprono sono immagine del loro cuore aperto: la loro vera ricchezza non consiste nella fama, nel successo, ma nell’umiltà, nel loro ritenersi bisognosi di salvezza. E così è l’esempio che ci danno i magi, oggi». Viviamo in un tempo in cui si insegue, di nuovo, la vanità, l’autoaffermazione, spesso a discapito degli altri: «cari fratelli e sorelle, se al centro di tutto rimaniamo sempre noi con le nostre idee e presumiamo di vantare qualcosa davanti a Dio, non lo incontreremo mai fino in fondo, non arriveremo ad adorarlo. Se non cadono le nostre pretese, le vanità, i puntigli, le corse per primeggiare, ci capiterà di adorare pure qualcuno o qualcosa nella vita, ma non sarà il Signore! Se invece abbandoniamo la nostra pretesa di autosufficienza, se ci facciamo piccoli dentro, allora riscopriremo lo stupore di adorare Gesù». Nelle parole del Papa ricorre il timore di non accorgersi di Cristo che passa accanto, pertanto «fratelli e sorelle, guardando a loro», ovvero ai magi, «oggi ci chiediamo: come va la mia umiltà? Sono convinto che l’orgoglio impedisce il mio progresso spirituale? Quell’orgoglio, manifesto o nascosto, che sempre copre lo slancio verso Dio. Lavoro sulla mia docilità, per essere disponibile a Dio e agli altri, oppure sono sempre centrato su di me, sulle mie pretese, con quell’egoismo nascosto che è la superbia? So accantonare il mio punto di vista per abbracciare quello di Dio e degli altri? E infine: prego e adoro solo quando ho bisogno di qualcosa, oppure lo faccio con costanza perché credo di avere sempre bisogno di Gesù?»
Per non perdere la strada non bisogna perdere la Stella: «oggi possiamo prendere questo consiglio: guarda la stella e cammina. Non smettete mai di camminare, ma non tralasciate di guardare la stella. Questo è il consiglio di oggi, forte: guarda la stella e cammina, guarda la stella e cammina» verso Gesù, che ci attende.
Venerdì, 7 gennaio 2022