Di Lorenzo Cremonesi dal Corriere della Sera del 08/01/2020
«Ma voi in Europa sapevate che Qassem Soleimani è stato direttamente coinvolto nel rapimento di oltre 12.000 iracheni? Di loro dal 2015 non si hanno notizie e quasi certamente sono stati brutalmente assassinati dalle sue milizie estremiste sciite». Nonostante sia il giorno dei giganteschi funerali in Iran, il politico sunnita iracheno Ahmed al Mutlak non si tira indietro nel puntare il dito contro lo storico comandate delle Brigate Al-Quds, assassinato dagli americani cinque giorni fa in un raid alle porte di Bagdad.
Figlio di un grande clan tribale di Falluja, la città simbolo della resistenza sunnita contro l’invasione americana del 2003, il 72enne Mutlak ha avuto due figli assassinati da Isis otto anni fa, è stato eletto due volte al parlamento dal 2010 al 2018 e oggi è segretario generale del partito Negoziato e Cambiamento in lotta per quello che chiama «un Iraq democratico senza discriminazioni».
Le sue accuse sono molto gravi. Può provarle?
«In Iraq questa è una verità nota e confermata da migliaia e migliaia di testimoni. Sono le famiglie delle vittime, per lo più giovani sunniti che tra il 2014 e il 2015 fuggivano verso sud da Mosul e le regioni occupate dalla guerriglia di Isis. Vennero fermati dalle milizie che Soleimani stava contribuendo a costruire reclutando giovani, specie dalle province sciite nel Centro-Sud del Paese. Le loro vittime vennero rapite e massacrate nei mesi seguenti: all’inizio nella regione di Nassiriya si parlò di almeno 5.000 desaparecidos. Il gruppo Kataeb Hezbollah, comandato da quello stesso Abu Mahdi al-Mohandis ucciso dagli americani assieme a Soleimani, massacrò poi altri 900 in fuga dalla zona di Saqlawie. La cifra di 12.000 morti è la sommatoria dei desaparecidos in più località. Ma i nostri governi sono troppo deboli per condannare o aprire inchieste. E questo è un altro segnale di quanto gli apparati dello Stato iracheno siano già nelle mani degli iraniani. Teheran ci ha spodestati della nostra sovranità nazionale».
Cosa pensa del raid Usa: Trump ha fatto bene? E ora non sarà l’Iraq a pagarne le conseguenze più gravi?
«Premesso che nell’Islam la morte di ogni individuo va sempre rispettata, tengo a ricordare che Soleimani ha a sua volta provocato la morte violenta di centinaia di migliaia di civili innocenti. È stato l’architetto della repressione in difesa del regime di Bashar Assad in Siria, che dal 2011 è costata almeno mezzo milione di morti oltre a 12 milioni tra profughi e sfollati, orchestrava la guerra in Yemen, era stato tra i massimi fautori dell’apparato militare di Hezbollah in Libano. In Iraq le conseguenze del suo operato sono state gravissime».
Può spiegare?
«Le più recenti si consumano quotidianamente davanti ai nostri occhi. Soleimani ha personalmente ordinato ai cecchini delle milizie sciite addestrate dagli iraniani di fare fuoco contro i giovani di piazza Tahrir. In tre mesi registriamo 600 morti e 22.000 feriti. Ma il governo non fa nulla, non cerca di arrestare gli assassini. Niente, tutti zitti. Teheran ci ha già trasformati nel loro campo di battaglia contro gli americani. Ma c’è di più: Soleimani voleva trasformarci in una loro provincia».
Che forza hanno le milizie sciite?
«Sono almeno 67 e contano oltre 140.000 combattenti, un vero esercito i cuoi comandanti dirigono anche le forze regolari irachene. Per esempio, il capo militare delle Ashad al Shabi, le Forze di Mobilitazione Popolare sciite, è quello stesso Faleh al Fayaz che comanda il servizio d’informazione militare e il cui numero due era Muhandis, che a sua volta aveva diretto l’attacco contro l’ambasciata americana una settimana fa. Questo per dire che l’Iran controlla ormai i gangli vitali dello Stato iracheno».
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