di Marco Respinti
La promuove la Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti ed è una iniziativa bellissima a favore della vita nascente, minacciata dalla piaga, che da decenni è pure una sciagurata industria, dell’aborto. Si chiama “Nine Days for Life” e si propone di accompagnare con la preghiera il 46° anniversario della legalizzazione, il 22 gennaio 1973, dell’aborto statunitense.
Il tutto avvenne del resto attraverso un vero e proprio colpo di mano della Corte Suprema federale, che, invece di vegliare sulla Costituzione federale, decise di legiferare in proprio, arbitrariamente, cancellando, con la sentenza emessa al termine del caso Roe v. Wade, tutte le misure a difesa della vita nascente che vigevano nei diversi Stati dell’Unione nordamericana. Il risultato è stata una ecatombe, un vero genocidio silenzioso (perché chiamarlo “bianco”, come si userebbe in questi casi, è davvero assurdo, visto tutto il rosso del sangue sparso). Fu un abuso clamoroso, quello della Corte Suprema, che ha causato 60 milioni di morti, stima il National Right to Life. (Il National Right to Life è la più antica e vasta organizzazione antiabortista degli Stati Uniti, fondata nel 1967 come “Right to Life League” dai vescovi cattolici e poi trasformatasi, con il nome attuale, in organismo indipendente e aconfessionale. Ha sedi in tuti i 50 Stati dell’Unione e conta più di 3mila capitoli locali). Tra l’altro quell’abuso colossale nacque da una bugia altrettanto colossale, un falso caso di stupro inventato di sana pianta da Norma McCorvey (1947-2017), alcolista, tossicodipendente e lesbica, vittima anche di un pool di avvocati maliziosi, ideologizzati e arrivisti. La quale ha però poi saputo raddirizzare la propria vita, pentendosi e convertendosi al cristianesimo, prima protestante e poi cattolico.
Ora, la novena per la vita dei vescovi americani si apre il 14 gennaio e prosegue fino al 22, e non è affatto una novità. La prima volta fu organizzata nel 2003, e dopo 16 anni rimane ancora un’iniziativa popolarissima e importantissima a cui la Chiesa statunitense non vuole affatto (e perché mai dovrebbe?) rinunciare.
Nel cuore della novena si svolgerà peraltro il tradizionale appuntamento con la Marcia per la vita, la madre di tutte le marce, nel centro di Washington, dal mall sotto l’obelisco dedicato al padre della patria George Washington (1732-1799) su su fino ai gradini della Corte Surpema, come sempre tra preghiere, canti, striscioni, bandiere, slogan, carrozzine e un freddo polare. La prima si svolse nel 1974 e da allora è un appuntamento fisso annuale a cui partecipano migliaia e migliaia di americani da tutto il Paese (colpisce sempre l’altissimo numero di giovani), e qualche delegazione di pro lifer dall’estero.
Intanto “Nine Days for Life” continuerà a fare il proprio dovere, impetrando il dono più bello dall’Alto: la fine dell’orrore dell’aborto e la consolazione delle mille famiglie distrutte da questa tragedia. E lo farà pure per via digitale, attraverso un’app disponibile per sistemi Android e iOS con cui si possono condividere immagini, esperienze, testimonianze. Cosa c’è infatti di più social che occuparsi del bene comune?