Circa un anno fa Giuliano Amato, allora presidente della Corte costituzionale, svolgeva alcune considerazioni sul «ritorno dello Stato» e notava che tale ritorno risulta caratterizzato da «una forza intrusiva, che è per più versi nuova» e da «una fenomenologia largamente nuova di interferenza pubblica nell’economia». In effetti, il prolungarsi della pandemia da Covid-19, l’allarme legato ai cambiamenti climatici e alla crisi energetica, il conflitto fra Russia e Ucraina stanno favorendo una concentrazione abnorme di risorse, di impegni e di capacità decisionali nelle mani degli Stati.
Alberto Mingardi, docente universitario e direttore dell’Istituto Bruno Leoni, e Maurizio Sacconi, politico di lungo corso e presidente oggi dell’associazione Amici di Marco Biagi, affrontano le questioni legate allo strapotere dello Stato moderno in un agile lavoro indirizzato «a coloro secondo i quali lo Stato non deve disturbare chi ha voglia di fare», auspicando una nuova stagione politica caratterizzata dalla presenza di un organismo più̀ leggero e più̀ affidabile, che lasci spazio al dinamismo della società.
Quanto alle cause, gli autori osservano che «la fragilità dello Stato affonda le sue radici nelle modalità di unificazione, col velleitario proposito di imporre un modello “francese” a un Paese naturalmente decentrato e pluralista»; o, per utilizzare le parole del politologo Gianfranco Miglio, con il tentativo di far indossare «ad un gigante il vestito di un nano». Vi è poi una motivazione ideologica, cioè l’idea base dell’antropologia negativa, riassunta nella formula di Thomas Hobbes «homo homini lupus», l’uomo è lupo per l’altro uomo, e poi tradotta nella convinzione che «pubblico» equivale a «morale» e «privato» a «immorale».
Quanto ai rimedi, Sacconi e Mingardi ritengono che temi quali la burocrazia, il debito pubblico, il PNRR, la scuola, il lavoro, la salute e la stessa Questione Meridionale debbano essere affrontati sulla base di una cultura politica ispirata al principio di sussidiarietà. Va riconosciuto il primato della persona e della società sull’organizzazione statale, che dal canto suo non deve avocare a sé le competenze appartenenti a istituzioni di ordine inferiore ma deve piuttosto svolgere un’opera suppletiva, quando necessario: serve una scommessa «sulla società italiana, sulla persona e sulla famiglia, sull’associazione e sull’impresa». Sono considerazioni che ricordano il noto slogan della dottrina sociale della Chiesa: «tanta libertà quanta è possibile, tanto Stato quanto è necessario».
Lo «Stato essenziale», dunque — che non è debole ma soltanto meno pesante —, deve lasciare spazio a una «società vitale», imperniata sulla libertà educativa, sulla fine del centralismo, sull’eliminazione di regole inutili o inadeguate, affinché venga semplifica la vita delle persone e delle imprese e sia incentivato il «gusto del lavoro ben fatto»: «Si possono normare le condizioni dei lavoratori, ma non il modo con il quale si accingono a lavorare: non il loro spirito».
Il compito dello Stato, secondo gli autori, «è offrire un quadro di regole del gioco finalmente certe, per lasciare spazio alla creatività e alla capacità di innovazione di una società, come quella italiana, che può farcela a superare le sfide di oggi». Detto in un modo semplice: «L’emergenza […] non si combatte riempiendo scrivanie e stanze di personale (dato formale) ma di competenze (dato sostanziale)». Anche di fronte alle complesse società contemporanee vale ancora il principio secondo cui lo Stato è per la società e non il contrario.
Categoria: Saggio
Autore: Alberto Mingardi e Maurizio Sacconi
Pagine: 112 pp
Prezzo: € 13,00
Anno: 2022
Editore: Studium, Roma
EAN: 9788838252525