Claude Sarkis, Cristianità n. 175-176 (1989)
Intervista con il generale Michel Aoun
Ho un appuntamento telefonico con il generale Michel Aoun che, da quando è stato nominato primo ministro della Repubblica Libanese – il 23 settembre 1988, dall’allora presidente della Repubblica stessa, Amin Gemayel – risiede nel palazzo presidenziale di Baabda, una località sulla montagna sopra a Beirut. Riesco a parlargli dopo l’inevitabile “filtro” di otto segreterie e comincio l’intervista leggendogli una frase che Papa Giovanni Paolo II ha pronunciato, ormai quasi sei anni fa, ricevendo in udienza, in Vaticano, alcuni parlamentari libanesi, una frase che oggi – 9 novembre 1989 – ha acquistato un tono profetico, dal momento che descrive con straordinaria precisione proprio quanto è accaduto in questi giorni in Libano dopo gli accordi di Taif, in Arabia Saudita, del 22 ottobre 1989, e dopo l’elezione alla presidenza della Repubblica Libanese dell’avvocato cristiano maronita René Moawad.
Il rifiuto di compromessi inaccettabili da parte di chi ne soffre le conseguenze
D. Generale, “Il pericolo da evitare – ha detto Papa Giovanni Paolo II il 10 gennaio 1984 – di fronte alla stanchezza e alla disperazione, è quello di rassegnarsi ad accettare una soluzione politica qualsiasi pur di porre fine alle lotte che distruggono il paese“.
R. I firmatari dell’accordo di Taif – risponde Michel Aoun, dopo essersi fatto ripetere per due volte la frase del Sommo Pontefice – non sono gli stanchi dopo tanti anni di guerra, né coloro che sono stati in prima linea, ma gli strumentalizzati e gli arruolati; loro non hanno sofferto e non continuano a soffrire, ininterrottamente esposti come noi al pericolo e subendo ogni notte i bombardamenti di migliaia di missili. Siamo certamente feriti e stanchi, ma non ci siamo venduti, e sicuramente non scenderemo a compromessi inaccettabili: chiedo a tutti com’è possibile che chi non ha sofferto possa siglare un accordo al posto dei sofferenti che non lo vogliono.
Il doloroso episodio nella residenza patriarcale di Bkerke
D. Tutti, e specialmente i cattolici, sono rimasti profondamente turbati dopo l’episodio – ampiamente riportato dai mass media – relativo ai disordini provocati dalla gente che ha invaso il patriarcato di Bkerke e dopo la successiva partenza del Patriarca, Sua Beatitudine Nasrallah Boutros Sfeir, per il Libano settentrionale, nella zona controllata dall’esercito siriano. Lei, generale, dopo aver rifiutato gli accordi di Taif e l’elezione presidenziale, che si è svolta il 5 novembre a Kleiat, e dopo il contrasto con il Patriarca, sta perdendo la simpatia della stampa e dei governi di tutto il mondo, che in parte l’avevano sostenuta nella guerra di liberazione contro l’esercito siriano che occupa il paese.
R. La storia del patriarcato è stata esagerata: a Bkerke si è svolta una manifestazione spontanea di cristiani maroniti che volevano chiedere al Patriarca perché avesse accettato gli accordi di Taif. I manifestanti hanno trovato chiusa la sede del patriarcato, che per tradizione è sempre aperta ai fedeli; hanno abbattuto la porta, sono entrati e hanno chiesto di parlare con il Patriarca. Quando finalmente lo hanno incontrato, gli hanno chiesto di condannare gli accordi di Taif e mi è stato riferito che la gente ha gridato più volte “Viva il Patriarca!“. Nella stessa notte ho mandato al patriarcato una pattuglia dell’esercito guidata dal generale Haruk e un plotone di polizia sotto la guida del comandante Eid. Vi sono testimoni che garantiscono che il Patriarca non è stato toccato. Io assicuro che condanniamo le violenze che si sono verificate a Bkerke e che stiamo indagando per individuare chi ha commesso questi reati: probabilmente vi sono persone che compiono gesti di questo genere per far ricadere la colpa su di noi.
La divergenza con il Patriarca di Antiochia dei Maroniti
D. Comunque, esiste una divergenza fra Lei e il Patriarca a proposito degli accordi di Taif e dell’elezione presidenziale.
R. Il Patriarca ha accettato l’accordo, ma io non posso parlare a suo nome. Sono contrario all’accordo perché offre il Libano su un piatto d’argento alla Siria, in quanto non stabilisce con precisione il programma del ritiro dell’esercito siriano dal territorio libanese; anche tutte le riforme di cui si è parlato in questi ultimi giorni, personalmente le considero buone offerte fatte alla Siria perché si annetta il Libano; mi chiedo anche perché si debba cambiare la nostra Costituzione che, a mio avviso, non era e non è da cambiare. Personalmente non ho rifiutato le riforme perché non ho voluto litigare con altri libanesi.
Non esiste un problema personale fra me e il Patriarca, ma fra il Patriarca e i suoi fedeli. Sua Beatitudine Nasrallah Boutros Sfeir è un Pastore e deve risolvere i problemi con i suoi fedeli: il Pastore tiene certamente conto di quello che vogliono le pecore e tutte le pecore sono contrarie all’accordo di Taif. Dobbiamo prestare attenzione al fatto che la crisi riguarda le pecore e il loro Pastore; io non c’entro.
Il mondo occidentale fra modernità e civiltà
D. Come giudica l’atteggiamento del mondo occidentale nei confronti della guerra di liberazione contro la presenza siriana in Libano, da Lei iniziata nel marzo di quest’anno?
R. Oggi qualche capo di Stato delle maggiori potenze ha assunto le difese del Patriarca, ma vorrei ricordare che ha taciuto per cinque mesi, quando venivamo bombardati con ventimila missili per notte. Oggi le potenze occidentali hanno abbandonato il Libano, ma verranno giorni che proveranno la loro colpevolezza. Il mondo occidentale è moderno, ma non è civile: le potenze occidentali hanno accettato di schierarsi a fianco della forza e non della verità.
Isolamento diplomatico e consenso popolare
D. Eppure, oggi, Lei e la popolazione che la sostiene, da un punto di vista politico e diplomatico siete completamente isolati .
R. Il popolo libanese è consapevole delle sue tradizioni e della sua civiltà e ha la coscienza pulita. Siamo rimasti un popolo civile; anche in questi giorni vi sono state manifestazioni di centomila, di duecentomila e, ultimamente, anche di trecentomila persone, eppure non è stato torto un capello a nessuno e non è stata versata neppure una goccia di sangue. La straordinaria partecipazione popolare a queste manifestazioni contro gli accordi di Taif è la dimostrazione che non siamo isolati e che il popolo ha capito.
I due scopi della guerra di liberazione dichiarata il 14 marzo 1989
D. Quindi, la guerra di liberazione contro la Siria continua.
R. Continuiamo a ripetere che uno degli scopi della guerra consisteva nel far uscire dal Libano tutti gli eserciti stranieri, mentre l’altro mirava a restituire al libanese i suoi diritti perché finisse l’epoca in cui abbiamo delegato alle ambasciate e ai diplomatici stranieri la soluzione dei nostri problemi. Vogliamo restaurare la sovranità della nazione sul territorio libanese e costruire uno Stato che fondi il suo legame con il popolo sulla verità e sulla fiducia, perché diventino un solo corpo. Questi sono i princìpi su cui si deve fondare il governo che deve guidare il popolo libanese. Credo che oggi i libanesi abbiano riconquistato la loro dignità, ma non hanno ancora riconquistato tutta la loro terra, che rimane per larga parte occupata da eserciti stranieri.
E mentre a Beirut ovest l’avvocato René Moawad ha iniziato le consultazioni per formare un governo, che sarà composto da quanti hanno accettato gli accordi di Taif, forse il generale Michel Aoun si appresta a formare un altro governo nella parte del Libano che controlla.
a cura di Claude Sarkis